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Sta andando tutto male.
Lo lascio fare, ormai la sua salvezza è la cocaina.
È un mese e più che soffro vederlo così ma io non posso fare più nulla. Se una persona non vuole essere aiutata nessuno può farlo.
Mi promette sempre che ci andrà piano, ma io lo vedo, vedo che la dose è sempre in più di quella precedente. Gli ho chiesto di farlo davanti a me, per essere sicura che non gli succeda niente.
Mi sento male all'idea di non poterlo aiutare, ma non so come fare. Non l'ho detto a nessuno, lo manderebbero ancora in comunità ed io sono egoista, lo voglio qui accanto a me.
Però so bene che non gli resta molto da vivere, lo vedo.
Incominciano a cadergli denti, perde capelli e incomincia a venirgli il down, ovvero non avere la capacita dei movimenti. Per ora non è grave, non è frequente. Ma non posso fare a meno di preoccuparmi.
Sono un paio di settimane che io mi sento strana, sono più emotiva, ogni cosa mi intenerisce e odio sentirmi così.
"Andrea mangia"
È in crisi, sta aspettando Riccardo, uno spacciatore ma è in ritardo.
"Arianna lasciami stare"
Fa scatti veloci ed è diventato cattivo. Lo è sempre in questi periodi al verde.
"E se smettessi? Non farlo venire. Anzi. Non gli apro"
"Ti ammazzo. Giuro che lo faccio"
Una persona qualunque l'avrebbe fatto. Ma lui mi ama. Non lo temo.
Lo guardo buttarsi a terra, grida. Io non le reggo tutte queste urla. Mi scoppia la testa.
Vado in bagno. Ho la nausea.
"Dio fallo vivere. Ti prego" sussurro.
Qualcosa risale. Mi abbasso sul water e vomito. Odio farlo. Vedo il vomito e lo faccio ancora.
"Al diavolo"
Esco.
È a terra che si morde il braccio. Con calma glielo tiro via, è capace di staccarsi tutto.
Che altro potevo fare? Mi odiavo troppo. Non riuscivo ad aiutarlo.
Suonano alla porta, eccolo.
Apro e oggi mi tocca trovargli il buco.
Riccardo è esperto, ma deve scappare, deve prendere il treno. Ho le mani incerte, tremano ma so i procedimenti, li ricordo ancora. Ho ancora cicatrici sul mio braccio.
Mentre infilzo l'ago piango e spero di non aver sbagliato la dose.
Lo vedo stare meglio. Il suo viso si rilassa e respira regolarmente.
Sono un'assassina egoista, penso.
Sto uccidendo l'uomo che amo.

Si riprende. La mattina lui sta a posto ma io no. Non faccio altro che vomitare.
È tutta la mattina che faccio avanti e indietro dal bagno.
"Ari..che hai"
"Avrò mangiato qualcosa di avariato"
"Sono giorni che fai guerra con il water"
Sospiro.
Suona il campanello e Andrea va ad aprire.
È Alice.
"Arianna? Stai bene?"
"No" dice lui.
Le dice delle mie nausee, dei miei sbalzi d'umore e Alice spalanca gli occhi.
Le si gonfiano di lacrime e mi guarda.
"Alice?" dico.
"Sei incinta! Arianna sei incinta!"

Andrea non l'ha presa bene. È uscito da un paio d'ore e non so cosa pensare. Alice quando è uscita mi ha preso vari test e sono tutti positivi. Non faccio altro che piangere. Non di felicità, però. Andrea se continua di questo passo non lo vedrà mai e mi spaventava questo.
Lo voglio tenere.
Questo figlio se dio vuole avrà anche un padre.

Passano altre settimane ed è la stessa storia. Lui mi dice che sarà un padre bravo, che lo vedrà crescere e gli insegnerà calcio. È convinto che è maschio. Vuole anche una femmina, vuole vederla diventare donna e già adesso è orgoglioso.
Ma quando mi tocca cercargli la vena non ci credo più. Non credo a niente. Non so nemmeno se questa gravidanza andrà a buon fine.
Mamma è positiva, secondo lei è femmina. Perché tutti hanno questa sensazione? A me non interessa, l'importante è che nascerà sano.
"Non so se lo vedrò" mi dice Andrea mentre mi abbraccia sotto le lenzuola. Io piango quando sento così e non ce la faccio a smettere.
"Ti prego, non piangere"
"Non sto piangendo. Abbracciami forte"
Lo fa. Sto bene. Ma lo sento lontano. Ci sono quintali di grammi che ci divide. La droga per lui ha avuto la priorità.
"Scegliamo il nome?" dico.
Annuisce. Ci mettiamo seduti e su un pezzo di carta scriviamo tutti i nomi che ci vengono in mente.
Carolina.
Matilde.
Ludovica.
Matteo.
Federico.
Leonardo.
Ci piacciono tutti e siamo indecisi.
"Matilde, Leonardo" dico.
Sorride e lo vedo felice.
"Sì, sono perfetti" dice.
Si fa spazio tra le mia gambe e parla al piccolo gonfiore della pancia.
"Leonardo? Mi senti?"
Bussa con il dito e maledette lacrime.
"Andrea, è Matilde"
Si morde il labbro e appoggia la testa sulla pancia.
Andrà come deve andare. E sono convinta che andrà bene.

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