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Alice mi ospitò per una settimana intera ed era felice di avermi al suo fianco, ma non era felice del mio aspetto.
Non stavo mangiando molto, mettevo nello stomaco il minimo indispensabile per continuare a sopravvivere.
Non uscivo più, non vedevo nessuno.
E sapevo di avere un problema ma sinceramente non trovavo un appiglio.
Dicevo ad Alice e a Gianluca che stavo bene, che ormai Andrea l'avevo dimenticato e che presto sarei uscita.
E quel presto si stava dilungando.
Ero così. Troppo orgogliosa da dimostrare quanto ci stavo male. E loro lo sapevano meglio di me.
"Ari.. Vieni un attimo in salotto"
Era Gianluca che mi mise una mano sulla spalla e mi guardò teneramente.
Mi alzai dal letto.
"È lui vero?"
Annuì.
E se prima forse la rabbia si era attenuata ora era pronta ad esplodere come un vulcano.
Accellerai il passo e quando lo vidi rimasi inerme.
Si vedeva dalla faccia che si drogava. Si vedeva dagli occhi.
"Vattene"
"Arianna fallo parlare.. Per favore" disse Alice sottovoce.
Incrociai le braccia e lo fissai.
"Sto male" disse lui.
"Lo vedo"
"Io andrò in una casa di cura, mi disintossicherò.."
"Buon per te"
Io ero impassibile. Ero ferma sulla mia decisione anche se sapevo che mi stava uccidendo.
"Sì ma lo faccio solo per te, e lo sai il perché"
"Io non so più nulla. E non dirmi che mi ami perché.."
Non mi fece finire di parlare che me lo ritrovai ad un millimetro dalla faccia.
"Io ti amo, merda guardami" disse prendendo il mio viso.
"Io no"
Non so con che coraggio dissi quella cosa ma so che mi pentii.
"Ma che dici"
"Vattene, fai quello che vuoi, drogati, disintossicati.. A me non interessa sinceramente"
I suoi occhi diventarono lucidi e il suo viso.. Dio il suo viso mi rimarrà sempre in mente.
"Arianna.."
Lo presi per un braccio e lo avvicinai alla porta.
"Ciao Andrea"
Mi guardò un'ultima volta e con tutta la rabbia uscì sbattendo violentemente la porta.
Guardai la mia amica che a sua volta guardò il suo compagno.
Trattenni le lacrime.
"Io davvero non ti capisco" disse Alice andando in cucina.
Gianluca mi guardò fissando e poi la seguì.
Non stavo respirando già più.

A cena nessuno parlava, c'erano solo occhiate che a me innervosivano solamente.
"Potete smetterla di guardarmi così? Grazie" dissi bevendo.
"E come ti guardiamo?"
Alice sembrò sfidarmi.
"Come se fossi una pazza"
"Lo sei"
Sospirai e posai il bicchiere.
"Voi non capite.. Sembra che la colpevole sia io"
"Perché tu saresti solo la vittima"
"Alice smettila. Tu lo sai quanto ci sto male, lo sai, però adesso chiudete tutti gli occhi"
"È proprio perché vedo che stai male! Io giuro che ci provo a capirti ma non riesco"
La guardai. Ma che voleva? La vita era la mia e decidevo io.
"Andrea ha quel che si merita, chiuso il discorso"
Gianluca si alzò e prese tutti i piatti vuoti.
"Tesoro, stanotte ho il turno alle quattro, te lo ricordi?"
Lo ringraziai dentro di me per aver cambiato argomento.
Lei sorrise ed annuì.
Gianluca lavorava in un bar qui vicino, ci andava spesso anche Andrea.
Basta. Non dovevo più pensarci.
Sentii Ginevra piangere e dissi ad Alice che sarei andata io da lei.
Quella bambina mi metteva una gioia immensa e anch'io avrei voluto tanto un figlio. Magari non in quel momento. Avevo altro per la testa e non potevo dedicarmi a nessun esserino piccolo che faceva pipì e popò.
La presi in braccio e la cullai.
Si calmava sempre fra le mie braccia e sembrava riconoscermi.
"Ginevra mi raccomando, la tua prima parola sarà zia Arianna. Ci conto eh"
Mi vennero i brividi senza motivo e restai a pensare.
Scossi la testa e rimisi la piccola nella culla.
Andai in cucina e accarezzai la schiena di Alice che stava lavando i piatti.
"Ali.."
"Lo vuoi capire che io ci tengo a te e non voglio che soffri?"
"Lo so, tranquilla.. Si risolverà tutto" dissi con un po' di panico. Sempre senza motivo.
Lei annuì.
"Ora vado a dormire"
Andai in camera e cercai di mettermi a dormire.
Però qualcosa mi divorava dentro.

"Arianna dai svegliati"
Sentii scuotermi violentemente e con grande spavento aprii gli occhi.
Gianluca ed Alice erano accanto a me.
"Oh ma che fate! Siete impazziti.."
Guardai l'orologio, erano le sette meno venti.
Tanto dovevo svegliarmi lo stesso presto.
"Dobbiamo andare a casa di Andrea.. C'è stato un incendio"
Spalancai gli occhi e scesi velocemente dal letto.
"Ma che dite? Quando?"
"Non lo sappiamo ma la cosa è grave" disse Alice.
Misi le scarpe e presi il cappotto. Non mi interessava se stavo per uscire in pigiama in pieno inverno.
"Dobbiamo andare velocemente" eccolo il panico che mi stava mangiando viva.
Dovevo sapere se Andrea stava bene e finché non lo avrei saputo niente poteva farmi stare tranquilla.
Ci mettemmo in macchina e il povero Gianluca dovette sopportarmi per tutto il tragitto.
Menomale che non era molto lontano, già una cosa positiva.
"Ecco siamo arrivati" dissi.
C'era molto fumo nella nostra palazzina, ovvero quella dove vivevamo io e Andrea, o meglio, dove doveva solo Andrea.
La gente si era radunata e tra tutti non vidi Andrea.
Scesi e il freddo mo fece accapponare la pelle.
"Dov'è Andrea?" dissi alla gente e nessuno mi seppe rispondere.
"Arianna!"
Girai lo sguardo e vidi i volti dei miei genitori preoccupati.
"Dio tesoro ma dov'eri" disse la mamma abbracciandomi.
"Mamma dov'è Andrea?"
"Credo che sia ancora dentro" disse papà con la voce rotta.
Mi cedettero le gambe. Mio padre mi prese e mi tenne dritta. Io non ce la facevo. E urlai. Urlai il suo nome con la speranza che mi sentisse.
E se era morto? Lui pensava che io non lo ammassi più e non potevo vivere con questo rimorso. Non potevo vivere senza di lui.
Tutto mi sembrava lontano, appannato e quasi non sentivo niente.
Vidi Gianluca correre dalla mia parte.
"Vieni con me" disse.
Io ritornai alla realtà.
Mi prese per un braccio e mi portò in mezzo alla folla.
E scoppiai in lacrime quando lo vidi lì, a terra tutto sporco ma vivo.
Mi buttai su di lui abbracciandolo con tutta me stessa.
Tossì varie volte ma mi strinse forte anche lui.
"Arianna scusa"
Lo baciai. Lo baciai e sentii di aver fatto la cosa più giusta in quel momento.
"Scusami tu.. Invece di starti vicino e di aiutarti ti ho lasciato da solo"
"Sono io che ho fatto lo stronzo"
Sorrisi e lo baciai ancora.
"Zitto, zitto e baciami"
Ero stata un'ipocrita.
Non mi interessava più se mi aveva mentito, in quella circostanza pensai che se l'aveva fatto era perché aveva paura.
La vita era più importante delle bugie. E Andrea era più importante dell'orgoglio. Avremo iniziato tutto daccapo continuando a vivere una vita di sempre.
"Dimmi che mi ami" disse fra una tosse e un'altra.
"Ti amo, Andrea"

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