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I suoi problemi erano anche un po' miei.
Ero stata un egoista e forse codarda, non volevo riprovare le stesse sensazioni delle altre volte, ma dovevo capire che i problemi andavano affrontati, che se li lasci così come erano andava a finire peggiorando. Era come un piccolo cancro. Non lo curi, peggiora.
Andrea mi aveva spiegato che al piano di sopra era scoppiata una bombola a gas e aveva fatto un grande macello, quindi, siamo dovuti tornare di nuovo a casa dei miei.
Erano felici, al contrario nostro.
Però il destino aveva deciso così e sinceramente non mi andava di fare storie.
Andrea il giorno dopo sarebbe andato in un centro specializzato e ci sarebbe rimasto per tre mesi. Avevamo passato una bella nottata. In silenzio, con solo i nostri cuori battenti e pieni di allegria. Facemmo l'amore tutta la notte, come per rimpiazzare tutte le volte che non avremo potuto farlo.
Erano solo due mesi.
Due mesi della sua assenza che in futuro avrei rimpianto a vita.

Piansi. Piansi a pieni polmoni perché non eravamo mai stati separati così tanto tempo e non sapevo come passare quei giorni.
Pianse anche lui, pianse sulla mia spalla mentre ci stavamo salutando e nessuno lo stava vedendo. Ne approfittò e io piansi ancora di più.
"Arianna non voglio andarci"
Eravamo già lì sotto al grande palazzo e volevo che tornassimo a casa. Ma non potevo essere egoista, Andrea se non si curava a breve sarebbe morto di overdose ed io preferivo stare mesi senza di lui anziché tutta la vita.
"No, tu ci andrai e io vado via ora"
Lo baciai, cercando di farlo il più possibile per non sentirne la mancanza.
"Vattene, o non avrò la forza di entrare"
"Ci vediamo presto"
Annuì ed entrò.
I miei genitori erano rimasti in macchina perché non gli piacevano questi tipi di saluti e poi volevano farci stare qualche minuto in più da soli.
Mi mancava di già.
Dio se mi mancava.
Però quel legame doveva imparare a staccarsi perché sennò tanti passi facevo io e tanti passi faceva lui. Dovevamo imparare a vivere separati.
"Che dio lo aiuti" disse mamma con la voce tremante.
Pensai che dio non poteva aiutarlo, che solo con le proprie forze poteva uscirne.
Non potevo fare altro che stargli accanto perché solo lui poteva salvarsi.
Pregai ogni notte di quei tre mesi.

Mi ero trovata un lavoro e nelle prime settimane avevo accumulato un po' di soldi, decisi di metterli tutti da parte per noi. Me e Andrea.
Facevo la badante ad un moccioso di tre anni, lui mi detestava e faceva i capricci sempre, però dovevo sopportarlo per quei quattro soldi che a me facevano comodo.
Mi chiusi la porta alle spalle, pronta con la borsa in mano a sopportare le lamentele di quel bambino.
Si chiamava Matteo il piccolo, aveva solo la mamma al suo fianco. Il padre non sapevo dove fosse, in quelle prime settimane non lo avevo ancora visto.
Salutai Cristina, la giovane ragazza madre del piccolo. Ogni volta che la vedevo mi veniva in mente un po' Alice, anche se Cristina aveva qualche anno in più.
"Ciao Arianna, come stai stamattina?"
Avrei voluto dirle che mi sentivo ogni giorno peggio, che la sua assenza mi stava lacerando l'anima.
"Ci sono momenti migliori"
Lei sapeva di Andrea. Un giorno nella quale ero particolarmente nervosa scoppiai in un pianto disperato proprio davanti a lei. Mi tese il suo conforto e stetti meglio.
"Si risolverà tutto" disse lei sorridendomi.
Chissà.
La vita era imprevedile.
"Oggi torna mio fratello dagli Stati Uniti, potresti aiutarmi a mettere in ordine la casa?"
"Certamente, nessun problema, appena il piccolo si addormenta ti do subito una mano"
Non le davo del lei, ci faceva sentire vecchie e noi essendo giovani ci piaceva darci del tu.
Cristina aveva vent'anni. Era bellissima lei. Mora, occhi verdi con un viso piccolo ma particolare.
Dio sì, era bellissima.
"Come si chiama tuo fratello?"
"Alfredo, si chiama come nostro padre"
Mi piaceva il suo nome, mi incuriosiva.
Sorrisi.
"È davvero un bel nome" dissi.
"Anche lui lo è"
Sembrava esserne orgogliosa.
Me lo immaginai uguale alla sorella: capelli neri con due occhioni di verde intenso.
Era un bel vedere.
"Vado da Matteo" le dissi.
Sperai che il bimbo si fosse addormentato subito, infatti preparai il letto.
"Arianna giochiamo?" il suo viso mi aveva fatto capire che non si sarebbe addormentato ora.

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