Rimasi ferma, attonita dal vederlo sbucare in quel modo, all'improvviso, senza darmi neanche il tempo di capacitarmi che lui era veramente li, di fronte a me, tranquillo come se fosse andato a fare un picnic.
Ingurgitai forse qualche decina di volta, palesemente a vuoto.
Mi guardava con le sopracciglia corrucciate in un'espressione confusa.
«Ehm..non dovresti tipo..che ne so, mettermi a mio agio?» fece, e non capii bene se volesse fare dell'ironia o no.
Mi alzai dalla poltrona e mi posi davanti a lui, dando libertà a quei vari centimetri che aveva in più a me di apparire. Lo guardavo negli occhi, con la testa leggermente alzata, e senza distogliermi da quella posizione gli allungai la mano. La fissò per svariati minuti, passando lo sguardo da me alla mano.
«Ehm..» fece, insicuro, e riluttante me la strinse. «Troy Web..»
«Idiota lo so come ti chiami.» dissi con fare stufo, e ritornai a sedermi.
Lui non si mosse, forse anche più confuso di prima, e devo dire che quella scena mi divertì veramente tanto:era rimasto all'inizio piedi, a guardarmi, con la mano ancora allungata, ferma. Trattenni malamente un risolino, per poi schiarirmi la voce.
«Potresti anche sederti eh.» esclamai, invogliandolo ad avvicinarsi. Mosse qualche passo, con fare insicuro. Alzai le mani. «Tranquillo non ti mangio mica.»
«Ragazzina, guarda che non ho paura.» asserì, acido, sedendosi sul lettino.
«Ah no?» lo stuzzicai.
«No.» rispose, fiero.
«Grandioso..» dissi. «E allora fai sparire quella faccia del cazzo perché mi da troppo sui nervi.»
«Chiedo venia, mia signora.» esclamò. E questa volta palesò terribilmente il sarcasmo della frase. «Passando alle cose serie comunque..» disse. «..possiamo saltare la parte dove racconto la storia della mia vita e passare direttamente a quando tu mi fai le domande tipo "perche ti droghi?", " perche ti fai del male?" e bla bla bla?» chiese, stendendosi sul lettino, con un tono di voce scocciato.
«Vai di fretta, Weber?» chiesi.
«Mi spiace per te ragazzina, ma si. Una mia amica mi ha chiesto di accompagnarla a casa dopo il lavoro e..sai com'è, la mia bontà disumana non se la sentiva di negarglielo.»
«Disumana, come no..» dissi, tra me e me. «Non mi pare di avertelo chiesto in ogni caso.» continuai, riferita a lui.
«Lo so,ma é questo che si fa con gli psicologi no? Devi raccontare i cavoli tuoi.»
«Si,ma tu hai voluto saltare quella parte.» dissi, sfacciata.
Alzò la testa dal lettino per guardarmi, appoggiandosi su un gomito. Rimasi come pietrificata dal suo sguardo, come se, solo con gli occhi, fosse riuscito a stoppare qualsiasi pensiero circolasse nella mia mente. Non mi mossi, fin quando non cacciò un sorrisino, allungando un angolo delle labbra.
«Touché.» esclamò, per poi tornare nella posizione sdraiata di prima, con gli occhi volti al soffitto.
Sospirai, sentendo sparire quello strano senso di pesantezza e di oppressione che provavo ogni volta che incontravo il suo sguardo.
«Allora..» cominciai. «Da quanto ti droghi?»
«Mh..beh, da tempo.»
«Potresti essere un pò piú specifico?»
«Da molto tempo.» si corresse.
«Non sei stato piú specifico di prima.» dissi, infastidita.
«Senti, vai avanti cazzo! Cosa te ne fotte se mi drogo da quando avevo cinque anni o da quando ne avevo quindici?!»
«Perché devo saperlo.»
«Non mi basta come risposta.»
«Neanche la tua di prima mi basta, quindi fottiti.» esclamai, guardandolo con fermezza.
Sbuffò.
«Da sette anni credo, non ne sono sicuro.» disse, chiudendo gli occhi.
«Perché hai cominciato?»
«Sai,in parte non lo so. Adesso ho l'impressione di..farlo da una vita, e quasi ho dimenticato il motivo che mi spinto ad iniziare.» disse. Riaprí lentamente gli occhi e sospirò. «Iniziai prendendo esempio da mio padre..anche lui si drogava. Quando mia madre ci abbandonò, la pressione era diventata troppa, tutte le responsabilità sulle sue spalle..e da un lato non lo biasimo:si é ritrovato da un giorno all'altro da solo, con un bambino di dieci anni da accudire e con una casa da portare avanti. Posso solo immaginare come sia stato difficile per lui. Cosí iniziò a drogarsi. E il passaggio fu tutt'altro che graduale. Si ingozzava di cocaina fino a perdere la sensibilità delle narici, a volte usava l'eroina..diciamo che faceva un pò di tutto.» disse, sorridendo, mentre io non riuscivo neanche ad accennare ad alzare un angolo delle labbra. «Mi voleva bene nonostante tutto, lo sapevo, anche se qualche volta mi picchiava, sapevo che non era colpa sua..okay, era colpa sua, però sapevo che non voleva. Solo che quando utilizzava quella roba era come se uscisse fuori di testa, come se in quella casa con me non ci fosse piú lui, come non ci fosse proprio nessuno. E ripeto, é sbagliato, ma non gliene faccio una colpa. Ricordo ancora quando girava per tutta casa, barcollante dopo essersi fatto.»
«Troy.»
«Solo che allora ero troppo piccolo per capire cosa fosse quella polvere biancastra che aspirava, cosí quando lo vedevo tutto rincoglionito mi divertivo.»
«Troy.»
«Ero convinto che facesse quelle cose strane solo per farmi ridere e non capivo che..»
«Sta zitto cazzo!» esclamai, con le lacrime agli occhi. Alzò gli occhi verso di me.
«Che c'é?»
Ma non ebbe il tempo di pormi la domanda che ero già fuori la porta.

Camminavo affannosamente, asciugandomi il viso con i palmi delle mani.
Volevo stare da sola, dovevo. Ne avevo bisogno. Non volevo piangere ancora, ero stufa, avevo già pianto troppo. Ed ero sinceramente stanca. Mi fermai all'ingresso della struttura e mi appoggiai con la spalla alla parete. Osservavo la pioggia cadere e il vento che soffiava con il volto chino, cercavo a tutti i costi di distogliere il pensiero. Ma come potevo dimenticarlo se tutto, intorno a me, mi ricordava lui?! Tutto mi ricordava la sua voce, i suoi occhi scuri, il suo odore, le mani rughose..come cazzo potevo dimenticare?!
E nonostante il pensiero disperato di non voler piangere, le lacrime uscirono, senza neanche dare il preavviso..quelle lacrime che escono e tu a stento te ne accorgi.
«Ehi.» alzai il viso solo per ritrovarmi il suo vicino al mio, che guardava la gocce di pioggia che cadevano al suolo. Posò lo sguardo su di me, inizialmente però non disse alcunché. Si limitava a scrutarmi con quegli occhi scuri e curiosi che vagavano da una parte all'altra del mio volto.
«Posso ricevere una spiegazione o rischio di rimanere fulminato?» chiese, accompagnando la frase con un sorriso che più dolce non si poteva. Però in quel momento non riuscivo proprio a sorridere.
Non dissi niente, tornai a fissare il nulla di fronte a me. E lui sembrò capire quello che provavo perche..neanche lui disse niente, e gliene fui grata. Sospirai. «Anche mio padre si drogava.» dissi.
«Oh..» fece. «Non lo sapevo.»
«Già.» sorrisi amaramente.
«Come si chiama?» chiese.
Sentii un nodo alla gola, gli occhi iniziare a pizzicare. «Chiamava.» lo corressi. «É morto.»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now