Capitolo 55

5.9K 327 204
                                    

«Cosa ci fai qua?» sento dire dalla sua voce calda e suadente.

Provo la stessa sensazione che si prova sulle montagne russe, quella scarica di adrenalina insieme alla sensazione di vuoto e a quel pizzico di paura che rende il tutto ancora più eccitante. E, esattamente come le giostre più alte, c'è quell'ansia dovuta all'ignoto, al fatto di non sapere cosa succederà dopo, quale giro della morte o quale salto ci sarà, perché è tutto talmente veloce che non ti permette di prevedere nulla.

«Non sembri molto felice di vedermi.» constato con una lieve smorfia di dispiacere.

«Sono scioccato in realtà.» scuote la testa lui, come per riprendersi, ancora frastornato dalla mia presenza.

«In modo positivo o negativo?» azzardo io osservandolo dritto negli occhi.

«Scioccato e basta.» alza le spalle e sembra davvero che oltre allo stupore ci sia indifferenza, «Come hai fatto a trovarmi?»

«Clair mi ha dato il tuo indirizzo.» spiego io abbassando lo sguardo, capendo che lui voleva essere irrintracciabile per me.

«Ok.» annuisce lui comprensivo.

«Wow mi aspettavo una reazione decisamente diversa.» replico alzando gli occhi al cielo.

«E cosa ti aspettavi?» mi chiede lui con un tono che mi sembra un po' acido addirittura.

«Un ciao come stai? Un sorriso?» lo osservo come se fosse ovvio.

«Ciao, come stai?» abbozza un sorriso palesemente ironico mentre piega leggermente la testa.

«Sei serio?» alzo un sopracciglio e incrocio le braccia al petto innervosita.

«Piombi qua all'improvviso senza una spiegazione e io dovrei sorridere? Cos'altro dovrei fare poi? Dare una festa in tuo onore?» il tono con cui dice queste parole mi lasciano sbigottita a tal punto che non riesco neanche ad esserne rattristata.

«Ma come fai ad essere così stronzo?» mi ritrovo ad urlargli contro, ormai ci sono abituata.

«Stronzo? Non ti ho chiesto io di venire qua per poi reagire male Chanel, non ti ho chiesto di interessarti a me, non ti ho chiesto niente!» alza la voce quanto me ed ora sembra davvero innervosito dal mio comportamento.

«Quindi credi di potermi trattare male e non rispettarmi solo perché non mi hai chiesto niente?» chiedo io, senza aspettarmi davvero una sua risposta.

«Insomma ma cosa vuoi da me? Dimmi cosa vuoi!» credo di averlo visto poche volte così nervoso ed esasperato, si alza e comincia a girare per il salotto senza una meta precisa, poi apre la finestra ed estrae una sigaretta dal pacchetto che teneva in tasca. La accende, la porta tra le labbra ed inspira con calma.

«Nulla.» alzo le mani in segno di resa, «Volevo solo parlarti, vederti, almeno salutarti siccome tu non hai neanche avuto il buon senso e l'educazione di farlo prima di partire.»

«E questo avrebbe dovuto farti capire che non volevo vederti, no?» si volta un attimo per guardarmi, tiene la Marlboro tra le dita e il braccio sul davanzale.

«E questo cos'avrebbe dovuto farmi capire?» alzo il braccio, tirando su un po' la manica della giacca per fargli vedere il braccialetto.

«Te l'ha dato Clair?» mi chiede, ora contrastando il mio tono arrabbiato con una strana calma.

«Sì.» rispondo secca, cerco di decifrare la sua espressione strana, forse dispiaciuta.

«Le avevo detto di non farlo!» esclama lui guardandolo e poi scuote la testa.

«Lo so e si sentiva in colpa, ma ha visto come stavo e non è riuscita ad evitarlo.» la giustifico io, ora senza il mio sguardo posato su di lui.

«Sei venuta fin qua per quello? Non era un-» prova a dire mentre spegne la sigaretta in un portacenere.

«No!» non lo lascio finire e mi affretto a parlare mentre lui ritorna seduto sulla poltrona, «Sono venuta per te Zayn! Non lo capisci?»

Mi alzo senza pensarci e mi fiondo verso di lui come una furia, sedendomi poi sul bracciolo per stargli più vicina, per sentire il suo profumo, per avere il contatto con i suoi occhi scuri e sfuggenti.

«Non dovevi venire!» mi rimprovera distogliendo immediatamente lo sguardo.

«Wow.» ridacchio io nervosamente, scuotendo la testa.

«È la verità Chanel, non dovresti essere qua.» scrolla le spalle come per giustificarsi.

«Hai ragione, non dovrei essere qua, non sarei dovuta venire.» annuisco lentamente tra me e me con un leggero broncio, poi mi alzo prendendo la mia borsa e il trolley e avviandomi verso la porta a passo deciso e svelto.

Apro la porta e sto quasi per uscire quando sento il mio nome, pronunciato dalla sua bellissima voce praticamente in un sussurro, quasi come se non dovessi sentirlo.

Mi giro e lui è in piedi, mi sta guardando negli occhi così intensamente da lasciarmi senza respiro, facendomi capire che non vuole davvero che io me ne vada.

«No!» esclamo io più decisa che mai gettando la borsa a caso sul divano e lasciando la valigia al centro della stanza per raggiungerlo, «Cazzo smettila di continuare a giocare con me, smettila di mentirmi, smettila di allontanarmi e poi riavvicinarmi. Non ne posso più!»

«Non ci riesco. Ecco perché non volevo che tu venissi qua.» mi indica, come per farmi capire che la mia reazione è proprio ciò che cercava di evitare.

«Perché?» mi metto davanti a lui con le mani sui fianchi, «Perché mi odi così tanto da non potermi vedere?»

«Perché sto cercando di toglierti dalla mia testa, ed è impossibile con te qua!» ammette parlando velocemente, ormai senza fiato. 

PillowtalkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora