Percepivo uno strano formicolio in viso Strizzai gli occhi e lentamente sollevai le palpebre, ritrovandomi davanti agli occhi dei sottili e opachi raggi di sole.
Allungai la mano verso il comodino di fianco al letto, afferrai il cellulare e spensi la sveglia che avrebbe suonato di li a poco. Erano appena le 6:30. Mi alzai, tentando di far scricchiolare le molle del materasso il meno possibile, per non svegliare Grace, e mi preparai ad una nuova giornata. Afferrai dall'armadio dei jeans, la solita camicia nera che indossavo per il lavoro e gli anfibi, dopodiché feci una doccia veloce, e mi vestii. Tentai di sistemare la liscia chioma castana alla meno peggio,il che era un'impresa impossibile, dato che la mattina, non chiedetemi perché, sembrava essere posseduta dal demonio, e non c'era verso di renderli perlomeno presentabili. Stranamente, ma meglio per me,quella mattina erano..beh,normali. Non potevo crederci.
Sistemai gli occhiali da vista sul naso, mi avvolsi nel cappotto e silenziosamente sgattaiolai fuori dalla stanza. Scesi le scale, ritrovandomi sul tavolo della cucina la solita tazza di the che mia madre premurosamente mi preparava la mattina.

Uscii di casa,e in meno di due secondi ero nell'auto di Astrid.
«Hai sentito la notizia?»
«Mh?» feci,voltando il capo nella sua direzione. «Quale notizia?»
«Una ragazzina ieri ha dato le dimissioni.»
«Ragazzina? Chi?»
«Ah non so,me l'ha detto Travor. "Non si sentiva pronta.", sono state le sue testuali parole. Mi pare si chiamasse..»
Assunse un'espressione pensierosa, senza distogliere gli occhi dalla stradina che,nonostante fosse abbastanza presto, era già affollata. «..Caddy, si, o almeno mi pare che questo fosse il suo cognome.»
Abbassai lo sguardo.
«Aubrey..» sussurrai, tra me e me.
«Ah si,ecco come si chiamava,Aubrey. Ma,un attimo..» prese a guardarmi, dubbiosa, mentre eravamo imbottigliati nel traffico. «..tu come lo sai?»
Feci spallucce. «Mah.» feci, con indifferenza.
«Brooklyn.»
«Oh, e va bene. Quando é arrivata, due settimane fa,Jessica mi ha chiesto di farle fare il giro della struttura e cosí, tra una parola ed un'altra..»
«Le hai consigliato tu di dimettersi, non é cosí?» chiese, con non chalance.
«Ma che scherzi? Io? E perché mai avrei dovuto?»
Tornò a guardarmi, per qualche frazione di secondo,poi riprese a fissare la strada.
«Si,sei stata decisamente tu.» concluse.
Sospirai. «Tesoro,non é colpa mia se fai schifo a raccontare le balle! Fattene una ragione: tu le stronzate non le sai dire.»
«Si,lo so. Ma scusa,come lo hai capito?»
«Oh Brooklyn,é da ieri che lo so. Ti conosco troppo bene per permettere a certi particolari di passarmi inosservati. Ormai sei un libro aperto per me.»
«Hai ragione. Sono troppo prevedibile.»
«Concordo pienamente.» disse, sorridendo.

Ero intenta a ripulire con una pezza il vetro della porta d'ingresso, mentre le unghie mi si stavano praticamente corrodendo a furia di grattare e raschiare.
«Perfetto proprio.» borbottai tra me e me, guardandomi a malincuore le dita della mano.
«Brooke?» alzai la testa, e vidi Dominic con un enorme scatolone tra le braccia.
«Ti serve una mano?» chiesi.
«Ehm..direi proprio di si. Nell'altra stanza ce ne dovrebbe essere un altro di questo. Potresti portarmelo nello studio di Jessica cortesemente? Non dovrebbe essere molto pesante.»
«Tranquillo,non ha importanza. Ormai tanto le unghie me lo sono rovinate.»
«Fa un pò vedere.» alzai la mano, mostrandogli le mie povere dita.
«Ahia.» fece,con un'espressione di dissenso. «Condoglianze per la perdita.»
«Perdita?» chiesi. Tornai a fissarmi le mani, notando mio malgrado che l'unghia dell'anulare sinistro era spezzata.
«No! Ma dai!» Sbuffai. «Dopo tutto quello che ci é voluto per farle crescere.»
«Oh no,un'altra con il vizio di rosicchiarsi le unghie.» disse,roteando gli occhi. «Ma cos'è,un'epidemia?»
Di risposta gli feci una linguaccia, e andai via.
Non appena recuperai lo scatolone, constatai che non era pesante..ma di piú!
«Cristo!» imprecai. «Alla faccia del "non dovrebbe essere molto pesante"!» mi misi eretta, in modo abbastanza precario devo dire.
Iniziai a camminare per il corridoio, stringendo i denti, e ogni passo sembrava allungare la distanza che separava me dallo studio di Jessica.
Mi bloccai,solo quando sentii delle dolci voci provenire da una stanza. Mi affacciai, con il capo, e vidi dei ragazzi seduti per terra, che canticchiavano una canzone di Grease,che da noi a Detroit aveva riscontrato grande successo tra i giovani.

The one that I wanna (you are the one I wanna), 
Uh uh uuh,
The one that I wanna (you are the one I wanna), 
Uh uh uuh.
The one I need (the one I need), 
oh yes indeed.”

Sorridevano, stendevano le braccia in aria muovendole a destra e a sinistra. Si divertivano,erano felici, gioiosi, con quella spensieratezza negli occhi che il tempo gli aveva portato via,forse troppo presto. Erano ragazzini che andavano dai 14 ai 17 anni in particolare. Quelli che avevano più possibilità di salvezza, di uscire dalla dipendenza..bastava intrattenerli con qualche attività, farli svagare, divertire, distrarre dai loro problemi, dargli un senso per continuare ad andare avanti nella loro vita, renderli felici senza la droga.
Rimasi a guardarli, con un sorriso stampato in viso, forse il sorriso più sincero della mia vita. Non potete capire quanto mi riempisse di gioia quel momento, vedere quei ragazzini cosi contenti, cosi appagati.
«E bravi, mi avete fatto rimanere a corto di voce,sapete?» fece Travor, ironizzando. Con fare da finto distrutto, si buttò su una sedia, provocando una risata generale tra i ragazzi. «Sei stonato.» gli disse una ragazza, sorridendo. Tutti ammiccarono verso la sua affermazione.
«Ah si? Ma grazie, gentilissimi.»
«Sono d'accordo con loro.» dissi, intromettendomi.
«Brooke,anche tu mi tradisci?»
«Seguo la massa,caro. E qui la massa dice che stoni:dico bene ragazzi?»
E un "si" generale si levò nell'aria. Sorrisi. Feci per andare, quando tra le tante teste scorsi quella di un ragazzino che conoscevo fin troppo bene:Halliot.
Mi salutò, regalandomi un sorriso. Si indicò l'occhio, entusiasta. Capii cosa intendeva. Non si era drogato, e l'orbita bianca ne era la conferma. Gli mimai un bacio con la mano, e uscii. Ero fiera di lui.
«Brooke,vuoi muoverti con quello scatolone o no?» mi gridò Dominic.
«Arrivo.»
Meccanicamente, alzai il capo al cielo. «Ti ringrazio..papà.» sussurrai, sorridendo.

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now