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Per Lorenzo iniziò la permanenza nell'orfanotrofio del capoluogo milanese, laddove sarebbe rimasto per parecchio tempo. Da indagini basilari sarebbe potuta emergere la sua identità, ma era stato dato per morto nel rogo della sua abitazione, per cui quando disse di non ricordare chi fosse o dove venisse, la sua versione venne accettata e prima di entrare nella ingente famiglia di bambini senza genitori gli venne dato un nuovo nome. Mattia. 

Durante quel lungo lasso di tempo, Lorenzo venne trattato con riguardo e affetto, tanto dalle Suore che gestivano l'istituto, quanto da ogni operatore esterno avente il compito di interagire con i bambini, i quali cercarono di instaurare un rapporto attivo con il nuovo arrivato. Ma Lorenzo si sentiva come un leone in gabbia e più di una volta aveva pensato di scappare, per cercare quel fratello che tanto gli mancava. Tuttavia, non aveva idea di dove fosse.

Passarono due anni e Lorenzo, che nonostante il cambio di nome non aveva dimenticato chi fosse, conobbe il settimo inverno della sua vita. Un mare di ricordi disturbò la sua quiete, rimembrandogli i momenti in cui si recava con Luca nella boscaglia dietro casa per giocare con i loro amici Scoiattoli. Ma non sapeva che, alcuni giorni prima di Natale, durante una gita al Centro, avrebbe rivisto l'amato fratello.

Quel giorno non aveva voglia di uscire, ma fu costretto dalla Superiora, la quale non credette alla presunta malattia e lo costrinse a prepararsi. Lorenzo obbedì e si sorbì controvoglia l'odiata passeggiata, fatta di visite a Chiese imponenti e altri luoghi in cui avrebbe fatto volentieri a meno di entrare. Ma verso la fine della giornata, all'imbocco della Metropolitana, gli parve di vedere un volto noto. Aguzzò la vista, incapace di credere ai suoi occhi. Era proprio Luca.

Lorenzo rimase a lungo a fissare il fratello che credeva di aver perduto, con quello sguardo sempre malinconico e gli occhialoni inconfondibili stampati sul volto. Sperava si voltasse e lo vedesse, andandogli incontro e abbracciandolo e invece, nel momento in cui le porte del treno si aprirono, Luca vi entrò insieme a una giovane coppia, che dovevano essere i suoi genitori adottivi.

Lorenzo avrebbe dovuto andare nella direzione opposta, ma nella sua mente realizzò che se aveva ritrovato Luca doveva essere un segno del destino e che se lo avesse lasciato andare, con tutta probabilità si sarebbero separati per sempre. Guardò la comitiva di cui faceva parte, intenta ad attendere il passaggio che li avrebbe riportati all'Istituto. Approfittando della distrazione delle Suore fece uno scattò e salì sul vagone in cui aveva visto entrare il fratello.

Si sedette in coda al treno, laddove poteva osservare Luca in modo da non essere riconosciuto. Avrebbe voluto andargli incontro, parlargli, ma dovevano essere soli, non con quei due estranei con i quali rideva e scherzava, mostrando di trovarsi a suo agio, al contrario di quanto accadeva con i loro veri genitori. Si era rifatto una vita, ma non era quello che rattristava Lorenzo, quanto il fatto che Luca sembrava essersi dimenticato del suo fratellino, voltando pagina.

Una volta giunti a destinazione, Luca e la sua nuova famiglia scesero dal mezzo e abbandonarono la Stazione sotterranea. Lorenzo li seguì a debita distanza, confondendosi tra la calca di gente che tornava a casa dal lavoro con ritmo frenetico. Per raggiungere l'abitazione di Luca ci volle solo una passeggiata di pochi minuti. In una zona residenziale agiate e, dalla parte opposta alla loro vecchia e cara pineta, si fermarono nei pressi di una piccola villetta.

Lorenzo lasciò che entrassero e senza alcuna fretta attese all'esterno delle mura, per alcune ore. Presto l'oscurità giunse a fargli compagnia, ma non aveva paura. Ormai non c'era nulla che lo spaventasse. Più tardi adocchiò la finestra del primo piano che dava sulla strada illuminarsi e quando si aprì comparve il volto del fratello, che chiuse le ante e spense la luce per andare a dormire. Anche i suoi tutori avrebbero fatto lo stesso. Era il momento di agire.

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