Attraversavo a passi incerti il lungo corridoio bianco, diretta verso lo studio di Jessica,mentre strani pensieri presero ad ingombrarmi costantemente la testa:cosa doveva dirmi di così importante? Essendo lei un mio superiore, avevo sempre nutrito un certo timore nei suoi confronti, nonostante la sua smisurata dolcezza e il suo solito fare condiscendente. E rapita completamente da quella domanda,mi ritrovai davanti la massiccia porta color avorio. Sbattei timidamente le nocche sulla superficie di legno e non appena un gentile "avanti" mi giunse alle orecchie, entrai.
Mi avvicinai alla scrivania della donna.
«Volevi..ehm,volevi vedermi?»
La vidi concentrata, tutta presa da una risma di fogli che stringeva tra le mani.
Alzò prontamente la testa verso di me, e si tolse i piccoli occhiali poggiati sulla punta del naso.
«Ah,Brooklyn. Si si,ti stavo appunto aspettando. Accomodati.» disse, invitandomi a sedermi di fronte a lei con un largo gesto della mano. E così feci.
«Allora..» congiunse le dita tra loro,con i gomiti poggiati sulla scrivania,e posò il mento su di esse. «Come ti é sembrata come prima volta?» chiese, con viso sprizzante di curiosità.
«Prima..volta?» ripetei, confusa.
Non rispose,si limitò a girare il computer al suo fianco in mia direzione, facendomi ritrovare con gli occhi incollati al monitor. Riconobbi la sala nella quale mi trovavo poco prima, riconobbi Opal, Joshua. Spostai lo sguardo, alternandomi a guardare Jessica e il computer,l'una poi l'altro. Feci per aprir bocca, ma mi interruppe, precedendomi. «Hai capito perfettamente, Brooklyn.»
«Quindi tu hai..visto..tutto?» chiesi, incerta e in palese imbarazzo.
«Proprio cosí.»
La guardai, con gli occhi di poco sgranati, con un'espressione mista tra l'intimorito, lo sconcertato, e l'insicuro. Mi lasciai andare sullo schienale della sedia,buttai il capo all'indietro e mi coprii il viso con le mani. «O Cristo.» borbottai, stoicamente. «Ho fatto proprio schifo.»
«Santo Cielo,Brooklyn,ma cosa diamine ti costa avere un pò di autostima?!» esclamò, tentando un tono professionale.
«Non merito la mia autostima.» dissi pacata, con rassegnazione.
«Brooklyn Sherman,tappati immediatamente la bocca e smettila di dire idiozie.» balzò all'in piedi, con le mani fermamente posate sui fianchi. «Ti piace cosí tanto sminuirti eh?» continuò. Sentii i suoi passi,mi venne dietro e posò le sue candide dita sulle mie spalle, chinando lo sguardo su di me. «Sei stata brava.» disse, con tono quasi materno. «Davvero?»
«Davvero.» mi lasciò un dolce bacio sulla fronte. Abbassai le palpebre, beandomi del calore delle sue mani delicate, vicino la mia clavicola.
«Brooklyn,avrei del lavoro da terminare, se non ti spiace.» mi sussurrò all'orecchio, in un misto di ironia e sarcasmo. Riaprii di scatto gli occhi.
«Oh..ehm..certo.» e mi diressi verso la porta.
«Quei ragazzi..» mi fermò. La guardai, seria. «Li rivedrai molto presto.» continuò, con un pacato sorriso. Annuii distrattamente, in un gesto quasi impercettibile,e uscii. Mi poggiai con la schiena contro la porta, chiusa, pensando alle sue parole che - nonostante la mia lungimiranza - ancora non ero riuscita a decifrare. C'era qualcosa sotto, c'era un significato meno esplicito, meno palesato, piú nascosto, che non ero riuscita a cogliere. Dovevo arrivarci. E solo quando mi resi conto di quanto stupida fossi stata a non capirlo prima, una strana sensazione mi investì. Era forse soddisfazione? Probabile. Qualcosa di simile all' appagamento. Con un gesto rapido e impacciato mi fiondai nuovamente in quello studio, spalancando la porta con forse tutta la forza che avevo. La donna, concentrata nel suo lavoro, sobbalzò dalla sedia e mi guardò stranita. «Ma cosa diavolo ti prende?!»
«Davvero tu...cioé io pensavo che..ma non era...voglio dire..davvero?!» biascicai, incomprensibilmente, con le orbite che quasi fuoriuscivano dagli occhi.
«Si,Brooklyn. Davvero. Ma..scusa,non l'avevi capito?»
«Ecco io..veramente..non credevo che..»
«Lo prendo come un no. Bene, data la situazione, vedrò di essere piú esplicita.» si alzò, mettendosi perfettamente dritta e composta. Si schiarì la voce. «Brooklyn Sherman, d'ora in avanti quei ragazzi saranno sotto la tua ala. Congratulazioni.» disse, fieramente. Fece il giro della scrivania e mi raggiunse, rinchiudendomi in un energico abbraccio. Rimasi immobile, non ricambiai, sbalordita com'ero, non sapendo che dire.
«Quindi tu..tu mi hai davvero..»
«..affidato otto ragazzi ventenni tossico-dipendenti bisognosi d'aiuto? Esatto.» continuò, al posto mio.
«O Santo Cielo non..io non so cosa dire,io..grazie.» dissi,solo,sperando che in quelle ultime sei lettere fosse contenuto tutta la gratitudine che provavo, e che esse bastassero a darle anche solo una vaga idea dell'immensa felicità che mi aveva investito negli ultimi cinque minuti, come un treno che ti travolge a tutta velocità.
«Di nulla tesoro,te lo meriti.» disse, sorridendomi, mentre i suoi occhi spruzzavano orgoglio e fierezza, misto al calore delle sue iridi ambrate che parevano scaldarti l'animo con incredibile facilità. «Ora però sparisci. Devo terminare dei documenti e ho un maritino che mi aspetta a casa.» concluse ritornando al suo posto di prima. «Ah,visto che siamo in argomento..» continuò, con un sorriso furbetto. Quell'espressione - un misto di malata curiosità ed enfasi - non preannunciava niente di buono. "Oh no." pensai tra me e me. «..ce l'hai il fidanzatino?»
Lo sapevo. Lo sapevo. LO. SAPEVO!
Avvampai,in evidente imbarazzo. «Ehm..bella chiacchierata. Ci si vede.» dissi, tutto d'un fiato, precipitandomi  fuori dallo studio. Sospirai. «E anche stavolta m'é andata bene.» dissi,tra me e me.
«Ah,eccoti qua.» davanti agli occhi vidi sbucarmi la figura minuta di Astrid. «Ma dove diavolo ti eri cacciata?! Ti ho cercata dapertutto. Pensavo ti avessero rapita.»
«La solita esagerata.» borbottai, roteando gli occhi.
«Esagerata?! Io?! Ma sentitela. Ha parlato quella con le manie di grandezza.» la incenerii con lo sguardo. «Oddio scusa scusa,risparmiami,non volevo.»
«Ecco appunto.» feci, urtata. «Piuttosto, come mi hai trovata?» chiesi, entrando in un giubigattolo dov'era mio solito riporre il cappotto,uno stanzino buio e poco usato.
«Mah,ho chiesto in giro.» rispose, con non chalance.
«Hai chiesto in giro? Sei seria?» chiesi, ridacchiando.
«Serissima. Travor mi ha indicato la sala in cui ti avevano mandato e io ci sono andata. Ho chiesto a dei ragazzi se sapessero dove fossi e..mi hanno detto di averti vista entrare nello studio di Jessica.»
«Di quali ragazzi parli?» chiesi,scettica, infilando la manica del cappotto. «Dal computer di Jessica ho visto la sala tramite una telecamera di sorveglianza e i ragazzi erano tutti lí,nessuno é uscito. Quindi non avrebbero potuto sapere dov'ero andata.»
«Mh,in effetti. Non so che dirti Brooke, era un ragazzo che se ne stava fuori la porta della sala. Comunque la cosa non é importante..piuttosto,ho saputo che ti é stato affidato un bel gruppetto di ragazzi.»
«Si,non puoi capire quanto sono contenta!» esclamai, eccitata.
Tutt'un tratto,mi prese le mani e iniziò a saltellare di gioia, stringendomi le braccia attorno al collo.
«CONGRATULAZIONIII!» urlò, forse anche più felice ed emozionata di quanto lo fossi io.
«Oddio Astrid non ci sento piú.» esclamai, portandomi una mano sull'orecchio destro. «Ma cosa cazzo ti viene?!»
«Come "cosa mi viene"?! Ti hanno affidato dei ragazzi,é la tua primissima volta,cioé é un evento wow!»
«Eh,ho capito,ma per l'appunto, non rovinarmi una giornata così bella rendendomi sorda.»
«Poi sono io l'esagerata eh?»
«Sempre,Astrid. Sempre tu.» ironizzai. Uscimmo dallo stanzino,e percorremmo il corridoio, dirette verso l'uscita. Sull'uscio della porta,mi bloccò per un braccio. «Eccolo,é lui.» esclamò. Mi indicò con il dito una figura maschile non troppo lontana da noi, poggiata di schiena sulla parete del corridoio opposto. «Mi ha detto lui dove trovarti.» Assottigliai lo sguardo, tentando di riconoscerlo,ma niente. Nonostante gli occhiali la mia miopia riusciva sempre ad avere la meglio. «Oh no.» voltai lo sguardo verso la ragazza, e la vidi intenta a frugare nervosamente nella sua borsa.
«Che c'é?»
«Non trovo le chiavi dell'auto. Devo averle lasciate al piano di sopra, quando sono andate da quelle donne alcoliste.»
Sbuffò e alzò gli occhi al cielo. «Sono sempre la solita. Torno subito.» e prese a correre verso le scale. Sorrisi, tra me e me, scuotendo il capo. "Si,sempre la solita" pensai,divertita dalla conosciuta sbadataggine della mia amica.
Riportai lo sguardo su quella parete, e rimasi un pò delusa nel notare che il ragazzo di prima non c'era più. Non avevo avuto neanche il tempo di capire chi fosse. «Prese.» esclamò la ragazza, ritornandomi vicino con le chiavi nella mano. «Possiamo andare.» e si diresse verso la porta. Io rimasi ferma,ancora con gli occhi incollati su quel muro, fissando qualcosa che ormai non c'era piú.
«A domani,ragazzina.» sentii dire. Mi voltai di scatto, meravigliandomi del fatto che non c'era nessuno. Presi a guardarmi intorno, senza però successo.
«Brook andiamo.» mi richiamò Astrid.
«Arrivo.» dissi,distrattamente. Era una voce maschile quella di prima, mi era familiare. Non avevo niente di concreto per poterlo affermare, eppure, ci avrei giurato, che quella era la voce di Troy.

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now