Capitolo 25 - Gianluca's pov

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Il nostro weekend stava trascorrendo davvero bene, per me era sempre una gioia ritornare per un po' nella mia vera casa, a Montepagano.

La sera prima eravamo arrivati a Roseto stanchi morti, e dato che in quel momento i miei genitori erano ancora a lavoro avevamo dovuto aspettare l'autobus delle otto per raggiungere il mio paese. Dopo una cena piuttosto rapida a casa mia ci eravamo ritirati subito in camera per riposare: fortunatamente mio fratello Ernesto era in gita scolastica in quel periodo, pertanto la sua stanza era libera e avrei potuto ospitare tranquillamente Ignazio e Piero da me.

L'indomani, di sabato, stranamente fui il primo ad alzarmi. Iniziai a prepararmi per la giornata facendo attenzione a non svegliare i miei amici, salutai mia madre e andai a fare colazione al mio solito bar in piazza, il bar BereBene, praticamente a pochi passi da casa. Dopo essermi intrattenuto qualche minuto con i baristi per aggiornarli delle ultime novità mi diressi al Largo del Belvedere, luogo dove ero solito recarmi per riflettere e meditare.

Osservai attentamente il panorama che mi si presentava davanti come se fosse stata la prima volta: gli alberi, le colline, la spiaggia di Roseto, il mare, quel meraviglioso paesaggio avrebbe sempre continuato ad affascinarmi. Tirai fuori il cellulare e scattai una foto, appuntandomi mentalmente di pubblicarla su Instagram.

Erano passati solamente quattro mesi dall'ultima volta che ero tornato lì a Montepagano, ma ogni volta a me sembrava una vita.

In paese ci conoscevamo un po' tutti, se avevi bisogno di aiuto sapevi sempre sempre a chi rivolgerti... Eravamo una grande famiglia, insomma. Non era di certo come a Venezia, e questa cosa mi mancava parecchio. Come mi mancavano anche i miei migliori amici di Roseto, Alessio Sangiacomo e Sami Kadriu, che fortunatamente avrei rivisto a breve.

Proprio quel pomeriggio, infatti, ci mettemmo d'accordo per andare in pizzeria tutti insieme. E chissà, magari stavolta Ignazio avrebbe anche battuto il suo record dei sessanta arrosticini.

Dato che noi tre eravamo sprovvisti di macchina, Alessio e Sami ci vennero a prendere alle sette in punto e un quarto d'ora dopo eravamo già sul luogo: Pizzeria Don Franchino, gestita dalla famiglia di un altro dei miei migliori amici, Marco Cardelli, che da tempo si era però trasferito a Dubai.

«Mii, ma così presto mangiate?» commentò Ignazio scendendo dal veicolo.

«Jamm Ignà, ca tenom fam!» lo esortai in paganese. Prima avremmo finito di mangiare e più tempo avremmo avuto per farci un giro dopo cena.

Una volta dentro salutai i signori Cardelli e mi fermai un attimo a parlare con la sorella di Marco, Maria, facendo cenno agli altri di iniziare a prendere posto. Era un peccato che Maria e mio fratello si fossero lasciati ormai da un anno, non mi sarebbe dispiaciuto in un futuro essere imparentato con la famiglia del mio migliore amico.

Quando raggiunsi i miei amici al tavolo, seguito dal cameriere, loro non esitarono neanche per un istante a ordinare le proprie pizze preferite. Tranne Ignazio, deciso come non mai a battere il suo record di arrosticini.

Tutti e cinque insieme iniziammo a parlare del più e del meno, in particolare dell'università e dei miei ricordi d'infanzia con Alessio, Marco e Sami, quando ad un tratto a Piero squillò il telefono. Leggendo il nome sullo schermo il nostro amico dagli occhiali rossi si alzò e si allontanò posizionandosi nei pressi della toilette, come se non avesse voluto farci sapere nulla della conversazione. Chi poteva mai essere?

Mi rivolsi allora al mio coinquilino siciliano. «Ignà, ma che ha Piero oggi? Anche stamattina quando lo hanno chiamato si è allontanato senza dire niente.»

«Non ne ho idea, Gianluco» scrollò le spalle, distogliendo un attimo l'attenzione dai suoi sessantuno arrosticini. «Se è qualcosa di importante, prima o poi ce lo dirà.»

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