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«Brooklyn...? É arrivata Astrid.»
«Arrivo mamma.»
Di fretta e furia, indossai il mio cappotto corvino, recuperai il mio borsellino e scesi correndo le scale. Mi avvicinai al tavolo e senza neanche sedermi presi la tazza di tè e lo buttai giù in un sorso.
«Tesoro piano,quella cosa é bollente!» esclamò.
«Me ne farò una ragione.» risposi, ignorando il bruciore alla trachea.
«Orari?»
«Il solito mamma.»
«Mh,capisco. Beh, se non ti spiace torno a dormire allora. Astrid ti aspetta fuori in macchina.» mi si avvicinò e mi lasciò un bacio in fronte. «Buona giornata tesoro.»
«Grazie mamma.» e uscii di casa.
Chiusi la porta e subito l'aria fresca mi investì. Inspirai, in stato di completa quiete. Mi avvicinai alla macchina e salii, prendendo posto al sedile di fianco al guidatore. Mi sporsi verso la ragazza e le baciai le guance.
«Dormito bene?»mi chiese, senza staccare gli occhi dalla strada.
«Direi di si.»
Astrid era una delle persone più buone che avessi mai conosciuto. Una mia collega, una ragazza sempre ilare ed enfatica. Aveva si e no 25 anni, appena tre anni più grande di me. Volsi lo sguardo al finestrino, osservando il paesaggio che scorreva davanti ai miei occhi,mentre gli alberi si smuovevano, ballavano tra le raffiche di vento,si contorcevano con tutta la loro veemenza. Il terreno sottostante era ricoperto da un sottile strato di neve.
«Brooklyn? Ehi,ci sei?» una mano prese a sventolarmi davanti agli occhi. Scossi la testa. «Ehm..scusami.»
«Tranquilla. Comunque siamo arrivate.»
«Oh..giusto.» sorrisi imbarazzata. Scendemmo dalla macchina e entrammo nella struttura. Le pareti erano dipinte d'un bianco quasi sporco, che si estendevano tra i vari corridoi settoriali. Era un edificio davvero grande, adibito al recupero di drogati e alcolisti. In pratica aiutavamo i tossicodipendenti. Veniva gente davvero di ogni fascia di età, dai ragazzini di 14 anni agli uomini di 40-50 anni. Cercavamo di intrattenerli in varie attività,alternavamo una volta a settimana delle sedute con uno psicologo,cantavamo,parlavamo di..qualsiasi cosa,insomma.. facevamo nel nostro meglio per aiutare quella gente.

Mi avvicinai a Jessica,una donna di origine bostoniana, sulla trentina,nonché mia superiore.
«Buongiorno.»
«Buongiorno a te,cara.» disse, rivolgendomi un sorriso amichevole. «Hai mangiato? Vuoi un caffé?»
«No Jess, ti ringrazio. Dimmi solo cosa devo fare.»
Non avevo un ruolo fisso e unico all'interno dell'edificio. Facevo un pò di tutto, in base a quello che Jessica voleva che facessi ovviamente.
«Beh,purtroppo il lavoro sta iniziando a diventare pesantuccio..»disse,quasi a malincuore. «..i ragazzi in dipendenza aumentano a vista d'occhio. La scorsa settimana abbiamo perso una 16enne cocainomane.»
«Persa nel senso che..?»
«Si,Brooklyn. É morta. Non siamo riusciti a salvarla,era in overdose.» ebbi un tuffo al cuore,mentre cercavo di assimilare quelle parole. Chiusi gli occhi e respirai a fondo. Mi morsi il labbro inferiore.
La mano di Jessica si posò sulla mia spalla. «Dai una mano a Dominic, è in quella sala.» disse indicandomi una stanza in fondo al corridoio. «Sta visitando alcuni ragazzini tossici.»
«Certo.» obbedii, e mi avviai.

«É permesso?»
Vidi il ragazzo curvo su un lettino sul quale era stesa una bambina di 13-14 anni al massimo. Dominic si voltò. «Brooklyn! Certo,entra pure.» entrai, riposi il cappotto in un armadietto e indossai il camice bianco.
Mi avvicinai nuovamente a lui. Guardava quella ragazzina con una strana espressione. «Guardala bene.» mi sussurrò all'orecchio. «Cosa ti sembra?»
Feci come detto,mi piegai verso di lei e le alzai una palpebra,poi l'altra, scrutandola con attenzione.
«Cocaina.» terminai.
«Lo sapevo.» disse serio. «Dannazione!» imprecò, portandosi una mano in viso.
«Che c'é?»gli chiesi.
«Aveva smesso! Aveva smesso Brooke! Erano quattro settimane!» disse frustrato. «Quattro settimane..»ripeté quasi a se stesso,sussurrando.
Ritornai con lo sguardo sulla ragazzina. «Non ne ha assunta tanta.» continuai. «Questo é pur sempre un bene.»
«No,Brooke. Il solo fatto che l'abbia immessa nel corpo é un male. Ha ricominciato,capisci? Significa che tutto il lavoro dell'ultimo mese non le é servito.»
«Bisognerà ricominciare tutto da capo.» dissi,piano,quasi stessi parlando tra me e me.
«Si,ma ho paura che non servirà a niente. Dovrei..»
«Mi dispiace!»voltai di scatto il capo verso la ragazzina, piangeva, guardava Dominic con l'amarezza negli occhi. «Mi dispiace!» ripeté. «Non ce l'ho fatta a fermarmi. Ne avevo troppo bisogno!»
«No invece! No,tu non hai bisogno di quella robaccia!» ribatté Dom. Le si avvicinò. «Non hai bisogno della droga Charlotte! Perche non vuoi capirlo!» si fissavano, si parlavano con gli occhi. Lei
con le lacrime che le rigavano il viso,lui frustrato e addolorato.
«Vi lascio soli?» chiesi.
Il ragazzo si rimise dritto,e senza concludere quel contatto visivo con la ragazzina,che da quanto capito si chiamava Charlotte,rispose. «Di là ci sono altri ragazzini. Dovresti controllarli. Assicurati che non abbiano assunto stupefacenti,droga di alcun tipo,o etanolo.»
Annuii,e mi diressi nell'ala anteriore della stanza. Chiusi la porta. Pulii le mani con un asciugamano bianco di stoffa e feci sedere il primo ragazzino sul lettino. Mentre mi inumidivo le dita con del disinfettante, lo guardai, sorridendogli premurosamente. «Allora..vediamo un pò se tr..»
«Brooklyn!» la porta si aprì di scatto e Aubrey fece irruzione nella stanza. «Brooklyn devi darmi una mano!» Era una ragazza di qualche anno più piccola di me,si e no 19 anni, da poco entrata nella nostra "famiglia", per cosi dire. Lavorava con noi da poco più di due settimane.
«Che succede?»
«Un donna..»disse affannata.
«'Una donna' cosa?» la incitai a continuare.
«Sta male..credo abbia un infarto o una crisi epilettica..non ne ho idea. Sembra non sentirmi..devi aiutarmi!»mollai immediatamente il fazzoletto che stringevo tra le mani e lo lasciai ricadere sul tavolino di fianco a me.
«Torno subito.» dissi al ragazzino, abbozzando un sorriso, tentando di nascondere il panico che tutto d'un fiato si era liberato nelle mie vene. Poi corsi fuori dalla stanza,con il cuore in gola,i battiti che sembravano echeggiarmi nelle orecchie. Speravo di arrivare in tempo.

ASSENZIO - AXENHTIUM Onde histórias criam vida. Descubra agora