27(Parte I/II)

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(Kosaki nella foto in alto)

La mattina avvenire le porte della Città Celeste si aprirono con un boato talmente imponente da far immobilizzare Hideaki, intento a fare colazione insieme al figlio.

Bastò loro sentire quel suono per scambiarsi un'occhiata seria che fece sollevare dal tavolo l'Imperatore, il quale si diresse velocemente verso le finestre per scostare le serrande. Non poteva vedere chissà quanto, a causa della lontananza dei suoi appartamenti dall'ingresso del palazzo, ma riuscì comunque a notare un palanchino arancione entrare con eleganza nel palazzo.

"Non posso crederci..." Mormorò, avvertendo la presenza di Shin accanto a lui. "Gli Atobe si sono presentati davvero. Non pensavo che lo avrebbero fatto, visto il loro odio nei miei confronti."

"Odio?" Chiese Shin, stranito, notando il viso del padre assumere dei tratti più distaccati e freddi.

"Loro mi ritengono il responsabile della morte di tua madre." Si affrettò a dire, senza nemmeno guardarlo. "Per questo dovremmo minimizzare i contatti, specialmente tu. Non rispondere alle loro provocazioni e se li incroci cambia strada."

"Mi state dicendo che ritengono anche me responsabile?" Il tono del ragazzino si fece più fievole, portando così il padre ad abbassare il proprio sguardo su di lui. "Beh, non me ne sorprendo, hanno ragione. Sono stato io a uccidere Okaasama."

"Cosa stai dicendo?"

"La verità, quella che non mi avete mai raccontato."

Hideaki decise di abbassarsi alla sua altezza, cercando di incrociare lo sguardo del primogenito. Qualcuno doveva avergli parlato, modellando la sua mente e i suoi pensieri in modo da fargli provare quella disperazione che lui, ormai, conosceva benissimo. "Guardami, Shin, e dimmi chi ti ha detto questo."

Il ragazzino si permise di incrociare gli occhi del padre, mettendolo faccia a faccia con le proprie lacrime, con la propria tristezza. "Nessuno, le ho viste."

"Viste?"

"Sì, l'altro giorno sono svenuto e la mia mente mi ha trascinato indietro nel tempo. Non so come, perciò non chiedermelo, so solo che è accaduto." Cominciò a spiegare, lasciando uscire la pesantezza che covava in corpo. "Ho visto mia madre mettermi al mondo, vi ho visto piangere sopra il suo cadavere, ho visto Ryuji e Hana prendersi cura di me, dicendo che mi avevate chiamato Shin solo perché con la mia nascita avevo ucciso Okaasama. Non negatelo, Otousama, ho fatto finta di niente fino ad ora ma... so bene che il mio nome significa morte."

Hideaki sospirò davanti quelle parole, asciugandogli una lacrima solitaria e avvolgendo un braccio intorno alle sue spalle per cercare di donargli un po' della sua forza. Doveva dirgli la verità, e far sì che si rialzasse in piedi con orgoglio invece di farsi schiacciare da quella sofferenza.

"È vero, in passato ti ho sempre visto come la causa della morte di Akira, ma solo perché avevo bisogno di affibbiare a qualcuno la colpa di un destino atroce che non riuscivo ad accettare." Ammise, quasi sorridendo nel sentire la rigidezza del figlio. Erano rare le volte in cui si permetteva di abbracciarlo. "Ma non pensare che questa idea sia continuata a persistere nella mia mente."

"Non mi disprezzi?"

"No, non l'ho fatto neanche in passato. Ogni volta che ti sentivo ridere, il mio dolore si dissolveva per pochi istanti e la gioia si impossessava della mia anima."

"Gioia?" Shin si allontanò dal suo abbraccio, si asciugò gli occhi con la manica stretta del Kosode, permettendo alla serenità di sostituire la tristezza. Non riusciva a credere che suo padre si stesse comportando in quel modo tanto dolce con lui. Finalmente riusciva ad avvertire quell'affetto che sempre aveva sperato di ricevere e non voleva distaccarsene.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝐶𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒Where stories live. Discover now