Noi siamo quelli strani

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Fu così che, la mattina dopo, quando Saoirse mi passò a prendere con il pick up di suo padre, mi feci trovare pronta fuori dall'uscio della casa di mia nonna in piena modalità "umana diciottenne", con i capelli sciolti che mi coprivano le orecchie in modo tale che, anche nel caso in cui qualcuno mi avesse fatta incazzare già il primo giorno, i miei Blocchi non sarebbero stati visibili ai più.

Sedendomi al posto del passeggero salutai la mia amica, e mi accorsi subito che indossava la tipica divisa delle scuole irlandesi: una camicetta bianca a maniche lunghe rimboccata dentro una gonna grigia lunga quasi fino alle ginocchia, un paio di parigine color antracite e addirittura una cravatta blu scuro, che si sposava alla perfezione con il maglioncino blu lanciato sui sedili posteriori.

Notando che il mio sguardo si era soffermato un secondo di troppo sul suo abbigliamento, Saoirse disse: «Consolati pensando che a noi è andata meglio che alle ragazze di Galway: loro hanno le gonne a quadri verdi, blu e marroni».

Arricciai le labbra: «Già, siamo state decisamente fortunate» risposi, non riuscendo però a non sbuffare all'idea che dal giorno seguente avrei dovuto indossare anch'io la divisa.

Venti minuti dopo, Saoirse parcheggiò il pick up davanti ad un edificio moderno, sviluppato su due piani, il cui piazzale era gremito di ragazzi di tutte le età.

«Che schifo essere la ragazza nuova» sbottai, afferrando il mio zaino e aprendo la portiera, non prima di essermi data una sistemata nello specchietto retrovisore dell'auto.

Saltai giù dal pick up e, caricandomi lo zaino su una spalla sola, trotterellai dietro a Saoirse, la cui chioma bionda sembrava un faro in mezzo a tutti i maglioni blu scuro e alle giacche nere degli studenti.

«Su con il morale, è l'ultimo anno!» tentò inutilmente di rincuorarmi la ragazza, prendendomi a braccetto e scortandomi all'interno dell'edificio.

«Saoirse...» le sussurrai non appena cominciammo a camminare lungo il corridoio, le cui pareti erano tappezzate di armadietti in metallo azzurro, «... Come mai ci stanno fissando tutti?» domandai, avendo notato le numerose occhiate che ci stavano rivolgendo i ragazzi presenti.

«Siamo belle, cosa ci vuoi fare?» mi prese in giro la ragazza, facendomi l'occhiolino.

Sogghignai: «Non mi dispiacerebbe affatto se fosse così... peccato che quelle non siano delle occhiate adoranti, e neppure lascive» le feci notare, continuando a camminare come se nulla fosse.

«E va bene!» esclamò Saoirse, lisciandosi la chioma dorata, «Potrei non averti detto che noi Daoine Sidhe abbiamo una certa reputazione, qui a scuola» sussurrò, controllando a destra e a sinistra prima di pronunciare il nome del nostro clan.

«Cosa intendi con "certa reputazione"?» domandai, non sapendo se essere intimorita o divertita dalla cosa.

Un ghigno le attraversò il volto: «Beh, diciamo che nessuno di noi ha mai tenuto un comportamento esemplare... a parte Lysagh, ovviamente» borbottò, per poi aggiungere: «E alla fine qualcuno si è accorto che i ragazzi più strambi, chissà come, provenivano tutti dallo stesso villaggio. Credo che il sospetto che ci fosse qualcosa di strano in noi ci fosse già da molti anni, ma il colpo di grazia l'hanno sicuramente dato mia sorella e Rían. Loro due non hanno mai avuto problemi nel mostrarsi diversi».

Alzai gli occhi al cielo: «Quindi tutte quelle raccomandazioni sul "comportarsi da umana" che mi hai rivolto ieri erano totalmente inutili, o sbaglio?» domandai, spostando con un movimento fluido lo zaino dalla spalla sinistra a quella destra.

Saoirse arrossì lievemente: «Ecco... beh, sì» ammise, scortandomi oltre una porta contrassegnata da una targhetta su cui era scritto "Segreteria" in un carattere svolazzante.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now