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Abbandonò il Camposanto mano nella mano con Sharon, come facevano da bambine semplicemente per far vedere di essere amiche inseparabili, come avevano fatto da pre-adolescenti nell'atto di accompagnarsi al bagno per farsi una sigaretta. Ma in quel momento non c'era nulla di teatrale, solo il gesto di una cara amica che cercava di infondere un po' di calore a chi soffriva in modo terribile.

Guardò Sharon. Era bellissima, come sempre. L'aveva sempre invidiata. Indipendente, sicura di sé, impeccabile nei modi. La cosa che non riusciva a spiegarsi era come una ragazza intelligente come lei avesse potuto interessarsi alla loro amicizia, dal momento che per anni aveva dovuto sopportare i suoi eccessi, le sfuriate, i pianti per l'ennesimo ragazzo che l'aveva piantata. Ma Sharon era sempre rimasta lì, per lei.

Pensò che Sharon aveva avuto un ruolo da comprimaria in quella storia e in fondo sperava rimanesse tale. La paura che ciò che era accaduto ad Andrea potesse succedere anche a lei era forte, ma sapeva che se l'avesse allontanata, avrebbe sortito l'effetto opposto. La sua amica del cuore si sarebbe presa cura di lei ancora una volta. La mia Sharon, si disse guardandola con gli occhi lucidi.

Di fronte a loro, Carlo e Desirée camminavano fianco a fianco e di tanto intanto lui le appoggiava una mano sulla spalla. Non si era mai resa conto di quanto il loro rapporto fosse forte e dopo tanti anni di matrimonio, con alti e bassi supponeva, si amavano ancora con il primo giorno che si erano conosciuti. Ma loro non hanno commesso le sciocchezze che ho fatto io, pensò Monica. Ognuno è artefice del suo destino.

Appena fuori dal cancello, si rese conto che quella giornata non era ancora finita. Qualcuno la attendeva. Si bloccò e sbuffò. I due detective non se n'erano andati, ma erano usciti solo per aspettarla. Sharon si accorse della situazione. "Vuoi che gli dica di andarsene?".

"Non preoccuparti." la tranquillizzò Monica, che non voleva più che qualcuno combattesse le sue battaglie. "Me la vedo io."

"Come vuoi." disse l'amica, che raggiunse e i genitori di Monica e disse loroqualcosa, forse di aspettare in macchina. Carlo e Desirée si voltarono verso la figlia, poi seguirono la giovane verso il parcheggio. Monica aspettò che si allontanassero, poi si diresse a passo deciso verso i Poliziotti, lasciando intendere loro di non avere paura di uno scontro.

"Cosa ci fate qui?" volle sapere Monica.

"In primo luogo siamo qui per farle le nostre condoglianze." esordì Piero, con un tono di voce più dolce rispetto all'ultima volta. 

"Ci dispiace molto per quello che gli è successo." aggiunse Chiara.

"Grazie per essere venuti." tagliò corto la giovane, passando oltre. "Ora se volete scusarmi."

"Vogliamo solo aiutarti."

Monica si fermò. Poi guardò la donna di sbieco. "Volete aiutarmi come quella volta che siete venuti a casa mia per accusarmi?".

"Non siamo qui per parlare di questo." disse Piero. "Ma per evitare che qualcuno altro si faccia del male. Tu, la tua amica o i tuoi genitori."

"Non mi sembra siate riusciti a fare molto finora."

"Certamente se non ci aiuti tu in primis non riusciremo a venirne a capo. Evita di fare di testa tua e se ti passa qualcosa per la mente, chiamaci."

"Per ora non ho nulla in mente, tranne una vada idea di cambiare volto e scappare all'altra parte del mondo."

"Possiamo davvero risolvere la situazione." insistette Chiara. "Permettici di aiutarci."

"Va bene." affermò Monica, scocciata. "Se accadrà qualcosa di sospetto, vi avvertirò."

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