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Il cielo prometteva pioggia, era pieno di nuvole d'acqua e il sole era nascosto, non poteva splendere.
Però la primavera era vicina, quindi dovevo aspettare alcuni mesi per vedere il cielo limpido.
"Che fai?"
Andrea mi abbracciò da dietro.
"Non lo vedi? Sto lavando i piatti"
"Sei sexy anche quando fai questo"
Mi lasciò piccoli baci sul collo facendomi venire tanti brividi. Mi faceva sempre quell'effetto.
"Smettila dai, potrebbe arrivare qualcuno"
Dicevo che doveva smetterla ma al tempo stesso volevo che non lo facesse. Mi faceva bene al cuore. All'anima.
"Che venissero tutti, devono sapere quanto belli siamo"
"La fai facile tu, Andrea"
Appoggiò il mento sulla mia spalla e fece un sospiro.
"Non la faccio facile. La faccio sembrare, è diverso"
"Sì ma è complicato, accettiamolo. Dobbiamo nasconderci e vivere nella paura" dissi girandomi verso di lui.
"Ce la faremo"
"Sento che ci faremo male, tanto male"
Avevo paura. Sì.
Era tutto un nascondersi. Fare l'amore di fretta e furia, baciarsi più veloce della luce. Far sembrare tutto normale. Poi alla fine quando menti sempre tutto crolla, si sa.
"Vorrà dire che ci cureremo le ferite, insieme Arianna"
Annuii. Tanto avevo ragione.
Mi diede un bacio sul naso e si scansò.
E prima di andarsene mi disse una cosa che sembrava tanto la felicità, forse una speranza.
"Andremo via da qui, inizio a mettere i soldi da parte"

La vita era piena di errori, errori dalla quale potevi imparare.
Io ne avevo fatti tanti, la droga la mettevo sempre al primo posto, infatti avevo imparato. Anche se la voglia c'era sempre ma resistevo. Però c'erano persone che facevano sbagli e una volta fatti, sì puoi imparare, ma non so se si potevano risolvere tanto facilmente.
Mi riferivo ad Alice.
"Sì, sono incinta"
All'inizio pensavo che scherzasse, ma la sua faccia pallida con le occhiaie ben evidenti mi fece capire che non era mai stata così seria.
"Oddio che guaio" dissi incredula, con lo stomaco sottosopra.
"Il fatto è che voglio tenerlo"
Sinceramente non sapevo che dire. Cosa consigliare in quei casi?
Beh ecco io non lo definivo un errore quel bambino capitato così, senza preavviso. Definivo ciò un errore di calcolo. Un errore di memoria. Si erano dimenticati di usare precauzioni e adesso ne affrontavano le conseguenze.
Alice voleva tenere suo figlio nonostante i suoi sedici anni.
Forse avrei fatto anch'io così.
"Ali fai quelli che ti senti.. Ma lui?"
"Lui non lo sa"
Andrea si sedette sulla panchina con noi.
"Che tonto, ha calcolato male i tempi" disse lui.
Lo guardai male.
"Scherzo"
Alzai gli occhi al cielo e sospirai, mi sembrava la cosa più appropriata da fare.
"Comunque noi ti staremo vicini" dissi accarezzandole la pancia.
Forse era la gravidanza, ma dal mio gesto presto i suoi occhi divennero pieni di lacrimoni.
"Diventerò zia" sussurai felice in preda dall'emozione.
Andrea mi disse che doveva un attimo assentarsi perché doveva vedersi con un suo amico, così io e Alice andammo a fare una passeggiata.
"Idee per i nomi?" dissi.
Okay. Era ancora presto, ma ero così felice..
"Femmina Arianna, maschio Andrea"
Mi fermai e la guardai.
"Cosa?"
"Hai capito"
Oh, stupide lacrime!
Ero diventata molto emotiva e quella incinta sembravo io.
"Ali.."
"Voglio chiamare mia figlia o mio figlio così, in onore a voi, voi che siete parte di me e in un modo o in un altro questo bambino vi appartiene"
Raccolsi una lacrima dal mio viso caduta troppo in fretta. Sorrisi. Ero davvero felice.
"Ti voglio bene"
"Anch'io Ari"

Mi svegliai di soprassalto, era notte fonda, ma un qualcosa che cadde a terra mi svegliò violentemente spaventandomi.
Scesi dal letto e rimasi in piedi con il cuore in gola e la paura che si faceva sempre più viva in me.
Poteva essere un ladro o un serial killer.. Volevo scappare.
Uscii dalla stanza e attraversai il corridoio che portava in cucina.
Era buio e sinceramente non sapevo cosa fare. Tre erano le opzioni: Scappare, rifugiarsi nel lettone con mamma e papà e accendere la luce e rischiare la morte.
Non ero codarda quindi scartai le prime due opzioni.
Non rimaneva che accendere la luce.
Lo feci.
Andrea.
Merda era lui.
Era lui con un occhio nero.
"Dove sei stato?"
Si girò forse convinto che io non abbia visto il suo occhio nero.
"A lavorare"
Cosa? Andrea lavorare?
Non credevo che Andrea potesse dire quella frase. Che le parole "Andrea" e "lavorare" le trovavo ridicole solo a pensarci.
"Ho sentito bene?"
"Sì, lasciami in pace"
E quando lui aveva questi atteggiamenti nulla era positivo.
"E il tuo lavoro consiste nel farsi un occhio nero?"
Mi avvicinai.
"Girati Andrea"
Lo fece sbuffando ma non voleva proprio guardarmi.
"Guardami"
"Oh ma che vuoi Arianna?"
Mi guardò e vidi l'imbarazzo, il terrore nei suoi occhi.
"Che stai combinando? Dimmelo io posso aiutarti"
"Nessuno può farlo"
Mi odiai. Odiai non sapere più leggere i suoi occhi. Mi risultava difficile.
Feci una corsa arrivando subito al bagno, presi l'alcool con un po' di ovatta e mi feci un'altra corsa raggiungendolo.
"Ari davvero, non serve"
"Mettiti davanti a me e stai zitto, cretino"
Mi sedetti sopra al tavolo, in modo tale da arrivargli meglio.
Si fece spazio fra le mie gambe mentre iniziavo a medicargli quell'occhio non ridotto benissimo.
"Chi ti ha conciato così"
"Nessuno"
Premetti forte fino a fargli male.
"Oh, piano"
"A volte ti comporti come un bambino"
"Non te lo posso dire"
"E quel lavoro? Che lavoro è?
Mi portò via la mano e mi fissò dritto dentro agli occhi.
"È meglio che non fai domande"
Tutto mi portava ad una sola spiegazione. E pregai che mi stavo sbagliando.
Lo allontanai e scesi dal tavolo.
Mi prese il braccio e mi attirò a sé.
Avevo lo stomaco sottosopra e l'unico mio desiderio era quello di mettermi a letto e non cercare di mettermi a piangere.
"Non hai voglia di baciarmi? Disse mettendosi a ridere.
Io invece ero seria.
Io ero arrabbiata, una furia.
"Non bacio i bugiardi"
Mi guardò con aria interrogativa.
"Andrea tu spacci"

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