Prologo

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Monica era chiusa in quella stanza da troppo tempo. Non sapeva se fossero passate ore o pochi minuti, ma per lei non faceva alcuna differenza. Doveva trovare il modo di scappare. I secondi erano scanditi da un orologio che emanava un suono così forte e ripetitivo da risultare insopportabile. Avrebbe voluto distruggerlo, ma non aveva idea di dove si trovasse, dato che non poteva vederlo. C'era solo l'oscurità a farle compagnia in quello che doveva essere un vecchio sgabuzzino. E insieme al buio sedevano la paura e l'inconsapevolezza del proprio futuro.

Tremava vistosamente, ma non c'era freddo in quello stanzino. Non riusciva a respirare regolarmente e temeva che continuare a boccheggiare l'avrebbe fatta scoprire. Ma a chi voleva darla a bere? Era inutile nascondersi, pensava. Lui era là fuori e la stava cercando. Quel rifugio non l'avrebbe protetta a lungo e il suo aguzzino poteva entrare in qualsiasi momento. Era molto furbo e l'aveva sempre dimostrato e una porta serrata sarebbe stata una barzelletta per lui. Non avrebbe dovuto provocarlo; era sola e nessuno poteva aiutarla.

Ora Monica stava seduta in un angolo, sopportando la fastidiosa sensazione del sangue che le colava sul viso a causa di uno squarcio che partiva dalla sua fronte. A ciò si aggiungeva il sentore di fango e sudore di cui era intriso ogni millimetro della sua pelle. Le ferite non erano così gravi, si disse, ma il dolore veniva dall'interno, in profondità, ricordandole che presto lui l'avrebbe trovata, concludendo quel sadico gioco. Teneva le ginocchia strette al petto, ma quel gesto non serviva a darle sicurezza.

"Vattene via, vattene via...", sibilò Monica,sull'orlo di una crisi isterica. Chiuse gli occhi, sperando di aprirli nel proprio letto, al termine di uno degli incubi che da bambina disturbavano il suo sonno, ma era tutto inutile; vedeva ancora nero.

Poi udì un forte rumore. Era lui. Stava provando a entrare.

Le rimaneva poco tempo, forse sufficiente per riflettere sui motivi che l'avevano condotta in quel disgustoso anfratto. Erano passati alcuni mesi dal giorno in cui la sua vita era precipitata nell'orrore e settimana dopo settimana era stato un crescendo di paura e non poteva fare a meno di pensare che se si trovava in quella situazione era solo per colpa sua. Il destino le stava presentando il salato conto e non avrebbe ricevuto alcuno sconto.

Se solo non avesse premuto quel dannato tasto...




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