«Astrid calmati,sto bene.»
«Sicura? Vuoi qualcosa? Acqua,caffé,birra, morfina..no, magari la morfina é meglio di no. Ma se vuoi qualcosa..»
«Astrid.»
«No no,dico sul serio. Qualunque cosa di cui hai bisogno sappi che..»
«Astrid.»
«E ti assicuro che..»
«ASTRID!» Urlai, mettendola a tacere. «Ho detto che sto bene.»
«Scusami. É solo che mi dispiace vederti cosí.» mi si avvicinò.  «Vorrei poterti aiutare.»
«Non ho niente, Astrid.»
«Non é vero,altrimenti avresti..»
«NO!» sentimmo urlare. Una voce femminile, adulta, irregolare. Prendemmo a correre per il corridoio e ci precipitammo in una delle varie stanze.
Era una ragazza sui venticinque. Se ne stava seduta per terra, le gambe strette al petto, le mani premute con forza contro le tempie.
Aveva le spalle smosse dagli spasmi.
«NO!» continuava ad urlare,con le palpebre sigillate.
Mi avvicinai, e mi accovacciai davanti a lei.
«Ehi. Tesoro parlami.»
«Ne ho bisogno. Ne...ne ho troppo bisogno.» continuò, senza aprire gli occhi.
«Bisogno di cosa?»
«Ne ho bisogno...ahh,ti prego,ti prego!»
«Ehi,ehi. Calmati. Non pensarci,okay? Non pensarci.»
«No,no no no,erba...ne ho troppo bisogno. Ti prego,ti prego Brooklyn,non ce la faccio piú.»
«Sandy calmati. Basta,é tutto apposto. Shh.» le presi il capo e me lo strinsi al petto, strofinando una mano contro la sua schiena. «Shh.» la sentii smuoversi  tra le mie braccia, per poi iniziare a calmarsi, lentamente. «Shh. É tutto apposto.»
Rimanemmo per minuti in quella posizione, lei aggrappata con forza a me,la testa appoggiata sul mio torace,io con il mento sulla sua chioma dorata,gli occhi puntati al cielo,ormai inevitabilmente lucidi. «Tesoro.» sussurrai. Una ragazza minuta, terribilmente fragile e problematica.

Persi la cognizione del tempo, persa nel suo  palese dolore. E il corpo gracile, freddo, smosso, i lunghi e pesanti respiri, pieni d'affanno.
Resisteva a fatica, cercava di ovviare a quella difficile condizione, a quella situazione d'inferno,all'astinenza. Soffriva, si tormentava mentalmente, una guerra continua tra lei e se stessa. Tra lei e l'erba, lei e la droga.
«Sandy.»
«Mh?» mugugnò.
«Andiamo a prendere un pò d'aria..che ne dici?» alzò il capo e mi guardò: gli occhi distrutti, arrossati, vuoti, un pozzo nero senza fondo. Annuí,in un gesto impercettibile. La sollevai di peso e la misi in piedi.
«Brooklyn.» mi richiamò Astrid, rimasta ferma davanti la porta. «Vado io con lei.»
Le sorrisi. «Grazie,Astrid» dissi. Le vidi sparire, fuori dalla stanza. Ormai sola, sospirai,malinconica,con ancora gli occhi di Sandy incastrati nella mente. Mi ricordavano qualcuno,tristi,freddi,vuoti..mi erano familiari..si, mi ricordavano i miei.

Portai gli occhi sull'orologio stretto al polso, notando che il mio turno sarebbe cominciato a breve.
Uscii dalla stanza. Recuperai il mio cappotto e la borsa, e mi diressi nell'altra sala.
I ragazzi erano disposti come al solito, chi seduto per terra, chi appoggiato alla parete.
Espressioni impassibili, mimica facciale completamente assente.
Presi un bel respiro e vi entrai. Poggiai  i due oggetti sul solito tavolo e mi sedetti su di esso. Presi a guardarli tutti,uno per uno.
«Quindi..é ufficiale?» chiese una voce femminile. Mi feci largo con lo sguardo tra le chiome, e ne riconobbi una, dorata.
«Ciao anche a te Opal.» dissi, seria.
«Rispondi alla mia domanda.»
«Non mi hai posto alcuna domanda.»
«Si che l'ho fatto.»
«Quelle tre parole non erano una domanda. A scuola ci sei andata? Soggetto, predicato verbale, complemento..»
«Oh,sta zitta e falla finita.»  sbottò infastidita.
Sorrisi,soddisfatta. «Si Opal,é ufficiale..» con uno slancio, scesi dal tavolo e mi misi in piedi. «..dovrai sopportarmi ogni pomeriggio.» dissi, sarcastica. Roteò gli occhi e sbuffò, tornando in silenzio.
«E brava Opal. Vedo che oggi sei pulita.» esclamai.
«Prego?! Vuoi insinuare che non mi lavo?!»
Ridacchiai. «No Opal,calmati..»
«Tu sei tutta matta:prima mi da della sporca e poi mi dice di calmarmi!»
«Hai frainteso,non hai capito:intendevo che..»
«Non capisco?! Di bene in meglio,ora mi dai anche della rincoglionita?!»
«Niente del genere,intendevo che..» sospirai. «Sei pulita,nel senso che non hai assunto stupefacenti. Niente a che vedere con l'igiene.» spiegai. «Mamma mia ragazza, una cosa lasciatela dire:sei proprio una gran permalosa. E io che pensavo fosse solo opera dell'hashish.»
«No no,lei é cosí di natura.» rispose una ragazza,provocando una risata generale. Sorrisi,e per un breve istante - tanto che pensai di essermelo immaginato - mi parve di veder sorridere anche Opal.

Era passato poco più di tre quarti d'ora. Osservavo i ragazzi discutere vivacemente tra loro sulla politica americana, attenti e concentrati.
«Ragazzi.» li richiamai, attirando la loro completa attenzione. «Una domanda,e voglio che rispondiate sinceramente.» dissi. «Voglio sapere quando é stata l'ultima volta che vi siete drogati.»
«Cosa centra questo con Obama?»
«Con Obama niente,a meno che non sia un tossicodipendente anche lui - e personalmente elido una tale possibilità - ma centra con voi. Centra con il motivo che vi ha spinto a venire qui.» dissi. «Centra con la vostra decisione di uscire fuori da quella merda chiamata dipendenza,da quello schifo di droga che, pur se buona, é la cosa piú spregevole e malata di questo mondo. Ora rispondete.»
Li guardai negli occhi,in attesa,e nessuno sembrava essere intenzionato ad aprir bocca. «Vi conviene dirmelo,perché se vi controllo lo scoprirò da sola.» congiunsi le braccia, e aspettai per minuti e minuti. «Nessuno vuole parlare? Bene..» esclamai. «Venite qua. Mettetevi in fila.» dissi,con tono fermo. Un leggero mormorio di voci si levò nell'aria.
E,così come avvisato, li controllai, uno per uno.
Arrivata ad Opal,la vidi con le braccia congiunte in modo scocciato e un'espressione di totale apatia. Mi si posizionò davanti, guardandomi con aria annoiata. «Puoi andare.» dissi,secca.
«Ma..ma scusa,non mi hai neanche sfiorata.»
«Non ne ho bisogno. Mi fido di te. Se dici di essere pulita,io ti crederò.»
«Stai forse delirando?! Vuoi davvero badare alle mie parole?!» mi limitai ad annuire.

Ne controllai sette. Arrivato l'ultimo, mi trascrissi sul mio solito quadernino i nomi dei vari ragazzi, quelli sobri e puliti, e i fatti.
«Ci rivediamo,ragazzina.» alzai il sguardo e lo vidi. Sfilava un sorriso strafottente sul volto, guardandomi dall'alto.
«Uhm,ma guarda chi si vede:l'anonimo Weber.»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now