•Ventotto•

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Giro il cucchiaio nella tazza e ci soffio sopra. Sono stanca, ho solo voglia di sprofondare tra le braccia di Fran e starmene lì in silenzio. Mi siedo sul divano e accendo la televisione, guardo l'orologio, dovrebbe arrivare tra mezz'ora, sbuffo. Sono ormai tre mesi che vivo qui, e questa immensa casa sembra anche un po' mia. Il mio telefono inizia a suonare, così mi alzo e vado a recuperarlo da sopra il tavolo.
Sofia.
Merda.
Non ho voglia di litigare, lascio perdere il telefono e torno a sedermi sul divano. Ma dopo la prima chiamata c'è la seconda e poi la terza, così alla fine prendo un respiro profondo e rispondo.
"Cosa vuoi?" - "Cosa voglio? Mamma e papà hanno fatto un incidente, sono in ospedale. Tutto questo perché tu sei andata a fare la figa in Spagna e loro volevano venire, non si sa per quale motivo, a trovarti"
Mamma.
Papà.
Incidente.
La tazza mi scivola di mano e bagna tutto il divano di the.
Cazzo.
Sospiro e mi alzo andando verso la camera.
"Non sapevo stessero venendo qui" - "Le hai mai risposto quando ti chiamava?"
Alzo gli occhi al cielo mentre butto alla rinfusa un po' di cose dentro uno zaino.
Devo andare da loro.
"Cazzo, non puoi semplicemente dire dove cazzo sono e come stanno?" - "Dove vuoi che siano? Qui in ospedale, deficiente! Non so nulla, devo ancora andare"
La odio.
Chiudo la chiamata ed anche lo zaino per poi prendere la macchina per andare in aeroporto e sperare di trovare un biglietto ed un volo per tornare a casa.

Mi è morto anche il telefono, di bene in meglio.
Esco trafelata dall'aeroporto sperando di trovare al più presto un taxi che mi possa portare in ospedale dai miei. Butto il telefono dentro lo zaino e salgo nel primo taxi libero che trovo. Appoggio la testa al finestrino e chiudo gli occhi.
L'ultima volta che li ho visti abbiamo litigato, ed ora, ora, sono in ospedale. Sospiro. Era tutto troppo bello, andava tutto così bene con Fran, con Chico. Ed ora. Ora sono tornata in Italia perché i miei hanno avuto un incidente, mentre stavano andando a prendere l'aereo per venire in Spagna, da me.
Cristo.
"Signorina, siamo arrivati" apro gli occhi e gli sorrido, allungandogli i soldi della corsa.

"Ehi, sono arrivato" stranamente Ade non mi risponde, ma le luci sono accese, vado verso il salotto e vedo la sua tazza rovesciata sul divano.
Cosa cazzo è successo.
"Adele"
Merda.
Mi guardo attorno ma non la vedo. Esco in giardino e non c'è nemmeno li. In camera il letto è fatto e la cabina armadio è aperta, ci entro e sospiro di sollievo notando che i suoi vestiti sono ancora tutti lì. Prendo il telefono dalla tasca e faccio il suo numero.
È staccato.
Chiamo Beatriz, pregando che sia con lei.
Perché non mi ha lasciato nessun post-it giallo attaccato allo schermo del televisore come al solito?
"Beatriz" - "Dimmi, ragazzo figo della mia amica" continuo a girare per casa sperando di vederla sonnecchiare da qualche parte, ma non c'è. "Adele è con te?"
Ci spero, spero con tutto me stesso che sia con lei. Non può avermi mollato così. Ma le sue cose sono ancora tutte qui, non può averlo fatto.
"No, perché?" Calcio un gioco di Isco lasciato in giro per casa.
Merda.
"Non è a casa, non mi risponde"

Papà è li, disteso in un letto bianco, con vari macchinari che lampeggiano attorno a lui. Sembra così piccolo e fragile. "È la figlia?" Mi giro e vedo un uomo di mezza età che mi fissa, con un camice bianco e un completo azzurro addosso, annuisco e riporto il mio sguardo sul corpo inerme di mio padre. "Hanno avuto un grave incidente. Un camion ha invaso la loro corsia e li ha travolti, per sapere i dettagli dovrebbe però parlare con i carabinieri che sono intervenuti. Comunque suo padre ha una commozione cerebrale, delle costole incrinate a causa dell'impatto violento con l'airbag. Quando è arrivato qui aveva una grave emorragia interna e lo abbiamo dovuto operare d'urgenza per limitare i danni. Ora è in coma" annuisco flebilmente "Si riprenderà?" Prende in mano la cartella ai piedi del letto di papà e la sfoglia "Dipende tutto da lui e dal tempo. Non posso darle nessuna certezza in questo senso" sospiro e mi stringo al corpo la giacca che ho addosso "E mamma?" sento un freddo pungente che mi penetra dentro arrivando fino alle ossa. Me la vedo distesa sul cemento freddo, immobile e bianca, gli occhi mi bruciano. "Signorina.." - "Lo dica" punto i miei occhi nei suoi "Non c'è l'ha fatta"

Corro verso la porta appena sento in campanello suonare.
È lei, di sicuro è lei.
Appena apro la porta mi trovo la faccia sorridente di Marco. Scuoto la testa rassegnato e sospiro "Che hai? Sembra ti sia morto il gatto" mi passo le mani tra i capelli e li tiro, sconsolato.
Voglio la mia donna a casa.
"Adele non mi risponde al telefono, non è qui. Ha lasciato tutte le luci accese e la tazza di tè rovesciata sul divano. Sono preoccupato" mi strofino gli occhi e lo guardo "Sono terrorizzato dal fatto che le posso essere successo qualcosa" - "Isco, dai! Magari è solo andata a comprare qualcosa" mi allontano da lui.
Non è da lei.
"Non avrebbe mai lasciato le luci accese, una macchia enorme di tè sul divano e la tazza capovolta" Sospiro e appoggio la fronte sulle braccia incrociate sul tavolo. "Hai sentito le sue amiche? O quelle con cui lavora? Magari è con loro" - "Ho chiamato Beatriz, non è con lei. L'ultima volta che l'ha sentita le ha detto che era qui. Ma qui non c'è, o per caso la vedi?" Marco mi stringe una spalla "Puoi calmarti? Agitandoti non migliori la situazione e non la fai di certo cambiare" mi alzo e lo guardo "Vorrei vederti al mio posto" calcio la sedia ed esco in giardino.
Dove cazzo sei, Adele?

"Signorina, tutto bene?" Chiudo gli occhi e mi appoggio al muro. "Signorina, sta bene?" Mi prende un polso con una mano e mi aiuta a stare in piedi.





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Non è mai troppo tardi - PER TORNARE AD AMARE DAVVERO Where stories live. Discover now