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"Hai rischiato davvero grosso, ragazzo mio"
Il medico dall'età anziana era stato chiaro.
Se andava ancora in overdose ci rimaneva secco.
Ed io, avevo pensato, sarei morta con lui. Era un dolore troppo grande e vivere con quel vuoto mi ci rifiutavo.
"Dottore, stia tranquillo che con me non può sgarrare" dissi.
Gli sarei stata accanto sempre.
Pensai però che la vita era troppo breve. Oggi vivi, domani muori. Ed io volevo viverlo e mi accorsi che questa possibilità stava bruciando ogni tappa.
"Non ci vado in overdose"
Risi. Volevo tanto credergli. Ma mi aveva dato prove a sufficienza per non farlo.
"Lei è la tua fidanzata?"
Andrea mi guardò e quasi sorrise.
Avevo il cuore a mille e avrei voluto rispondere. Ma sembrava che il gatto mi avesse mangiato la lingua.
"È la donna della mia vita. Che forse è più importante dell'essere fidanzati"
Stato cielo. Qui in overdose ci andavo io se non la smetteva.
Tanta dolcezza non era da Andrea.
"Godetevi la vita finché potete"
Sorrisi al dottore, che forse tifava per noi. Uscì e ci lasciò soli.
"Andrea, basta con la droga. Lo sai che ti uccide" gli dissi.
Sospirò sembrando scocciato. A me non interessava se si scocciava.
Io non potevo lasciarlo morire.
"Ti prometto che non ci casco più"
"Scusami"
"Di cosa?"
"Scusami se non ti credo più"

Alice aveva preso possesso del mio letto e avevo una voglia matta di stendermi. Era stata una giornata pesante. E dovevo recuperare le forze per quando arrivava il momento dell'astinenza.
"Ali, fammi un po' di posto"
Andrea era nel lettone dei miei genitori, lì poteva stare più comodo e più largo.
Lo avremmo spostato ma per ora era meglio se stava lì.
Mi distesi accanto a lei e chiusi gli occhi.
"Ho paura" le dissi.
"Di cosa?"
Si appoggiò sui gomiti guardandomi di lato.
"Ho paura che lui non ce la possa fare"
Andrea era stato sempre un ragazzo poco assertivo e un po' debole e tra i due il pezzo forte ero io. Ero io la sua colonna. E senza di me lui sarebbe crollato facendosi in mille pezzi. Però io potevo essere forte quanto volevo.
Potevo resistere al dolore più forte e sopportarlo. Ma la sua morte avrebbe trascinato anche me.
E questo non era solo perché non c'eravamo mai separati. Ma era anche perché io ero davvero innamorata di lui.
Avevo paura anche di rimanere sola. Cosa avrei fatto? Come avrei vissuto?
"Lui ce la farà"
"Non sono pronta"
Sentii che mi guardò in un modo strano. Il suo solito sguardo indecifrabile, ambiguo.
"Sembra che tu lo dia per spacciato"
Sospirai e quando parlai odiai me stessa per la voce che iniziava a tremare dal pianto.
Stavo diventando troppo emotiva.
"Stiamo parlando di Andrea" le feci notare.
"Smettila. Tu stai dicendo così perché vuoi iniziare ad abituarti, per non coglierti alla sprovvista, per fartene una ragione prima. Sei egoista"
Non lo ero. Almeno verso di lui.
"Non lo sono. Vorrei essere io al suo posto, voglio tutto il suo dolore. Lui deve stare bene"
Aprii gli occhi che fino a quel momento avevo tenuto chiuso.
"Lo so, ma Andrea non è stupido. Lui lo fa per te. Che se fosse per lui a quest'ora sarebbe morto"
Si mise giù e chiuse gli occhi.
Potevo fare qualcosa.
Che se lui lo faceva per me, anch'io lo dovevo fare per lui.

I dolori erano iniziati prima del previsto e lo avevano colto alla sprovvista.
Stava male.
E sentivo che faceva più male della prima volta.
Era notte fonda e i suoi spasmi di dolore mi uccidevano.
Mamma era accanto a me che cercava di farlo calmare mentre papà gli stava dando del metadone.
"Vedi che ora starai meglio"
Stringeva i denti e si contorceva tutto. Io vedendolo così, con la mente lucida non era una presa a bene.
Ero immobile, con lo sguardo fisso su di lui e sul suo corpo pieno di sudore.
Dovevamo passare una settimana così. Dico 'dovevamo' perché io non avevo intenzione di lasciarlo neanche per un momento da solo.
Se lui era in astinenza allora lo ero anch'io. Per la seconda volta.
"Mamma, Papà, lasciatemi sola con lui"
Papà mi diede un bacio sulla guancia e uscirono entrambi addolorati, così inesperti sull'argomento.
"Tieni duro e cerca di riposare"
"Sto per morire, fa male. Cavolo fa male!"
Si levò le coperte di dosso e cercò di scendere.
Lo sapevo, la droga gli aveva bruciato qualche tappa del cervello.
"Dove vai"
Lo presi per le spalle e lo misi di nuovo disteso.
"Alla casetta. Devo andarci. Uno schizzo, ti prego solo uno. Non mi fa nulla serve solo per mandare via il dolore" mi guardò supplicante.
"Hai già il metadone per il dolore. Smettila e dormi"
Vedevo odio sui suoi occhi.
Ma cosa potevo farci io? Potevo lasciarlo andare con quelle condizione a fare cosa poi? Per prendersi della droga. Mai.
"Ti ammazzo. Giuro che se non mi fai uscire io ti ammazzo"
"Non lo faresti mai, stai zitto o ti ammazzo io. E lo sai, non ho paura"
Cercò di chiudere gli occhi e di respirare regolarmente.
"Merda!"
Passarono tre ore.
E tutte queste tre ore Andrea le aveva passate dormendo.
Solo che il metadone non stava più facendo il suo lavoro.
Quindi valeva a dire nuovi dolori, nuovi spasmi e nuove allucinazioni. Sì, Andrea stava incominciando ad avere anche qualche allucinazione. Ma di basso livello.
"Vuoi altro metadone? Dovrebbe esserci un altro bicchiere. Aspettami vado a prenderlo..."
"No"
Il suo sguardo era come quello che aveva da bambino.
Lo stesso sguardo innocente, timido e a volte vivace.
Chi l'avrebbe mai detto.
"Ari, prometti che non mi lasci"
Lo guardai. L'effetto del metadone stava svanendo. Lo vedevo contorcersi dal dolore.
Pensai che tutto quel dolore che aveva volevo assorbirlo tutto io, che lui non poteva sopportarlo. Invece io sì, io ero forte.
"Te lo prometto. Giuro sulla mia vita che se molli tu, mollo io."

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