11(Parte II/II)

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Kotori sembrava essersi estraniata dalla conversazione

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Kotori sembrava essersi estraniata dalla conversazione. Camminava in silenzio, sorseggiando le ultime gocce d'Acqua Purificata nella speranza di placare il bruciore delle ferite riportate.

Non aveva parlato dal loro incontro con Shiba, solo rimuginato sul modo in cui lo Yūrei l'aveva costretta a ricordare ciò che era accaduto a sua madre, la notte in cui Eiko l' aveva uccisa. Ripensò al sorriso malevolo di quella ragazzina, al suo modo di prendersi gioco di lei quando, nel momento più oscuro, aveva ripetuto delle parole che erano riuscite a ferirla più di ogni altra cosa.

"Non è me che ha chiamato figlia inutile, Kotori."

La ragazza scosse la testa, nel vano tentativo di dimenticare. Decise così di camminare in testa al gruppo, spostando le fronde e calciando via i piccoli sassolini lungo il tragitto. Non le importava nulla dei dubbi di Nobu, delle prese di posizione di Ryo e degli inutili tentativi di Shin di difendere Hideaki. Quell'uomo era colpevole tanto quanto Eiko, e questo non lo avrebbe mai dimenticato.

Non le importava nemmeno di suo fratello che, come lei, camminava in silenzio e con lo sguardo chino verso il basso.

La sofferenza della perdita aveva nuovamente trascinato entrambi in un baratro di tristezza da cui non si sarebbero riusciti a tirarsi fuori nemmeno se l'avessero voluto.

Kotori cercò di distanziarsi anche da Ichiro, per evitare di fargli vedere quanto i sentimenti l'avessero colta in fallo. Sentiva gli occhi lucidi e la vista appannata. Era certa che si sarebbe presto messa a piangere.

"Kotori-chan." La chiamò il fratello, notandola allontanarsi velocemente da lui, come se volesse fuggire.

Lei, però, fece finta di non sentirlo e continuò a camminare, sperando che Ichiro smettesse di chiamarla e la lasciasse stare. Non aveva voglia di nascondersi dietro un sorriso di circostanza e fingere di stare bene. Si sentiva già abbastanza provata per doversi costringere a provare una felicità deperita e bugiarda.

Sentì le voci di Nobu, Ryo e Shin sempre più lontano, ma il passo di suo fratello era una costante. La seguiva normalmente, coprendo la distanza che la giovane aveva cercato di mettere fra di loro con poche falcate.

"Kotori." La richiamò, afferrandole un polso. Il suo tono di voce era fermo, quasi perentorio. "Kotori, guardami."

Lei si irrigidì, avvertendo la presenza di quel profondo legame, che aveva condiviso con il fratello, tornare a galla come non succedeva da troppo tempo.

Si voltò controvoglia, incrociando i suoi occhi scuri e penetranti. I capelli mossi e scompigliati ricadevano dolcemente sulle spalle, liberi dal nastro che li aveva tenuti stretti in una coda alta. La sua carnagione baciata dal sole era ancora macchiata dal sangue che la battaglia aveva lasciato sulla sua pelle.

Lo guardava con il viso rivolto verso l'alto, pensando a quanto suo fratello fosse bello.

Ichiro era il perfetto esempio di un figlio che aveva ereditato in egual misura sia i tratti materni che quelli paterni.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝐶𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒Where stories live. Discover now