Capitolo 23 - Gianluca's pov

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Tra ultime lezioni, pomeriggi di studio e sere con gli amici, i primi giorni di maggio erano trascorsi abbastanza in fretta. Da quando Ignazio aveva avuto quella breve ed inaspettata conversazione con Venditti al supermercato, però, l'ansia si era impossessata di tutti noi, in particolare di me: per quanto tempo saremmo potuti ancora andare avanti in quella maniera senza farci scoprire e senza lasciarci sfuggire nulla? Era passato più di un anno ormai, e nascondere un segreto così grande facendo finta di niente con tutti stava diventando sempre più difficile.

Uno di quei pomeriggi, però, ebbi un'idea: dato che Ignazio aveva raccontato a Venditti, mentendo, che avremmo trascorso il weekend a Roseto, proposi ai miei coinquilini di trasformare quell'improvvisata bugia nella pura verità. Avremmo staccato un po' la spina dai problemi, dallo studio, dalle rapine, e in più saremmo spariti dalla circolazione lì a Venezia... Se quel fine settimana avessimo beccato Venditti in giro un'altra volta avrebbe capito subito che Ignazio gli aveva mentito e si sarebbe insospettito notevolmente.

Piero e Ignazio accolsero di buon grado la mia proposta e furono d'accordo con me: non potevamo assolutamente permettere che accadesse una cosa del genere. E così eccoci lì, alle dieci e venti in punto di venerdì cinque maggio, alla stazione ferroviaria Santa Lucia in attesa del treno delle 10:42 con il quale avremmo raggiunto la stazione di Bologna. Ne avremmo poi preso un altro fino alla stazione principale di Ancona e infine un ultimo che ci avrebbe finalmente condotto alla mia amata Roseto degli Abruzzi: in tutto ci avrebbero aspettato quasi otto ore di viaggio, per farla breve.

Facemmo i biglietti e trascinammo i nostri trolley fino al binario dove si sarebbe fermato il treno per Bologna, dopodiché ci sedemmo tutti e tre sull'unica panchina rimasta libera. Era stata già una fortuna averne trovata una, data la grande affluenza di quella mattina.

Nonostante avessimo fatto colazione un'ora prima, Ignazio aveva già tirato fuori dallo zaino una bella pizza con la mortadella iniziando a scartarla con nonchalance.

«Ignà, ma non ti è bastata la dieta di cinque anni fa?» scherzò Piero.

Ma lui se ne infischiò e iniziò a mangiare tranquillamente. «Tu pensa per te che a me ci penso io, u capisti? E ti dirò di più, domani devo assolutamente provare a battere il mio record di sessanta arrosticini.»

Ebbene sì, tre anni prima, quando noi tre ci eravamo appena conosciuti, li avevo invitati da me ed eravamo andati in una pizzeria appena fuori Montepagano a mangiare gli arrosticini, o come diciamo noi "li rustell". Normalmente una persona quando ha davvero fame ne mangia massimo una trentina, ma Ignazio era riuscito a mangiarne ben sessanta, alla faccia di tutta la fatica che aveva fatto al liceo per perdere trentacinque chili.

«M'arcummann, Ignà, non ti finire anche i nostri domani sera!» intervenni allora io.

«Stai tranquillo, Gianluco, li ordinerò separatamente!» mi fece l'occhiolino, sventolando la sua pizza.

***

Ore 12:40, eccoci finalmente a Bologna centrale. Il treno per Ancona sarebbe passato alle 13:35, quindi avremmo avuto all'incirca un'ora libera.

«Che minchia facciamo un'ora adesso?» si lamentò Ignazio.

«Innanzitutto io e Gianluca pranziamo» lo avvertì immediatamente Piero, riafferrando la sua valigia «Dopodiché possiamo anche fare un giro nei paraggi. Tu dovresti conoscere bene la città, o sbaglio?»

In effetti Bologna era la città natale di Ignazio, lui vi si recava spesso e di certo la conosceva meglio di noi due.

«Certo, ma in meno di un'ora si può fare poco o niente» obiettò.

In questo mondo di ladriWhere stories live. Discover now