Capitolo 14 - Marco's pov

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La mia vita era assurda.

Mi sembrava di essere in una di quelle fiction televisive nelle quali esistono gli arcinemici che sbucano dal tuo passato come un operaio da un tombino. Sul serio, dov'erano le telecamere nascoste?

Avevo incontrato l'uomo che mi aveva rovinato l'adolescenza in un bar e adesso eccolo a lavorare nella stessa banca dove ero impiegato. Sotto falso nome. Oh sì, adesso si chiamava Alberto Qualcosa, come se fosse normale per una persona cambiare nome da un giorno all'altro.

Tuttavia avevo un brutto presentimento sulla faccenda, e più ci riflettevo, più l'idea che mi ero fatto della sua presenza nella banca mi sembrava plausibile...

«Ho un lavoro stabile, aiuto le persone a risolvere problemi.»

«Non preoccuparti Marco, l'investigatore che ho assunto ha un ottimo piano, lo vedrai!»

Temevo che fosse lui l'investigatore privato, che fosse questa la ragione per cui si faceva chiamare con un altro nome.

Se avessi riflettuto ancora sulla questione sarei diventato matto, e non avrei certo potuto chiedere spiegazioni a Venditti: che scusa mi sarei inventato per giustificare la mia curiosità?

L'unico modo per capire cosa stava succedendo era affrontare direttamente Giacchetti per poi trovare il modo di buttarlo fuori dalla banca, e anche in fretta.

Non vedevo l'ora che si concludesse la giornata per agire: avrei fermato Giacchetti fuori dalla banca e lontani da occhi indiscreti lo avrei interrogato. Ero sicuro che non fosse una brava persona come voleva far credere al mio capo, e avrei fatto il possibile perché venisse licenziato in tronco.

Proprio quando stava per scoccare l'orario di chiusura, vidi Giacchetti dirigersi verso le scale che portavano all'ufficio di Venditti. Non avrei potuto trovare conferma migliore alle mie ipotesi, ma avevo comunque bisogno che fosse lui stesso a confessare di essere il "famoso" detective.

Aspettai che uscisse, appostandomi fuori non lontano dalla porta girevole della banca. Non dovetti aspettare molto prima di vederlo, probabilmente aveva fatto solo un rapporto veloce e infruttuoso.

Lo afferrai per i lembi della giacca con entrambe le mani e trascinandolo lo portai a sbattere contro un muro fuori dal cerchio di luce disegnato da un lampione lì vicino.

Da quando sono diventato così violento?

Non lasciai la presa, aspettando che lo sguardo spiazzato e terrorizzato di Giacchetti si tramutasse in uno di realizzazione una volta riconosciuto il volto del suo "assalitore".

E infatti: «Ah, certo. Chi altri voleva essere?», accompagnando la frase con una risatina consapevole.

Lo lasciai, ma lo tenni inchiodato al muro con il mio sguardo. «Adesso tu mi dici che cazzo ci fai nella mia banca e cos'è questa storia del nome. E farai bene a fare un discorso dettagliato.»

Ancora risate, risate incredule. Poi mi rivolse un'occhiata di compassione mista a scherno, del tipo che si rivolge ai bambini quando non capiscono le regole della buona educazione. «Te l'avevo detto che con il mio lavoro aiuto le persone. Non ci sei ancora arrivato? Il tuo capo mi ha assunto come investigatore privato e sto agendo sotto copertura. A discapito di quanto tu possa pensare, sono famoso per la mia affidabilità.»

Ma il suo tono mellifluo lo tradiva. «Non me la bevo, sai? Le persone come te non cambiano mai. Te lo leggo negli occhi.»

«Ah sì? E cosa ci leggi, Sherlock?»

Indossava quel suo sorrisetto odioso da quando eravamo lì, e continuava a guardarmi dall'alto in basso come era solito fare nei corridoi della scuola, una vita prima.

In questo mondo di ladriWhere stories live. Discover now