1(Parte II/II)

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Isao, Città Celeste

Ala dei Consiglieri

Shiba attraversò il Torii predominato da serpenti d'argento, avviandosi in direzione della struttura centrale in cui i Consiglieri della Città Celeste erano soliti a riunirsi.

Con calma attraversò le loro dimore azzurre, lasciando che il vento sollevasse la sopraveste bianca che, ancora, si ostinava a portare in ricordo dello stesso uomo che aveva ucciso poche settimane prima.

Il Sommo Sacerdote, suo nonno, era stato ritrovato morto sopra il suo futon. Non una goccia di sangue era stata scorta sul suo corpo, né un qualsiasi segno d'avvelenamento. Shiba si era occupato di ripulire tutto prima che qualcuno potesse intuire che, la causa della morte del sovrano di Isao, fosse opera sua.

Usare un veleno come l'aconito era stata una mossa ben studiata, visto e considerato che era riuscito a soffocare lentamente ciò che restava di quel vecchio incompetente in meno di una notte

Oramai mancava poco, e il trono sarebbe stato finalmente suo.

Una volta giunto innanzi la Sala del Decreto, il Principe Ereditario sollevò lo sguardo. La struttura si ergeva su di un piedistallo ottagonale da cui s'innalzavano pareti color cremisi, le quali terminavano in un tetto dalle chigi affilate. Le tegole nere erano percorse da serpenti dorati, che lo osservavano come a volerlo minacciare.

Shiba sbuffò una risata e, a passo sicuro, salì gli scalini di marmo e si riparò sotto la veranda. Due guerrieri vestiti di rosso e nero, i Kawaakari, si inchinarono non appena lo videro, prima di spingere le shoji verso l'esterno e concedergli l'accesso alla grande e unica sala in cui i venticinque Consiglieri di Corte erano soliti a riunirsi.

Gli anziani sedevano intorno a un basso tavolo circolare, indossavano un pesante kimono azzurro, simbolo di saggezza, abbinato a un copricapo cilindrico, simbolo, invece, di conoscenza. Quando videro Shiba, non si sollevarono, bensì si inginocchiarono, ponendo le mani sui tatami.

Il Principe sorrise soddisfatto, benché fosse a conoscenza del fatto che, all'interno di quella stanza, fosse piena di serpenti. Bisce striscianti pronti a raggirarlo per poter governare dietro le quinte.

Il giovane uomo si avviò verso il cuscino che era stato preparato per lui a un angolo del tavolo, la stanza era illuminata da candele. Lungo tutto il tetto, un serpente argentato si aggrovigliava su se stesso, come a voler ricreare un effetto di inquietudine soffocante.

«Denka-sama, grazie per essere venuto fino a qui.» gli diede il benvenuto Usami Shuji, un uomo di cui avrebbe potuto fidarsi ciecamente. «Stavamo giusto discutendo di una questione a voi molto vicina.»

«Vale a dire?»

«Tarume-dono non riesce ancora a capacitarsi della fuga di Hebi Itami.» rispose per lui Omura Okura, un altro uomo che non avrebbe dovuto temere. Lui, come Shuji, proveniva da un importante famiglia di Shinigami e avere il suo sostegno era stato determinante per la scalata di Shiba al trono.

Quest'ultimo non sorrise, non poteva farsi vedere strafottente in un momento simile. Doveva solo dimostrare tristezza, fingere che gli importasse della dipartita di suo nonno. «Qual è il problema, Settan? Siete ancora adirato per via della mancanza che i vostri Kawaakari hanno dimostrato?»

Settan era pericoloso, faceva parte di quel piccolo agglomerato di Consiglieri che Shiba avrebbe fatto meglio a mantenere sotto controllo. Come se non bastasse, era a capo del corpo di difesa della Città Celeste: i Kawaakari.

Uomini e donne votati solo unicamente al combattimento e alla difesa della famiglia Imperiale. Esseri privi di sentimenti, incapaci di provare pena e compassione, pedine da muovere su una scacchiera di potere da cui non sarebbero mai stati in grado di tirarsi fuori.

«I miei Kawaakari non hanno saputo nulla.» prese parola Settan, osservandolo con i suoi occhi freddi e il viso, cosparso di rughe, contratto in una smorfia. «Avremmo dovuto essere allertati seduta stante, invece, quell'essere indegno ha avuto tutto il tempo di sbarazzarsi delle guardie e di uccidere persino uno Shinigami Reale. Mi chiedo se tutto questo non vi riguardi, Shiba-sama.»

«Mi state forse accusando velatamente?» domandò Shiba, cercando di mantenere la calma.

Settan annuì, d'altronde quel giovane non era ancora salito al trono e finché avrebbe potuto permettersi di usare un tono di pura saccenza con lui, lo avrebbe fatto. «Daiki Keiji è stato visto l'ultima volta in vostra compagnia, poi, guardate caso, la sua testa è stata trovata in una pozza di sangue nel Giardino Seiren.»

«Settan, non possiamo accusare il Principe Ereditario di un azione tanto deplorevole, non ne abbiamo le prove.» lo difese Shuji, con fare benevolo. «E poi, sua maestà e Daiki Keiji erano amici.»

«Se è per questo anche il Sommo Sacerdote era suo nonno.» a quelle parole, tanto azzardate, l'intera Sala del Decreto calò nel silenzio. Shiba strinse i denti, avvertendo il suono del gong provenire dal centro del palazzo reale, riscuotendolo da una rabbia che altrimenti lo avrebbe posseduto.

Si alzò dunque dal suo cuscino e guardò Settan all'altro capo del tavolo, nascondendo l'offesa dietro un'occhiata fredda. «È evidente che voi non comprendiate quanto mio nonno mi sia stato caro. Dalla morte della mia famiglia, lui è diventato la mia guida, e vi assicuro che non sarei mai stato in grado di ucciderlo.»

Okura annuì convinto. «Sono d'accordo con il Principe Ereditario, e sono anche favorevole ad acconsentire alla sua ascesa al trono, che è l'argomento per il quale ci siamo riuniti questa mattina.»

Shiba annuì e tornò in ginocchio, analizzando attentamente la situazione. Alcuni Consiglieri scuotevano la testa, altri annuivano. Parlavano fra di loro, solo Settan però pareva non partecipare a quello scambio di opinioni. I suoi occhi freddi restavano fissi su di lui, come a volerlo giudicare.

Il Principe strinse i pugni, avrebbe solo dovuto attendere, e poi, al momento opportuno, lo avrebbe guardato cadere come il fallito che era destinato a essere.

«Che vengano portati i calamai!» esordì il principe, facendo sì che le porte della sala venissero aperte. Un servo fece la sua comparsa, susseguito da cinque dame di corte, vestite di giallo, che reggevano un vassoio contenente pergamene e pennelli. «Se nessuno si affretta a prendere una decisione, andremo per votazione.»

I Consiglieri annuirono, poi afferrarono i pennelli, già tinti d'inchiostro, e le pergamene. Il servo si occupò di raggruppare gli esiti di quella seduta in un contenitore di porcellana, che venne portata direttamente al cospetto di Shiba, il quale si occupò personalmente di leggere e mostrare il risultato positivo di quella mattina.

Quando anche l'ultimo foglio di carta venne presentato davanti ai Consiglieri, il Principe Ereditario si alzò e li guardò con un'espressione di pura soddisfazione. «Non posso fare altro che ringraziarvi, miei signori, per tutta la fiducia che state riponendo nelle mie mani.»

Okura e Shuji si alzarono, seguiti da tutti gli altri Consiglieri, e si inchinarono eccessivamente davanti la figura dell'erede. Era usanza che, ogni qualvolta un nuovo Imperatore salisse al trono, frasi di buon auspicio provenienti da poemi antichi venissero recitate per lui.

Solo Settan parve restio ad augurargli una buona sorte, non si era nemmeno inchinato adeguatamente.

Shiba, però, decise di non dargli conto, ogni cosa avrebbe avuto il suo tempo. Chiuse gli occhi e sorrise, ascoltando quelle frasi che, sapeva, non avrebbe mai più avuto il piacere di udire.

«Kajitani Shiba,» ripeterono, in coro. «possa il creato esservi vicino, fino alla fine della vostra vita. Possano le vostre difficoltà concludersi in completa floridezza. Sebbene l'inizio potrà essere modesto, possa la fine essere prospera.» si inchinarono, profondamente, davanti a lui. «Nuovo Imperatore della dinastia Kajitani.»

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Chigi: punte arcuate del tempio

Denka-sama: vostra altezza

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝐶𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒Tempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang