Il cielo si era oscurato in modo improvviso.
L'aria era diventata fredda e pungente, le nuvole sembravano essere sul punto di scoppiare tanto erano cariche.
Le gocce scivolavano celeri sul vetro della finestra. Il vento, tutt'altro che modico, smuoveva i rami degli alberi con profondo impeto, berciando a gran voce, come un lupo che ululava.
Osservavo il tutto, completamente incantata dalla maestosità di quel paesaggio che, a parole, non avrei saputo come descrivere.
Avevo i gomiti poggiati sui braccioli della piccola poltrona, le gambe accavallate, la schiena appena curvata.
Gli occhi della ragazza davanti a me erano puntati nei miei, ostili e incattiviti.
«Hai intenzione di sederti, si o no?» le chiesi, palesemente scocciata, per l'ennesima volta.
«No.» rispose, con le braccia incrociate e il collo leggermente piegato verso destra.
Sbuffai e roteai gli occhi.
«Senti..» dissi, alzandomi in piedi. «..se non vuoi..»
«Non voglio infatti.» mi interruppe.
Trattenni il fastidio che quella situazione mi stava provocando, e feci finta di niente.
«Sei pregata di non interrompermi. Dicevo, se non vuoi, non sei costretta. Puoi andartene anche ora, io non ho problemi.»
«Io si però. Non posso decidere di fare una cosa e di non farne un'altra. A scuola non studi solo le materie che ti piacciono, le studi tutte, almeno nel caso in cui tu voglia mantenere una buona media.»
«Si, ma per mantenere una buona media le materie le devi studiare bene, non a come capita. Quindi, se desideri veramente questa "buona media", sei pregata di impegnarti.»
Sbuffò sonoramente e si sedette sul lettino.
«Ehm..dovresti stenderti.»
«Scordatelo.»
Sospirai, rassegnata,e tornai seduta sulla mia poltrona, nella medesima posizione di prima.
«Allora? Com'é che funzione? Io ti dico i fatti miei e tu fingi che te ne importi qualcosa?»
«No. Tu mi dici i fatti miei e io ti farò domande completamente fuori contesto.» risposi.
«Mh, sono allettata.» fece, sarcastica. «Da dove dovrei iniziare? Non credo che ti interessi sapere quando sono nata o se mia madre ha avuto un parto naturale o se sono stata concepita nel bagno di una discoteca infestata dalla puzza di whiskey e vodka. »
«Infatti, ma devo saperlo lo stesso.»
«E perche?»
«Perché nei film é questo quello che fanno gli psicologi, e poi ho tanto tempo da perdere.»
Mi rilassai contro lo schienale della poltrona. «Sono tutta orecchie.»
«Che stupidaggine!» borbottò tra se e se. Prese un respiro e iniziò a parlare.
«Beh, mia madre si chiama Esmeralda Tucker, é una donna originaria del Texas. Mio padre invece si chiama..» si fermò un attimo a pensare. «..mh,mi pare si chiami Paul Bartoskye..non ne sono molto sicura comunque.»
Aggrottai le sopracciglia, perplessa.
«Fammi capire..tu non conosci tuo padre?»
«Si che lo conosco. L'ho visto un paio di volte da piccola.»
«Un..paio di volte?»
Annuì.
«Oh..okay. Ehm..»
«Fammi indovinare.» disse. «Questo é il momento in cui inizi a farmi domande "fuori contesto", giusto?» domandò, indifferente.
«Indovinato.» esclamai.
Si sistemò meglio sul lettino e incrociò le braccia. «Spara.»
«Scusa se mi permetto ma..potrei sapere che lavoro fa tua madre?»
Vedendola, in seguito a quella domanda, smarrita e in uno stato quasi di indecisione tra lei stessa, mi affrettai a dirle altro.
«Ehm..dimmi almeno se é un lavoro legale.»
«Legale, oddio..beh, credo. Si, suppongo di si.»
«Supponi?»
«Si, insomma, non posso dirlo con certezza, però dovrebbe essere legale.»
«Dovrebbe essere legale. Okay. E tu non conosci tuo padre.» dissi, quasi stessi parlando tra me e me. «Fantastico.»
Sospirai. «Vai avanti. Dove si sono conosciuti?»
«Ad una festa di addio al celibato.»
«Cosa?» chiesi, rimanendo composta il piú possibile.
«Lei era lí con delle..sue..» si grattò la nuca. «Amiche?» buttai li per li.
«Colleghe.» disse lei.
«Oh..»
«Già..andando avanti comunque, erano state invitate a questa festa. E qui lei conobbe questo ragazzo.»
«Immagino che questo ragazzo fosse il testimone. Potrei giurarci. Nei film che ho visto é sempre il testimone a fare casini.»
«Dovresti smetterla di vedere cosí tanti film, Brooklyn. Comunque credo ti sia capitato di vedere qualche volta lo sposo che fa casini.»
«Veramente no.»
Fece spallucce. «C'é sempre una prima volta.»
Inizialmente non capii. Dovetti seriamente pensarci a fondo prima di focalizzare il tutto.
«Fammi capire una cosa..tua madre ha conosciuto tuo padre ad una festa di addio al celibato e si da il caso che lo sposo sia..proprio tuo padre?»
«Oh avanti Brooklyn, ma dove vivi! Gli anni '60 sono passati da un pezzo, sai? Al giorno d'oggi é..una tradizione. Ad ogni festa di addio al celibato ci dev'essere un gruppo di belle ragazze, altrimenti che festa é?»
Rimasi alquanto disgustata da quelle parole. Mi fecero uno strano ribrezzo, non so spiegare cosa provai.
«Spero vivamente che tu non pensi davvero ciò che hai detto.»
Si rabbuiò in volto. «Ovvio che non lo penso, Brooklyn. Ma che posso farci, sono stata cresciuta cosí, in questa mentalità. E non posso neanche fare niente perché ormai sono fatta cosí, e non posso cambiare le cose. Non posso cambiare il fatto che mia madre é una prostituta e mio padre un uomo che ha tradito la moglie il giorno prima del matrimonio, intraprendendo rapporti sessuali con una sconosciuta, mettendola incinta, e andandola a trovare di tanto in tanto solo per dello sporco sesso. É cosí, e non posso cambiare le cose. Non posso farci niente, Brooklyn.»
Fui investita da una profonda malinconia. Avrei voluto dire o fare qualcosa per aiutarla, qualsiasi cosa, ma sapevo che niente sarebbe servito. Mi permisi solo di azzardare un abbraccio verso di lei. Aprii le braccia, sperando che non lo rifiutasse, e, con mio sincero stupore, così non fu. Strofinai la mano contro la sua schiena, stringendola, mentre i suoi capelli mi solleticavano il collo.
«Basta cosí per oggi.» dissi poi, staccandomi, e sorridendole. Annuí, ricambiando il sorriso. Si alzò e fece per uscire.
«Opal.» la richiamai. Si voltò e mi guardò.
«Sei una ragazza forte.» dissi.
Sorrise. «Spero che tu abbia ragione.» e uscii.
Tornai alla poltrona, in attesa di un altro ragazzo.
Non mi sarei mai aspettata un atteggiamento del genere da Opal. Detto francamente, pensavo se ne sarebbe andata nei prima dieci minuti, e il sentirla parlare in quel modo cosi sciolto nei miei confronti mi aveva fatto uno strano effetto.
Quando la porta si aprì, avvertii una violenta morsa allo stomaco. Sapevo che sarebbe arrivato quel momento, e sapevo che sarebbe arrivato anche lui.
«Ragazzina.» esclamò. «Ma buonasera.»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now