«"Troy" per gli amici.» precisò
«Ah, capisco. E.. quindi io come dovrei chiamarti?»
«Oh tranquilla,puoi chiamarmi Troy..sai, solitamente i miei amici non mi chiamano affatto,quindi.» disse,con un'alzata di spalle.
«Immagino che i tuoi "amici" siano troppo fatti per riuscire a parlare decentemente.»
«Bene bene,lungimirante la ragazzina.» esclamò, con un sorriso beffardo sul volto.
«Io la chiamerei "perspicacia"..ma anche  " lungimiranza" può andar bene. Magari però é un pò troppo formale,non trovi?» ironizzai,e senza aspettar risposta,avvicinai la mano al suo viso. «Ehm..posso?» chiesi, timidamente.
«Fa pure,ragazzina.»
«No,ecco,non hai capito. Intendo..» lasciai la frase in sospeso, convinta che avesse capito il resto.
Fece un'espressione stranita, il che smentì la mia convinzione. Sospirai.
«Troy,dovrei controllarti le orbite.»
«Lo so,l'ho capito. Che stai aspettando?»
«Troy..» dissi, con un certo imbarazzo nella voce. «..dovresti abbassarti un pò.»
Passarono i secondi. Rimase con il volto interrogativo,fin quando non alzò un lato della bocca,in un sorrisetto stronzo.
«Ah,ora capisco..» disse,malizioso. «Potevi dirlo subito che ero troppo alto.»
«Non sei tu che sei alto..sono io che sono bassa,é ben diverso.»
«É opinabile.»
«No,é oggettiva.» ribattei. «Ora, gentilmente, puoi abbassarti?»
«Certo,ragazzina.» disse.
«Bene,allora puoi..» non terminai la frase,che si mise in ginocchio. Rimasi in silenzio, non sapendo che dire. Lo guardavo con il capo lievemente chino verso di lui. Aprii la bocca,per dire qualcosa, eppure inizialmente,chissà perché,non dissi proprio niente. «Ehm..non,non c'era bisogno di metterti in ginocchio. Mi bastava che..curvassi un pò la schiena.» dissi,in imbarazzo, accompagnando il tutto con dei nervosi movimenti. «Lasciamo perdere va.»
Mi sporsi in sua direzione, e con le dita gli allargai l'occhio e presi ad osservargli le orbite e le pupille,in modo attento. Sembrava tutto nella norma, sembrava fosse pulito. «Bene,puoi..puoi andare.» dissi, tornando dritta. Rimase in quella posizione, a guardarmi. E quella volta ero io stranita. Aggrottai le sopracciglia. «Mi hai sentita?»
«Certo che ti ho sentita,non sono sordo.» rispose.
«Buono a sapersi..perché allora non ti alzi?»
«Mh,la curiosità..che brutta bestia!» esclamò, ironico.
«Ma quale brutta bestia?! Ho chiesto solo perché stessi..ah,fa come vuoi.» dissi. Intanto nella sala eravamo rimasti solo io e lui. Presi borsa e cappotto dal tavolo e mi avviai verso l'uscita.
«Sei tu Brooklyn..vero?» mi chiese,d'un tratto. Mi voltai e lo guardai,mentre era ancora in quella posizione,a fissare un punto impreciso davanti a se.
«Si,sono io.» risposi. E in quello stesso attimo si rialzò,e mi venne incontro.
«Ti consiglio di indossarlo il cappotto. Fuori fa abbastanza freddo.» disse.
«Non importa. Vado con la macchina della mia amica.»
«Lo so,ma il bar si trova fuori dall'edificio. E fuori  ti dico che fa freddo.»
«Ho capito,ma io non devo andare fuori al bar.»
«Oh no,ti sbagli.» disse. Mi sorpassò, infilandosi una giacca di pelle scura, e si diresse verso la porta.
«Che diavolo significa che mi sbaglio?!»
«Significa quello che ho detto. Perché tu ora vieni con me.»
«Cosa?»
«Che c'é?» mi chiese,stranito. «Andiamo, non ti mangio mica sai.» e senza permettermi di ribattere,uscí dalla sala. Rimasi li,impalata come un'ebete,indecisa sul da farsi e dubbiosa su vari fattori.

Perche sarei dovuta andare  con lui?

E che motivo aveva avuto per chiedermelo?

Perché non avevo semplicemente risposto "no,grazie lo stesso. Sei un fottuto sconosciuto e io con te non vengo" ?!

«Ragazzina,ti muovi o no?!» disse, risbucando dalla porta.
Scossi flebilmente il capo. «Arrivo.»
Aspetta..cosa?! "Arrivo?!" Lo avevo detto davvero?!

Indossai il cappotto e uscimmo dall'edificio. L'aria era piuttosto fredda, il cielo già tendente al blu. I lampioni della città erano accessi,illuminando il profilo delle strade d'asfalto percorse dalle auto.
«Allora: punto uno,voglio sapere dove andiamo, e punto secondo,voglio che sia una cosa veloce.»
«Lo sarà.» rispose. «E comunque non andiamo da nessuna parte,tranquilla. Voglio solo offrirti un caffè al bar.»
«E..perché?» chiesi.
«Ragazzina,sta un pò zitta.» disse, allungando l'angolo destro della bocca.
E iniziammo a camminare.

Giravo insistentemente il cucchiaino nella razza del caffè,osservando di tanto in tanto il ragazzo poco distante da me,intento a pagare alla cassa.
Ritornò poco dopo.
«Allora,dimmi un pò..» iniziò lui. «Da quanto fai questo "lavoro"?» chiese, mimando in aria le virgolette.
«Quasi cinque anni»
«Ah però!» esclamò. «E..come mai hai scelto di fare proprio questo?»
«Beh,é un pò difficile da spiegare. E ad essere sincera é una storia un pò lunga. Non mi basterebbe una nottata intera per raccontarla.»
«Uh,peccato..beh,sarà per la prossima volta allora.» disse con tono ironico. «É vero quello che hai detto ad Opal?»
«Che cosa?»
«Anche tu eri una tossicodipendente. Voglio dire..non era una storiella stupida quella,era..era vero?» chiese, afferrando la tazzina.
«Si,era vero. Ve l'ho già detto. Mi sono drogata per..» feci il conto. «..forse tre anni, o comunque giú di lí.»
«Di cosa ti facevi?» continuò lui,con le domande. Staccai le labbra dalla fredda ceramica della tazza e risposi.
«Eroina..» risposi,con non chalance. «Tanta eroina.» precisai. Lo sentii ridacchiare. Mi voltai verso di lui:aveva il capo chino sul bancone, e le mani su di esso, con le dita incrociate. «Non l'avrei mai detto.» disse, dopo vari minuti di silenzio.
«Detto cosa?» chiesi.
«Beh,non sembri proprio la tipa che si droga. Sembri..cosí ingenua, cosí buona..la tua apparenza ti maschera benissimo.» disse.
«Posso prenderlo come un complimento?»
«Prendilo come ti pare.» rispose, indifferente.

Uscimmo dal bar,e pian pian ci incamminammo verso l'edificio. Eravamo entrambi in silenzio,uno strano silenzio. Un silenzio cosi pieno di domande, cosi pieno di dubbi e incertezze. O forse non era il silenzio, forse era solo la mia mente ad essere piena, in quel momento, di dubbi e incertezze. Giungemmo a destinazione. Lo guardai,non sapendo che fare.
«Ti ringrazio Brooklyn. Mi hai tolto tante incognite.» disse. Lo guardai,interrogativa. «Non capisco.» dissi.
«Lo so,e non mi aspettavo che lo facessi.»
Avrei dovuto prenderla a male quella frase?
Feci per rientrare, quando, d'un tratto, mi fermai, involontariamente. Mi voltai nuovamente verso di lui. «Fammi capire una cosa: le tue incognite sarebbe il fatto che mi drogavo?»
«Si,anche quello.»
«Mettevi in dubbio la mia parola,giusto?»
«Si.»
«E allora..cosa ti ha spinto a cambiare idea?»
«Tu stessa,ragazzina.» disse,avvicinandosi lentamente. «Hai accettato di venire con me, senza sapere dove, per quanto tempo, ne il perche. Non te ne sei posto il problema, non avevi timore di me.»
«E con questo? Che significa?»
«Brooklyn,tu non avevi paura di venire con me. E solo i drogati non hanno paura dei drogati.»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now