Capitolo 19

9K 467 506
                                    

Questa volta ha esagerato davvero, non si tratta più di un semplice gioco o di qualche stupida sfida tra di noi. Ha usato la bulimia per distruggermi, insieme a quella che pensavo fosse una mia amica. Non posso credere che abbia detto tutto a Sarah, dopo essermi confidata con lui e avergli raccontato della mia vita completamente in lacrime.

Certo, ho sempre saputo che è un egoista, maleducato, presuntuoso ed egocentrico ma quello che ha fatto stasera va ben oltre.

«Chanel,» è Cameron che, dopo aver bussato, apre appena la porta, «posso?»

«Sì.» rispondo mettendomi seduta meglio sul letto, con il cuscino appoggiato alle mie cosce.

«Volevo controllare che stessi bene prima di andare a casa.» mi informa con tono dolce e gentile, entra quasi in punta di piedi con un sorriso smagliante.

«Sto bene. Torni già a casa?»

«Sì, se ne sono andati tutti e ormai è tardi.» annuisce lui con convinzione.

«Ok, grazie Cameron.» dico sincera.

«Figurati.» alza le spalle con la solita espressione gentile.

«Grazie per tutto.» insisto io osservandolo con serietà.

«Non ho fatto niente.» si avvicina e appoggia le sue labbra alla mia guancia, premendo molto. Sento il suo profumo non molto intenso, quasi fruttato.

«Hai fatto tantissimo invece. Avevo bisogno di sentirmi dire quello che mi hai detto.» ammetto.

«Chanel quando vorrai parlare con me o vorrai anche solo vedermi, ti basterà digitare il mio numero e io correrò da te, ok?»

«Sì,» annuisco lusingata dalla sua dolcezza, «grazie.»

«Smettila di ringraziarmi!» ride lui e mi bacia di nuovo la guancia.

«Ok.» sorrido mentre mi sposta una ciocca di capelli dal viso e avvicina le sue labbra alle mie ma, istintivamente, volto leggermente il viso per non permettergli di baciarmi.

«Bene,» sussurra forse un po' deluso siccome è ritornato serio, «ci vediamo ok?»

Mi limito ad annuire a lui mi saluta con un cenno della mano prima di uscire dalla stanza.

Lascio sfuggire un sospiro dalle mie labbra, mi sento quasi in colpa per averlo salutato in modo così freddo nonostante la sua dolcezza. Forse ci sono troppe cose in sospeso con Zayn che non mi permettono di rilassarmi e pensare alle morbidissime labbra di Cameron o alle sue parole gentili e sincere.

Mi ci vuole tutta la forza per riuscire a mettermi in piedi e decidermi a scendere. Indosso dei pantaloni della tuta e una maglietta larga e sbiadita, poi mi lavo il viso eliminando qualsiasi residuo di trucco sbavato. Faccio un lungo respiro mentre percorro le scale per raggiungere il mio fratellastro e, scendendo le scale con piccoli saltelli, raccolgo nervosamente i capelli in un'alta coda di cavallo improvvisata. Quando arrivo nel salotto posso notare il silenzio, la mancanza di persone, le luci basse, bicchieri vuoti ovunque, bottiglie sparse qua e là e oggetti che non sono al loro posto e... Lui.

Con l'espressione affranta di chi ha dovuto annullare una festa, Zayn è dietro al bancone di marmo a riordinare qualcosa mentre Naomi sta mettendo a posto il tavolo.

«Tu!» esclamo urlando con tutta la rabbia che ho dentro.

Lui alza lo sguardo e, vedendomi, il suo volto cambia notevolmente espressione mentre io corro quasi contro di lui, sentendo il freddo pavimento sotto ai miei piedi scalzi.

«Brutto stronzo!» aggiungo e, in un attimo, mi ritrovo davanti a lui con la rabbia che mi bolle nel sangue.

In questo momento l'unica cosa che vorrei fare è schiaffeggiarlo, umiliarlo come lui ha fatto con me, urlargli contro tutto quello che provo adesso e il disgusto che mi provoca.

«Cosa?» sembra addirittura stupito mentre appoggia a terra il sacco della spazzatura per prestarmi attenzione.

«Come hai potuto farmi una cosa del genere?» chiedo furiosa con il nervosismo che cresce in me ad ogni secondo che passa.

«Fare cosa?» è tranquillo e finge di non sapere di cosa sto parlando, come se poco fa non fosse successo niente.

«Come hai potuto dire a Sarah della bulimia? Come cazzo hai potuto Zayn?» continuo a gridare, tanto che Naomi è rimasta ferma per un attimo con gli occhi sgranati per poi andarsene via e lasciarci soli.

«Non ho detto nulla a Sarah!» Cerca di giustificarsi lui e per un attimo mi sembra addirittura sincero.

«Ah no? Eri l'unico a saperlo!» la mia voce ormai ha raggiunto un livello anormale, risultando addirittura roca.

«Puoi calmarti?» domanda con una pacatezza che mi innervosisce ancora di più.

«Calmarmi? Mi stai chiedendo di calmarmi dopo che tutta la scuola sa del mio problema per colpa tua?» mi avvicino a lui con fare minaccioso.

«Io non ho detto niente, non so più come dirtelo, non l'ho detto a Sarah.» alza le mani in segno di resa e poi prende una bottiglia e apre l'anta di un mobiletto per riporla al suo interno.

«E se lo è inventata vero?» lo interrogo con le mani sui fianchi e il piede che batte nervosamente sul pavimento freddo.

«Non lo so ma sono sicuro di non averle detto niente. A malapena parlo con lei!» esclama e si volta per tornare a guardarmi.

«Allora a chi altro lo hai detto?» insisto, mi sono un po' calmata forse ma non riesco a smettere di gridargli contro.

«Te l'ho già detto! A nessuno! Nessuno.» Scandisce bene lettera per lettera, «Come devo dirtelo?» ora si sta innervosendo anche lui, lo noto dallo sguardo e dal tono della voce.

«Tu mi hai sempre odiata e finalmente hai trovato il modo per allontanarmi da chiunque!» concludo incrociando le braccia al petto.

«Perché non capisci?» scuote la testa aggrottando la fronte.

«Io mi sono fidata di te, io ti ho raccontato della mia vita e dei miei problemi, io ho lasciato che tu sapessi cose che nessun altro al mondo sapeva.» appoggio i gomiti sul bancone con la testa tra le mani.

«Me ne stai facendo una colpa? Non ti ho chiesto io di farlo.» osa replicare alzando le spalle per giustificarsi,

«E se tornassi indietro nel tempo non lo farei mai, perché ti odio!» concludo urlando, mi avvicino ancora di più a lui pronta a sferrargli uno schiaffo in pieno viso ma lui riesce a prendermi la mano e a bloccarla prima che raggiunga la sua guancia.

«Mi odi? Bene, non mi interessa assolutamente niente perché anche io odio te.» lui ora sembra molto più calmo, tiene stretta la mia mano nella sua.

«Tu mi odi? E per cosa?» domando, ora addirittura stupita. Lui odia me nonostante mi abbia rovinato la vita?

«Per odiarmi.» alza le spalle.

«Beh allora devi odiarmi veramente tanto,» preciso io smettendo di gridare, «perché non puoi neanche immaginare quanto ti odio io!»

«Bene. Allora ti odio tantissimo.» risponde impassibile come un bambino capriccioso.

«Io ti odio molto di più!» gli grido contro cercando di liberare la mia mano intrappolata ancora nella sua, ma lui non me lo permette.

«E io...» inizia, per poi smettere di parlare.

Per qualche secondo rimaniamo fermi a guardarci, immobili, senza dire niente. Ci osserviamo e basta, ci guardiamo intensamente negli occhi, questa volta come non abbiamo mai fatto. Io aspetto che lui termini la frase, ancora nervosa, nonostante i suoi occhi scuri e profondi siano riusciti a placarmi un po'.

Succede tutto così velocemente che non riesco neanche a realizzare che, con una mano appoggiata dietro alla mia testa, mi sta tenendo ferma per poi avvicinarsi in un attimo e appoggiare le sue labbra alle mie. 

PillowtalkDove le storie prendono vita. Scoprilo ora