Non avevo sonno,o meglio si, ne avevo fin troppo,eppure i pensieri non mi davano tregua,non mi lasciavano dormire. La loro era una presenza costante, immutata, che non cedeva, che non scemava neanche per un istante.
Mi giravo e rigiravo nel letto, prima da un lato poi dall'altro, supina, prona, laterale, non trovavo pace. Avevo cosi troppe domande e una quantità insufficiente di risposte..anzi,veramente non ne avevo neanche una.

Erano le 3. Ero immersa in quel religioso e tanto mistico silenzio, come un pesce nell'acqua.
Il cielo era scuro, cupo, chiuso, neanche una nuvola, neanche una stella..era vuoto, spoglio, svestito di ogni cosa:un vasto manto nero, senza inizio ne fine, una soffice pellicola, un tetto sotto il quale si celava il mondo che dormiva beatamente, mentre io, troppo presa dai miei pensieri, lo contemplavo, le labbra socchiuse, gli occhi colmi d'ammirazione, il battito tranquillo e regolare. Mi sentivo poco a poco fondermi, divenire un tutt'uno con quel cielo invernale, una trappola per lo sguardo di chi ama la notte, il buio, la solitudine, il silenzio.

Era una sensazione piacevole,la notte sembrava volermi tenere compagnia mentre io, troppo concentrata sulle mie domande, non sapevo che fare, se dormire e lasciar correre, o rimanere sveglia a pensare, cosa che, come potrete ben immaginare, feci.
Schiacciai la guancia contro il cuscino e vi misi sotto una mano, senza annullare quel contatto visivo tra me e il vetro della finestra. Perche quella situazione era tanto insolita quanto bella? Perche quella cosi profonda e fitta penombra riusciva a calmarmi,a darmi pace,a mettere ordine in tutto il complesso che era la mia mente incasinata? Perche stavo ammirando l'oscurità,il niente? Una sola risposta: condizione. Era il momento a rendere tutto cosi suggestivo, cosi magico, e la condizione di momentaneo "squilibrio" mentale poneva le basi per quella che era un'azione mia solita, incitava il mio desiderio di silenzio, alimentava quel senso di benessere che la notte mi infondeva.

Mi misi seduta,ancora con le gambe sotto le coperte,e allungai il braccio per accendere la lampada sul mio cassetto.
«Allora,facciamo il punto della situazione.» dissi, tra me e me,e presi a tenere il conto sulle dita della mano. «Un ragazzo, più precisamente un tossicodipendente eroinomane mai visto prima, cui non piace dire come cazzo si chiama alla gente, mi ha invitato a prendere un caffé al bar. Me l'ha offerto e mi ha dato modo di capire che secondo lui sono una bugiarda,in quanto non credeva al fatto che da ragazzina mi drogavo. Tutto nella norma direi.» dissi, dandomi l'impressione di star parlando a vanvera. «Poi però quella frase..cazzo,ma da dove le caccia quelle parole?! Solo i drogati non hanno paura dei drogati.  E io, come una perfetta imbecille, non gli avevo detto niente, forse per paura di poter dire qualcosa di sbagliato, o, ancor più probabile, di non riuscire a dire proprio niente. Eppure le parole sembravano non volere uscire, rimanevano bloccate in gola, sospese..» mi lasciai ricadere con la testa sul cuscino e le mani sotto di esso, sospirai. «Forse sono io che mi creo troppi problemi, troppi complessi. Forse non serve neanche a qualcosa. Ah,io e la mia solita mania di razionalizzare ogni cosa,quasi come se ogni cosa avesse davvero un proprio senso. Magari ce l'ha,ma non spetta a me sapere qual é.»
Avevo bisogno di togliere quei pensieri dalla mia mente, ne avevo troppo bisogno.
Presi il cullulare dal comodino e composi il numero di Astrid. Mi rispose, dopo pochi squilli.
«Chi é?» la sua voce roca e ancora impastata di sonno mi giunse alle orecchie.
«Astrid sono Brooklyn.»
«Ah,ciao..» la sentii sbadigliare sonoramente. «É successo qualcosa?»
«No no,tranquilla. É solo che..avevo bisogno di parlare un pò e mi sei venuta in mente tu.»
«Uh,onorata di essere nei tuoi pensieri. Che succede?»
«Ecco,volevo sapere..ti ricordi di quel ragazzo che mi mostrasti qualche giorno fa,prima di uscire dalla struttura?Quello appoggiato alla parete,tutto per i fatti suoi.»
«Si,certo,ricordo.»
«Ecco..per caso lo conosci?»
«Beh,conoscere oddio,é una parola grossa. Diciamo di si,ma conoscere di vista. É da tanto che frequenta la struttura e ho avuto modo di parlargli qualche volta.»
«Capisco,e..com'é?»
«Come dev'essere scusa? Ha due occhi, due orecchie, due braccia, si spera due testicoli..»
«Dai,seria..intendo,com'é di carattere.»
«Ah,dici di carattere...beh,devi essere piú precisa. Per quel che ne so,é un tipo abbastanza solitario,il solito ragazzo individualista. Non parla molto,si riduce a qualche parola di cortesia. Beh,si fa di eroina,ma questo penso l'avessi già intuito di tuo. E..poi cos'altro? Ah si,ha 23 anni,se la cosa ti interessa,e..é suo solito usare un sarcasmo molto cinico,non ha mai fatto a botte per quanto ne so,ma con le parole si dice riesca a farti sentire una merda. Le sa usare con estrema intelligenza. Quest'ultima cosa credo che però sia soggettiva. Ti basta?»
Se mi basta? No cazzo,é anche troppo. Non hai fatto che aumentare la mia curiosità verso di lui. Maledizione Astrid!
«Ehm..certo,va benissimo. Ti ringrazio Astrid.»
«Figurati.»
E misi giú.

Virginia's pov

No,bambina mia ti prego no..non fare lo stesso errore che ho fatto io,tu sei ancora in tempo per fermarti, puoi ancora farcela, ma ti scongiuro, ti prego, fermati ora. Non meriti di soffrire come ho sofferto io, tu non meriti niente di tutto ciò che ho dovuto sopportare io.
Appoggiai la schiena contro la porta scura e fredda della sua camera. Sentivo ogni sua parola, ogni suo sospiro, ogni suo respiro, ogni suo singolo movimento. E pensavo, pensavo ai miei sbagli, alla mia ingenuità, e speravo,per una volta speravo che non si comportasse come me. «No amore mio, non farlo, tu sei migliore di me, sei piú forte di me..ti prego,non farlo..»
«Mamma?!»

ASSENZIO - AXENHTIUM Where stories live. Discover now