14 (Parte II/II)

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Shiori non si era trattenuta più di tanto e, una volta assicuratasi dell'assenza della sorella, era sgattaiolata fuori dalla Città Celeste e si era avventurata per le vie di Isao

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Shiori non si era trattenuta più di tanto e, una volta assicuratasi dell'assenza della sorella, era sgattaiolata fuori dalla Città Celeste e si era avventurata per le vie di Isao.

La stanchezza procurata dalla missione le gravava sulle spalle come un macigno, ma non era nulla paragonata alla tensione che da sempre l'accompagnava.

Ogni giorno, dopo essersi alzata dal letto, usciva fuori di casa e ciò che vedeva davanti i suoi occhi erano solamente altri sguardi vuoti, altri Kawaakari che avevano perso il senso della vita rassegnandosi a un destino vuoto e privo di felicità. Assomigliavano a dei fastidiosi fantasmi che non facevano altro che ricordarle che anche lei avrebbe presto perso l'ultimo barlume di emotività e si sarebbe trasformata in un automa vuoto, posto a difendere solamente ciò che restava della Famiglia Imperiale.

Non si sarebbe mai abituata alla vita da Kawaakari o, forse, l'aveva già fatto e non se ne rendeva conto? Dietro il suo silenzio e la sua totale inespressività si nascondeva ancora quella flebile parvenza di emozione, o era tutto sfumato?

Scosse la testa, scendendo una scalinata che l'avrebbe portata al quartiere di Kaze, dove le case da tè si mischiavano alle osterie. Un luogo allegro, in cui gli abitanti altolocati di Isao passeggiavano avvolti nelle loro vesti svolazzanti e dai colori sgargianti.

Era quasi mezzogiorno e lei era ancora in tempo per farsi una sana bevuta all'osteria più vicina. Quindi ci si diresse, ignorando le varie occhiate che la gente le lanciava al solo notare il suo abbigliamento. Solitamente i Kawaakari non si facevano vedere al di fuori della Città Celeste, ma Shiori era sempre stata troppo pigra per infilare un Kimono ricamato con lo stemma della sua famiglia disonorata.

Che guardassero pure, non le importava.

Dopo essere arrivata al locale designato, sollevò le tende che ciondolavano dalle porte ed entrò in una sala affollata e piena di gente intenta a gustare pranzi sostanziosi adagiati su ciotole di porcellana. La giovane sentì lo stomaco brontolare, ma si morse le labbra e rimise i suoi bisogni al loro posto. Non era lì per mangiare, ma per bere. Per annegare le sue frustrazioni e rimpianti in una bottiglia colma di sakè fino all'orlo. Per dimenticare in che condizioni versasse, per scordare che nelle sue vene scorresse in realtà sangue misto e per lasciarsi alle spalle le preoccupazione sul suo futuro.

Era davvero caduta in basso.

Qualche minuto dopo e otto bicchieri di sake più tardi, Shiori si ritrovò a dover fronteggiare l'ultima persona che avrebbe sperato di incontrare in vita sua: Momotarō.

Era venuto accompagnato da altri Shinigami affamati che non persero tempo nell'andare ad occupare un posto al primo tavolo libero.

Shiori rimase a fissarlo, in attesa che lui li raggiungesse, prima di rendersi conto che gli occhi verdi del giovane uomo erano fissi proprio su di lei.

Lo vide avvicinarsi al suo tavolo e inginocchiarsi, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi. "Shiori-san!"

"Momotarō." Replicò lei, gettando giù per la gola un'altra sorsata di sakè.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝐶𝑒𝑛𝑒𝑟𝑒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora