Capitolo 49 - Piero's pov

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Nel frattempo, a casa...

Stavo perdendo le speranze. Eravamo ormai quasi a metà agosto e tra me e Caterina non c'era ancora stato neanche un minimo di dialogo dopo quella maledetta mattinata di lunedì 26 giugno.

Lorenzo ci aveva finalmente perdonati, Annalisa e Alessio erano sempre stati dalla nostra parte, e a quanto pare persino Francesca aveva intenzione di dare una possibilità ad Ignazio. Ma io niente, meno di zero: dopo svariati tentativi continuavo a trovarmi sempre al punto di partenza, e a quel punto non sapevo più come altro agire.

Cercavo di mostrarmi sereno in presenza dei miei coinquilini e di Venditti per non farli preoccupare, ma solo io sapevo cosa stessi provando in quelle settimane. Trovare la concentrazione per riuscire a studiare diverse ore al giorno e preparare la tesi diventava sempre più difficile e questo era un male, dato che agli inizi di ottobre mi sarei laureato.

Dopo svariate ricerche al computer e un paio di ore spese a riordinare gli appunti, piuttosto demotivato, decisi di passare il resto di quel sabato sera a letto a dormire, o magari solamente a riflettere.

Guardai l'orologio, erano le otto. Fortunatamente in quel momento ero solo in casa, e né Gianluca né Ignazio avrebbero potuto rimproverarmi per quella mia pennichella: Gianluca era in giro con Lorenzo, mentre per Ignazio era finalmente arrivato il grande giorno della cena con Francesca.

Raggiunsi la mia camera, mi sdraiai sul letto e acciuffai il mio lettore mp3 dal comodino. Feci partire E lucevan le stelle, la famosa aria della Tosca interpretata dal mio idolo Plácido Domingo, e chiusi gli occhi.

E lucevan le stelle...
Ed olezzava la terra,
Stridea l'uscio dell'orto...

Mi lasciai trasportare dalle note soavi dell'opera, finendo per addormentarmi pochi minuti dopo.

***

Erano le dieci di sera e mi stavo dirigendo verso casa di Caterina. Le avrei provate tutte, ero deciso a non arrendermi, e quella volta sarei passato al piano B: dovevo essere più determinato, non me ne sarei andato così facilmente. Avrei combattuto per riprendermi quello che avevo perso, finché non lo avrei riottenuto.

Fortunatamente potei evitare di suonare al portone del palazzo, dato che era stato appena aperto da un anziano signore che stava uscendo proprio in quel momento. Meglio così, pensai, almeno non ho rischiato di rimanere fuori se Caterina non avesse voluto aprirmi.

Presi l'ascensore e giunsi davanti al portone di casa sua in t-shirt e pantaloncini, dato il caldo di quella sera d'agosto, e suonai il campanello. Avrei contato solo sulle mie forze e sulle mie parole.

Mi aprì una Caterina in pigiama, struccata e occhialuta, la quale non appena si rese conto di chi fossi cercò di sbattermi la porta in faccia senza proferire parola, ma prontamente io la bloccai con un piede.

«Eh no, stavolta no.» Esordii in tono di sfida. Mi feci spazio e raggiunsi la soglia d'entrata, riuscendo a superare Caterina piuttosto facilmente essendo più forte di lei.

«Che sei venuto a fare?» sbuffò, irritata.

«A parlare con te, mi sembra ovvio» ribattei fermamente, bloccandola per un braccio.

Con una strattone, Caterina si liberò dalla presa. «E se io non volessi?»

«Non mi interessa, voglio farlo io» replicai a tono. Quella volta non gliel'avrei data vinta.

Afferrai fulmineamente la maniglia della porta per poterla chiudere, e come previsto la mia ex ragazza tentò di fermarmi.

«Piero, non entrare.»

In questo mondo di ladriWhere stories live. Discover now