Si aspettava che da un momento all'altro il cellulare di Monica squillasse e la fastidiosa voce dell'assassino la informasse con arroganza che la prova era stata superata, ma oltre al silenzio che già regnava in quel luogo, null'altro degno di nota avvenne. Sharon pensò che quel pazzo avesse mentito e che volesse portare a termine il lavoro, fino a quando venne sorpresa un rumore forte e acuto, molto simile a quello prodotto da una ventola.

Con le ultime forze rimate, alzò la torcia verso l'alto, cercando di adocchiare un qualche impianto di aerazione da cui potesse provenire quel fragore, ma oltre ai polmoni sul punto di esplodere, anche la vista era ormai offuscata. Quel pazzo sta facendo defluire il gas tossico, pensò Sharon. Tirò un sospiro di sollievo e si girò, appoggiandosi con la schiena al suolo, sorridendo  e sghignazzando. Il forte suono della ventola invase i suoi timpani, ma era una sensazione tutt'altro che fastidiosa; era piacevole. 

Profumava di salvezza.

Chiuse gli occhi e produsse piccoli e impercettibili respiri, quasi cercasse di respirare solo l'aria non contaminata, che stava lentamente scacciando il gas tossico. Con il passare dei secondi il senso di malessere si leniva sempre di più, ma dovette passare parecchio tempo prima che la respirazione tornasse regolare. Non sapeva quanti minuti avesse passato a terra, ma quando il dolore al petto svanì, riaprì gli occhi, che tornarono in grado di mettere a fuoco le immagini senza intoppi.

Provò a rialzarsi e, nonostante le gambe paressero essere state sostituite con della gelatina, riuscì a rimanere in equilibrio, seppur precario. Prese un forte respiro, appurando di essere fuori pericolo una volta per tutte. Poi, si guardò attorno alla ricerca di Monica, sperando che anche lei si fosse ripresa e invece la trovò nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata, ancora priva di sensi.

"No, Monica, così non va affatto bene..." esclamò Sharon, saettando verso l'amica. Rifletté sul fatto che fosse passato troppo tempo dal momento dello svenimento e il gas tossico poteva aver fatto il suo corso, precludendo ogni possibilità di salvezza. La girò verso di se e le schiaffeggiò il volto ripetutamente. "Non può finire così. Vuoi darla vinta a quel pazzo? Forza, svegliati e facciamogli il culo!".

"Sharon, per favore..." mugugnò Monica, senza aprire gli occhi. "Lasciami dormire ancora un po', ho tanto sonno..."

"Monica..." sibilò Sharon, sorridendo nervosamente. "Allora sei viva!".

La protagonista di quella macabra storia aprì nuovamente gli occhi."Più o meno..."

"Ce l'abbiamo fatta. Abbiamo superato la prova!" affermò Sharon, mostrandole il peluche.

Monica guardò l'oggetto che l'amica teneva in mano, sgranando gli occhi, quasi non capisse di cosa si trattasse. Ma quando la lucidità tornò a impossessarsi della sua mente, ritrovò la forza di sorridere. "Tu ce l'hai fatta. Da sola. Sei magnifica..."

"Credevo fossi morta."

"Sono una dura." scherzò Monica, la cui voce era ancora rauca. 

"Lo so." confermò l'amica. "Siamo salve, almeno per ora."

"E adesso che succede? Sono ancora intontita..."

"Suppongo sia tempo per la terza prova."

Con un tempismo perfetto, il cellulare di Monica suonò. "Te l'abbiamo fatta, bastardo."

"Non certo per merito tuo." commentò l'assassino. "Ora manca l'ultima prova, come vi avevo promesso."

"Quando vuoi."

"Benissimo. Ah, non cercare di chiamare la Polizia. E se ci hai già provato, sai che non è possibile."

"Che dobbiamo fare?" tagliò corto Monica.

"La prova delle prove. Dovete affrontarmi."

"Cosa vuoi, un combattimento corpo a corpo?!".

"Qualcosa del genere." confermò lui."

"Distruggiamolo!" commentò Sharon, battendosi il pugno sul palmo della mano.

"Quindi ti farai vedere o ti nasconderai ancora dietro a una mascherina?" lo provò Monica.

"Questa volta vedrai il mio volto." promise il killer. "Niente sotterfugi o maschere. Vedrai la mia vera essenza."

"Allora che aspetti? Fatti vedere."

"Subito. Non vedo l'ora di gustarmi la tua faccia."

Quelle parole chiusero l'ultima chiamata che sarebbe avvenuta tra di loro. Monica ripose il cellulare e lasciò il posto alla pistola. "Stiamo pronte. Non credo abbia notato l'arma, ma ormai non mi stupisco più di nulla."

"Spara appena appare alla porta."

"Forse non comparirà da lì." suggerì Monica, la quale sapeva di avere a che fare con un essere scaltro e difficile da prevedere. "Sarebbe troppo facile."

Invece, contro ogni previsione, il rumore prodotto da una chiave che girava nella serratura le colse di sorpresa. Sharon toccò la spalla dell'amica, tremando. "Stai pronta."

Monica preparò il colpo, sperando di avere una buona mira. "Fammi luce, Sharon."

L'amica obbedì e puntò la torcia verso l'ingresso, che iniziò a schiudersi lentamente. Finalmente avrebbero visto il volto dell'assassino, colui che aveva reso un inferno la vita di Monica di chi le stava attorno. Ti sto aspettando. E lui comparve sulla soglia, come un'ombra oscura e minacciosa. Monica puntò la canna verso la sagoma, che si trovava una distanza non troppo sicura, ma per essere certa di colpirlo, doveva restare più vicina possibile al bersaglio.

Non aveva mai ucciso una persona e nemmeno ora lo avrebbe fatto, limitandosi a colpirlo alle gambe o alle braccia, per bloccarlo. Non avrebbe mai potuto sopportare il peso di un omicidio, seppur giustificabile dalle circostanze, in quanto avrebbe dovuto convivere tutta la vita con un forte senso di colpa. Certo, uccidendolo avrebbe salvato molte vite, ma si sarebbe limitata ad assicurarlo alla Giustizia, che in seguito avrebbe pensato al suo destino.

Il killer si fermò sulla soglia, a osservarle. Monica lo guardò attraverso il fascio di luce prodotto dal cellulare di Sharon e notò che quell'individuo teneva una torcia elettrica in una mano e una pistola nell'altra, ma la canna era rivolta verso il basso. Sharon iniziò ad agitarsi. "Spara!".

Allarmata, la giovane puntò l'arma verso le gambe e fece per sparare, ma il suo sguardo si spostò dal basso verso il volto del killer che, seppur visibile solo in parte, era molto simile a quello di una persona che conosceva bene. Ma non poteva essere lui, era impossibile. Rimase a lungo a scrutare il viso di chi sapeva in anticipo che la sua preda non avrebbe sparato, sorpresa dalla scoperta di un'inattesa verità.

"Cosa aspetti?! Colpiscilo" sbraitò Sharon, la quale poi seguì gli occhi dell'amica e, quando incrociò lo sguardo del loro rapitore, trasalì. "Non è possibile..."

Monica abbassò la pistola, incapace di credere ai suoi occhi. "Andrea?".



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