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Mi sento strana.
Voglio aprire gli occhi ma non ci riesco.
Incomincio a sentire voci, sento qualcosa che mi sfiora.
Non so dove mi trovo e non riesco a sentire le emozioni, non ce la faccio.
Mi concentro, ho voglia di vedere la luce e ho voglia di alzarmi.
Finalmente ce la faccio, i miei occhi si aprono e mi sento così riposata come se avessi dormito per mesi.
"Arianna"
Non so perché è qui, ma Andrea è accanto a me che mi fissa in modo strano.
"Dove sono?" dico.
"In ospedale"
Cosa? Mi guardo intorno. La puzza di alcol e il forte bianco dei muri mi fa svegliare del tutto.
Perché sono qui?
Il medico entra con fare allegro e mi domando cosa ci sia di tanto allegro.
"Cosa ci faccio qui?"
"Ti abbiamo presa per i ferri stretti, hai rischiato di morire grazie a quel farmaco, Xanas" dice il medico.
"Sei stata in coma per una settimana, Arianna" stavolta parla Andrea.
"Voglio tornare a casa" mi inizio ad agitare.
"Ti rimetteremo presto, dobbiamo solo fare alcuni accertamenti"
Respiro.
Non è possibile, è solo un tranquillante, è possibile che io abbia sbagliato la dose ma addirittura poteva uccidermi? Mi chiedo perché non sono morta.
In questa vita piena di dolore non voglio starci.
"Dottore, può lasciarmi da solo con lei?"
Ci lascia da soli.
E lui, invece di darmi certezze, invece di farmi stare bene mi accusa.
"Cosa volevi ottenere? Arianna sei davvero così egoista?"
"Andrea.."
"Tentando di ucciderti volevi farmi sentire in colpa, non è così?"
Non posso credere ai miei occhi.
Non scherza, pensa ciò che dice.
"Se pensi questo, vattene. Vattene via da questo paese e lasciami in pace"
Ride amaramente.
"Io so come sei. Nelle nostre vene circola la cattiveria, l'egoismo. Non ricordi? Sei come me"
"Ho smesso di essere come te, perché mi fa abbastanza schifo esserlo" dico.
Gli faccio cenno di andarsene. Chi non mi crede non deve stare sotto al mio viso.
"Rassegnati, non torneremo mai più insieme e sai perché?"
Sto in silenzio, gli faccio fuori uscire tutta quella rabbia rancorosa che ha dentro.
"Perché non ti amo, sempre se io l'abbia mai fatto"
Stavolta non lo lascio vincere. Ha già vinto tutte le battaglie, adesso deve incominciare a tremare perché ha ragione, sì, sono cattiva. Nelle mie vene si nasconde cattiveria e sono pronta ad usarla, pronta a fargli male.
"Salutami Tommaso, quando andrai in overdose e ci rimarrai secco" dico.
Mi dispiace Andrea, ma sto tornando ad essere come ero prima, abbi paura.

"Sei sicura di stare bene?" chiese Alice.
Sono fuori dall'ospedale e aspetto mamma e papà che prendono le mie robe.
"Mai stata meglio"
La sento la vendetta che mi sfiora e sono pronta ad utilizzarla.
Mi guarda male.
"Mi fai paura"
"Non devi averne, almeno non tu" le dico.
"E chi deve averne?"
Sorrido alla piccola Ginevra che si muove fra le braccia della madre.
"Andrea"
"Arianna per favore, Andrea.."
"Andrea soffrirà nel vedermi. Proverà le mie stesse emozioni. Così impara a farmi male volontariamente"
Quando vedo mamma e papà arrivare ci avviciniamo alla macchina.
"Okay, ora andiamo a casa. Alice mangi con noi?" chiede la mamma.
"Molto volentieri"
Ci penso, ho molte idee. È una sensazione nuova, la sete di vendetta non è mai stata così accesa dentro di me.
È come se fossi rinata. Una nuova Arianna. Bisogna iniziare a vivere.
Non posso starmene chiusa in casa in preda ad attacchi isterici e dipendente dai farmaci.
Dovevo solo trovare un appiglio per tirarmi su.
La vendetta. Miglior appiglio?

Sto meglio, mi riprendo piuttosto velocemente e tutto questo è solo grazie alla mia buona volontà di cambiare.
Non prendo più nessun farmaco, non ne ho affatto più bisogno. Sono forte e sono orgogliosa.
Alice mi ha fatto conoscere nuova gente, nuovi posti e da lì ho conosciuto la nuova me.
Andrea non è più nei miei pensieri e sì, a volte ritorna, ma la mia mente ha imparato a ragionare meglio, a non fare entrare il dolore.
"Dove stai andando?" mi chiede papà.
"Ad una festa, ci saranno quasi tutti i ragazzi di qui"
È una festa che noi qui chiamiamo la Giostra del piacere.
Si chiama così perché la giostra si intende per la sbronza.
È la prima volta che ci vado e non vedo l'ora bere e divertirmi.
Papà ovviamente non sa a quale festa vado, non mi lascerebbe andare.
Sto mentendo ai miei genitori e mai mi sono sentita così tranquilla e pura.
Non mi interessa, ormai mentire fa parte di me.
Esco mi chiudo la porta alle spalle e mi dirigo alla festa.
Non è molto lontano, anzi, ne approfitto per sgranchirmi le gambe.
Ho voglia di divertirmi, di non pensare a nulla.
Alla fine che male c'è?
Passano in paio di minuti e quando arrivo noto già le persone che entrano.
Wow. La musica è altissima.
È ora di divertirsi.
Entro e quando noto le mie "nuove" amiche le raggiungo.
"Arianna! Sapevo che saresti venuta" dice Camilla, la ragazza dai capelli biondo lucente.
"Ragazze, fatemi divertire!"
"Puoi starne certa"

Mai mi sono divertita così tanto.
E mi diverte anche l'idea di sforare tutte le regole.
Non sembro io.
E nei miei panni mai più ci sarei ritornata.
"Un'altra birra" dico al barista.
Me la porge e faccio un grande sorso.
"Che ci fai qui"
Mi giro e me lo trovo davanti.
Che vuole adesso?
Sinceramente non voglio parlare con lui, sto bene e non può rovinarmi l'umore.
"Andrea che vuoi?"
"Non ti sono mai piaciuti questi posti"
"Le persone cambiano"
Mi guarda dal basso fin sopra alla punta dei capelli.
"È meglio che non ti dica cosa mi sembri vestita così"
Stavolta sono io che lo guardo. Lo fulmino.
Non voglio dargli alcuna soddisfazione.
Lo sorpasso e faccio quella cosa che so, so perfettamente che a lui ha dato fastidio.
Prendo per mano un ragazzo a caso, lo bacio, mi faccio toccare da lui davanti ai suoi occhi.
Mi viene da ridere ma resisto.
La mia vendetta è appena cominciata ed io me la sto gustando pezzo per pezzo.

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