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Una volta mi hai detto che, proprio nel momento in cui appoggio delicatamente la penna sul foglio del mio quadernino azzurro, qualcuno vuole scrivere insieme a me.
Mi hai detto che c'è chi, mentre impugno la penna, sta pensando a come trasformare le proprie emozioni in versi.
Mi hai detto che alcuni ascoltano una canzone prima di incidere le loro lettere d'inchiostro e che c'è chi, per dare spazio alla propria fantasia, appaia note per comporre una melodia.
Mi hai detto che, per far roteare lo stilo sul foglio bianco, ci vuole preparazione, ma non troppa; mi hai detto di seguire l'istinto e poi di pensare alle parole. ma quando parlavi di parole, non intendevi i semplici caratteri, non è così?
Per scrivere, bisogna dire la verità. certamente, bisogna anche lasciar vagare l'immaginazione nei posti più lontani e sconosciuti, dicevi ancora. sincerità di emozioni, però.

Mi hai detto di conoscere chi, mentre io guardo innocente il paesaggio al di fuori del finestrino del mio pullman, sta appena incominciando a scoprire il mondo e i suoi significati.
E, mi hai detto, non parlavi solo dei neonati.
Mi hai detto che, quando io guardo le righe blu della pagina cercando dei versi che le riempiano, qualcuno culla con il suo palmo la guancia di un caro, e che c'è chi soffre, e chi è spaventato, e chi scopre la felicità, e chi conosce le torture, e chi cammina per la mano, e chi ha paura di amare, e chi vive, e chi muore.
Mi hai detto che, in quei minuti in cui un bambino sta giocando nel cortile, un altro sta camminando per le strade e ne sta scoprendo ogni odore; poi ne vede ogni colore: gli volano incontro le foglie gialle che cadono dai rami o gli spuntano accanto ai piedi le margherite della primavera.
Mi hai detto che anche un solo schiocco di dita, o uno sguardo, o un monosillabo provocano un sentimento.
Ed io ti credo.

Ti credo, davvero, ma non riesco a sentirne neppure più uno.
La penna che, oggi, è a distanza minima dal solito spazio di scrittura,  non ha più che dire.
Il mio cuore non è più dettatore di emozioni e sento dentro di me un vuoto intracosmico.
E mi risucchia un vuoto extracosmico, come se non esistesse più lo spazio neppure al di fuori della mia anima.
Un grande, unico, vuoto: dov'è il centro, l'alto, il basso, la destra, la sinistra, di questa profonda ignota infinità?

Oggi, mi sembra di non poter emettere neanche un sospiro, di non poter offrire più nulla al mio caro quadernino. Mi hai detto di scrivere con sincerità: ma se non sapessi più qual è la verità?

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