Capitolo 36 - Gianluca's pov

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Quella mattina mi svegliai con i raggi del sole che filtravano leggermente attraverso la serranda semichiusa di camera mia.

Giugno era ormai iniziato da una settimana buona, e l'aria d'estate cominciava a farsi sentire: forse anche grazie a quell'atmosfera, mi alzai di buonumore e andai immediatamente a fare colazione, per poi iniziare a ripassare... Purtroppo.

Piero mi raggiunse un'oretta più tardi, mentre Ignazio non ebbe intenzione di alzarsi dal letto fino a quando non arrivarono le undici.

«Ti sembra l'ora di alzarsi questa? Sono tre giorni che ti alzi tardi» lo rimproverò Piero, divertito ma quasi sconcertato dalla situazione.

«E quindi?» bofonchiò lui, sbadigliando.

«E quindi dovresti avere un minimo di coscienza nell'alzarti prima e metterti a ripassare. Ti ricordo che siamo sotto esame, Ignà! Letteratura italiana moderna e contemporanea, ti dice niente?»

«In effetti manca solo una settimana» aggiunsi io. «E una settimana prima di un esame uno studente universitario non dovrebbe passare le sue mattinate a dormire.»

«Sappiate che mi sono offenduto, non è una comportazione da amici questa» replicò Ignazio, alzando un sopracciglio.

Vidi Piero alzare gli occhi al cielo e mettersi le mani ai capelli.

«Ignà, ma come parli?» risi.

«Questo è il dizionario boschettiano, prossimamente nelle migliori librerie!» annunciò lui cercando di mantenersi il più serio possibile, per poi sparire nuovamente.

***

Nel pomeriggio, come ormai ero solito fare da quando le lezioni erano terminate, mi recai nella biblioteca dell'università per ripassare. Almeno avrei cambiato ambiente, preso un po' d'aria e incontrato persone che non fossero i miei coinquilini.

Proprio mentre ero immerso nella lettura di un capitolo del Viaggio Sentimentale di Foscolo, però, una figura a me nota prese posto davanti a me e non potei fare a meno di alzare lo sguardo: era Francesca, in compagnia di Caterina. Le due ragazze mi salutarono con un cenno della mano ed io ricambiai, dopodiché ognuno tornò a concentrarsi sul proprio libro.

Dopo un'oretta di studio in religioso silenzio, inaspettatamente notai Francesca richiamare la mia attenzione.

«Pssst! Gian!»

Sollevai la testa e mi rivolsi a lei. «Dimmi.»

«Dopo ti devo parlare» sussurrò.

Perplesso, accennai un "ok" e cercai di concentrarmi nuovamente su letteratura. Ogni tentativo fu però vano, dato che la mia mente continuava a pensare a cosa Francesca volesse dirmi di tanto importante.

Passò più o meno un'altra ora prima che Francesca si alzasse dal tavolo e mi invitasse a seguirla verso i distributori automatici, mentre io continuavo ad arrovellarmi il cervello pensando al suo futuro discorso.

«Mi devo preoccupare?» esordii.

Lei accennò una risata. «No, no, assolutamente! Volevo solo chiederti di accompagnarmi in un locale questo sabato.»

Sbarrai gli occhi. Francesca Michielin aveva davvero chiesto a me di farle compagnia il sabato sera?

«Un locale?» ripetei.

«Sì, ma è una cosa tranquilla. È un jazz club... Sapete che non mi piacciono gli ambienti movimentati» mi spiegò.

«Ah, il Venice Jazz Bar!» mi illuminai. «Non ci sono mai stato, lo sai? Ma mi farebbe piacere andarci, dopotutto sono stato tutti gli anni al jazz festival di Montepagano.»

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