Due occhi scuri, ombrosi, incessanti, mi fissavano, mi analizzavano come un topo da laboratorio. Erano instabili, persi in un miscuglio di emozioni che in quel momento non sapevo come decifrare. Il suo sguardo era strenuo, come se riuscisse a soffocarmi, faceva pressione sul mio petto come se riuscisse a privarmi di tutto, anche dell'ossigeno. Ma erano di una bellezza impensabile, struggente,  imperturbabile, mi sembrava di poter vedere la notte in quegli occhi, una notte senza stelle, fitta, inquieta. Non avevo il coraggio di ignorarli, ero come incatenata a quello sguardo di acciaio, qualunque mio tentativo risultava invano..mi nutrivo di quegli occhi, mi dissetavo di quegli occhi, vivevo di essi..non potevo ignorarli.

Aprii gli occhi di scatto.
Il petto si alzava e abbassava in modo irregolare, rapido, instancabile. Il cuore pompava velocemente e il sangue mi sfrecciava nelle vene come adrenalina. Avevo le mani sudate, calde, aggrappate al lenzuolo, gli occhi vagavano per la stanza in cerca di qualcosa,in cerca di qualcuno,in cerca di quegli occhi. Erano un sogno? No,erano veri,erano Troy..

«Grace..ehi..» le smossi le spalle con la mano. Mi appoggiai sul bordo del suo letto e continuai a toccarla. «Grace...Grace..Santo Cielo svegliati!»
Si mosse, tra le coperte, e aprii lentamente gli occhi verso di me. «Era ora! Sei peggio di un ghiro! É da mezz'ora che sono qui e Astrid mi sta aspettando fuori.» esclamai.
Sbuffò.
«Cosa vuoi Brooke?» chiese, roca e assonnata.
«Niente di particolare, dovresti solo tenere sotto controllo mamma..praticamente quello che hai fatto ieri.»
«Scordatelo. Non ho intenzione di assentarmi di nuovo a scuola per fare da babysitter a mamma!» esclamò. Dopo poco,sgranò gli occhi in modo ansioso. «Oddio...la scuola!» si buttò fuori dal letto di scatto e si avvicinò all'armadio. Afferrò malamente la prima cosa trovatasi davanti agli occhi: una felpa grigia e un jeans.
«Ehm..quella felpa veramente sarebbe la mia..» constatai, tra me e me. Non mi diede retta.
«Oh avanti Grace.»
«Sta zitta. Non ho tempo da perdere.» rispose, repentina. Infilò una gamba nel jeans e prese a dimenarsi per la stanza, saltellando goffamente sul piede libero.
«Grace calmati!»
«Col cazzo, Brooklyn! Che ore sono? Sto facendo tardi? Mio Dio perché la sveglia non é suonata?!» continuò, isterica.
«Graceleen!» esclamai. Si fermò e mi guardò. «Oggi é domenica.» rimase imbambolata, con la bocca semiaperta e gli occhi increduli, e le mani che ancora mantenevano il pantalone. Lo lasciò cadere per terra. «Tu...quando cazzo aspettavi a dirmelo!» esclamò, incazzata.
«Ci ho provato,ma qui qualcuno la mattina é sorda.» ribattei,retorica.
Sbuffò e si infilò nuovamente nel letto.
«Grace,ti prego. Fallo per me.»
«É adulta e vaccinata,Brooklyn..può badare da sola a se stessa.»
«Grace..» insistetti, dolcemente. «..ti prego.»
La sentii sospirare, con la faccia schiacciata contro il cuscino.
Mi arrivò alle orecchie un "okay" confuso e soppresso.

Chiusi la porta di casa e mi voltai verso la ragazza. Se ne stava con il fondoschiena appoggiato alla portiera della sua auto,con le braccia congiunte e un sopracciglio alzato.
Sollevai le mani. «Scusami,lo so,ho fatto tardissimo. Colpa mia. Non succederà mai piú.» la anticipai e entrai in macchina, lasciandola senza niente da poter dire.
«Cosí pero non c'é gusto.» la sentii borbottare, mentre entrava anche lei.
Mise in moto e partimmo.
«A cosa si deve questo ritardo?» domandò, mentre osservava  scrupolosamente la strada.
«Ehm..beh,é un pò difficile da spiegare. Quindi lasciamo perdere.»
«Come vuoi.» mi assecondò. «A proposito..» continuò. «Prima che mi dimentichi..Jessica ieri mi ha chiesto di dirti che vorrebbe che dessi una mano a...» lasciò la frase in sospeso. Assunse un cipiglio in viso, aggrottando nervosamente le sopracciglia.
«A..?» la incitai a continuare.
«A..a quello lí..mh,com'é che si chiama?»
«Intendi..»
«No no,zitta! Ora ci arrivo! Quello  lí..quello fuori di testa..ahh, come Cristo si chiama?!»
«Quello lí fuori di testa?! Ma che cavolo dici?!»
«Ti dico di si..il pazzo..uff,non mi viene il nome.»
«Forse intendi Adam..» buttai li per li.
«Già già..proprio lui.»
Mi sbattei una mano in viso e sospirai.
«Astrid..Adam non é per niente pazzo..Adam é uno psicologo..» la corressi.
«Uh vabbé, capirai, non é tutta 'sta differenza. É quello che cura i pazzi.»
«Quello si chiama psichiatra.»
«No,quello si chiama cocaina..ma fa lo stesso.»
«Astrid!» esclamai.
«Che c'é? É la verità! Comunque quello..Aaron..Jessica ha chiesto che tu gli dessi una mano oggi, per la seduta dei ragazzi.»
«Adam. Comunque per me va bene.» risposi, con non chalance.
Calò il silenzio e intanto giungemmo all'edificio.

«Sai,stanotte ho fatto un sogno troppo strano..era tipo..io e Travor che ridevamo come beoti. Chi mi capisce é bravo.»
«Uh,grazie del complimento.» esclamai. Ridacchiammo entrambe, e entrammo nella struttura.
«Sempre modesta tu..» continuò.
«Sono realista,Astrid.»
«Si si,come no..realista proprio.»
Le feci la linguaccia e mi diressi nel solito giubigattolo.
«Ehi ehi, aspetta un attimo..» mi tirò per il braccio e mi fermò. «Tu invece? Hai sognato qualcosa di bello? Che so..magari Keenan Tracey senza maglietta..cazzo,e che addominali che ha quello..» continuò a parlare senza sosta, ma non le prestai la minima attenzione. La sua figura fu facile da riconoscere, alta, ben definita, spalle larghe, sorrisetto stronzo..come potevo non riconoscerlo. Se ne stava, come al solito, appoggiato alla parete del corridoio apposto al nostro, quello della sala.
Gli sorrisi, in un gesto involontario, vedendolo sghignazzare.
«Ehi,mi ascolti?» continuò imperterrita Astrid.
«Ehm..si,ti ascolto.»
«E allora rispondi..hai sognato qualcosa di bello?»
Senza distogliere lo sguardo dal ragazzo, ripensai a quegli occhi scuri della notte precedente, neri come il carbone, cosi fitti, cosi inquieti e ribelli, ardenti. Ripensai a quegli occhi tanto belli quanto mistici, un enigma, un codice senza risposta, senza soluzione.
«Si..» sospirai. «..ho sognato qualcosa di bellissimo.»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now