Terrore e folle passione a Galway pt.1

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«Co-come?» balbettò Michan, sgranando gli occhi nel comprendere le parole di Rían.

«Oh, merda, è lì!» esclamò concitatamente Labhraidh, indicando la creatura che stava attraversando la strada in quell'esatto momento, facendo voltare le teste di numerosi umani che lo guardavano incuriositi e divertiti.

«Lo vedono tutti!» sibilò Leenane, soffermandosi a fissare l'ometto sporco e sgualcito.

«Dovete andarvene! Ora!» esclamò ancora Rían, ma fu ignorato prontamente da tutti: «Che male vuoi che ci faccia? È troppo malconcio per attaccare!» esclamò infatti Michan, con un labbro sollevato in un ghigno.

Proprio in quel momento, però, il Leipreachán lanciò un gridolino acuto e si fermò di botto, cominciando a saltellare e a battere convulsamente le mani.

Annusò l'aria con espressione concentrata e strillò: «Carne fresca! Due piccoli Leipreachán, sì, sì! Non c'è niente di più buono dell'energia vitale di due Leipreachán!».

Senza che facessimo in tempo a fuggire, i suoi occhi verdi brillanti si posarono su di noi - o meglio, su Michan e Labhraidh - e sibilò ancora: «Eccoli! Finalmente del cibo decente...».

«Ci vuole... mangiare?» domandò allora Labhraidh, indietreggiando lentamente con una smorfia sul volto.

«Muovetevi, correte da quella parte!» esclamò allora Rían, spingendo i miei due amici verso una viuzza secondaria, stretta e libera da ogni umano.

Senza farcelo ripetere, corremmo tutti in quella direzione, sgomitando fra la folla e cercando di non prestare attenzione alla rauca e terribilmente inquietante risata del Leipreachán alle nostre spalle.

Entrammo nel vicolo e i miei occhi ci misero qualche minuto ad abituarsi alla luce fioca: le case in sasso incombevano sulla viuzza e schermavano la luce solare, già debole a causa dei grossi nuvoloni plumbei che si stavano accumulando nel cielo di Galway.

«L'abbiamo seminato?» domandò Labhraidh una volta che ci fummo fermati a riprendere fiato, con la schiena poggiata contro i muri delle abitazioni.

«Credo di sì» rispose Nuala fra gli ansiti, piegata in due sulle ginocchia dalla fatica.

«Rían?» domandai allora, guardandomi in giro e non vedendo il ragazzo da nessuna parte. Il cuore cominciò a palpitarmi sordo nel petto, e l'adrenalina ricominciò a circolarmi nelle vene alla velocità della luce.

«Rían, dove sei? Rían!» strillai ancora, con l'ansia che non faceva che aumentare.

«Sono qui, cailín, sono qui» mi rispose in quel momento il ragazzo, comparendo in quel momento nel vicolo e venendo verso di me con espressione tesa.

Notando subito il tormento nei suoi occhi, domandai: «Cosa c'è?».

«Non so dove sia finito il Leipreachán. È praticamente scomparso davanti ai miei occhi» borbottò, passandosi una mano fra i riccioli chiari.

«Forse se n'è andato» propose Leenane, stringendosi la coda e lisciandosi i capelli con aria corrucciata, ma proprio in quel momento un grido squarciò l'apparente calma della solitaria viuzza.

Mi voltai rapida come il vento, e ciò che vidi mi fece venire la pelle d'oca: alle mie spalle era appena comparso il Leipreachán che, piccolo e grassoccio com'era, era riuscito ad afferrare alle spalle Labhraidh, alto e muscoloso, e ora si stava avventando sul suo collo con una ferocia inaudita.

Rimasi paralizzata dall'orrore, fissando con occhi sgranati il rivolo di sangue che sgorgava dalla carotide lacerata del mio migliore amico, mentre i denti affilati come lame della creatura continuavano a dilaniare la sua carne, ma Rían non si lasciò impressionare dalla scena e si scagliò contro il Leipreachán con la spada sguainata.

Stirpe Di StregaOnde histórias criam vida. Descubra agora