15°

66 4 1
                                    

Non tornammo a scuola.
Lui mi disse di tornare a casa e nel pomeriggio sarebbe tornato con le sue cose.
Dissi a mia madre che a scuola i professori non c'erano e chi voleva tornare a casa poteva farlo liberamente e tranquillamente.
Mi aveva creduto.
"Oggi torna Andrea" dissi aiutandola a mettere la spesa a posto.
"Oh, davvero? Allora gli preparerò il polpettone per pranzo, è il suo piatto preferito"
Quando misi il latte nel frigo, pensai a quella cosa che lui mi aveva detto prima. Lui aveva una ragione del perché si era comportato così con me. Ed io non sapevo assolutamente cosa.
"Torna nel pomeriggio, quindi fallo per stasera"
Ero ancora con la testa lì, a pensare tutte le ragioni possibili. Ma nessuna mi sembravano fattibili.
Lei annuii felice.
"Perché avevate litigato?"
Disse sedendosi sulla sedia.
Io appoggiai una coscia sull'angolo del tavolo, e pensai a tutto. Pensai a quella ragione sconosciuta.
"Non lo so, davvero. Non lo so proprio"

Ero in ansia.
Non vedevo l'ora di rivederlo nel suo habitat.
Alla fine, qui aveva passato più tempo che a casa sua.
A momenti sarebbe dovuto arrivare e avevo tante domande da fargli, ma ci sarebbe stato tempo. Non avevo voglia di discutere ancora con lui.
In fondo, forse Alice aveva fatto bene a raccontargli tutto. Sennò io sarei sprofondata nell'oscurità più totale.
Incominciavo a farci l'abitudine.
Però non potevo ancora accettarlo, una cosa così non si poteva accettare. Tommaso l'avrebbe pagata. Non sapevo come, ma l'avrebbe pagata salata.
Iniziai a mettere a posto la mia stanza. Anzi. La nostra.
Era davvero un disastro e volevo fosse tutto in ordine.
Mi accorsi che in tutto quel casino anch'io lo ero.
Capelli spettinati.
Immersa nel pigiama.
Sì, doveva essere tutto perfetto.
Così mi immersi subito nella vasca e oltre a cercare di darmi una sistemata, mi stavo rilassando come mai avevo fatto in quei ultimi giorni.
Il profumo di rose invase le mie narici possedendomi.
Era davvero bellissimo.
Misi la testa sott'acqua e smisi di respirare.
Stavo pensando però a Tommaso.
Il cuore accelerò.
Lo sentivo sopra di me. Lo sentivo farmi male. Farmi davvero tanto male.
E se non fosse per il campanello, credo che dalla testa sotto l'acqua non sarei uscita più.
"Mamma! Apri tu, dovrebbe essere Andrea!"
Uscii svelta quasi scivolando.
Cazzo. Avevo fatto uscire un po' d'acqua fuori.
Misi un asciugamano lasciando le braccia fuori.
Okay. Diciamo che ero pronta.
L'asciugamano copriva metà cosce e avevo paura che si vedesse qualcosa ma, alla fine, non mi interessava più di tanto.
Uscii e lo vidi tornare alla normalità.
Stava bevendo un bicchiere d'acqua e sorrideva a mio padre mentre gli raccontava un qualcosa che non riuscivo a capire.
Perché mi ero sinceramente, profondamente, completamente innamorata di lui.
Mia madre fece cenno di girarsi e quando mi vide il mio cuore perse un battito.
Era a bocca a mezz'aria e non smetteva di fissarmi.
Eravamo tutti in silenzio.
O forse no. Forse mamma e papà dissero qualcosa ma in quella stanza, era come se fossimo soli.
Solo noi e i nostri sguardi.
"Finalmente sei a casa" dissi a bocca asciutta.
Avrei voluto avere la sua saliva per dissetarmi. Dio, stavo morendo dalla voglia e capii bene che lui l'aveva percepito. Sentivo di guardarlo in occhi diversi. Lo stavo guardando senza vergogna e sembrava la stessa cosa anche per lui.
Deglutì.
"È sempre bello tornare nel posto in cui appartieni" guardò la casa.
"È bellissimo poi tornare dalle persone a cui appartieni" disse per poi guardarmi.
Allungai una mano. Lui la prese.
La strinse e pensai che eravamo tornati ad essere simili. Uguali.
Io ero lui.
E lui, come sempre, era me.
Lo trascinai in camera, chiusi la porta e lo abbracciai.
L'asciugamano stava per cadere e quasi sperai che lo facesse.
"Mi sta per cadere l'asciugamano" dissi guardandolo senza staccarmi da lui.
I nostri corpi erano attaccati come calamite e capii l'effetto che gli davo.
"Lasciamolo cadere allora" disse per poi facendolo cadere ai miei piedi.
Il mio corpo nudo era attaccato al suo.
"Mi mandi fuori di testa"
"Anche tu" dissi per alzarmi in punta di piedi.
I nostri visi erano vicini e quasi le nostre labbra si avvicinarono.
Lo toccai ovunque.
Gli toccai gli addominali per poi andare sempre più su. Gli toccai le labbra e volendo morderle, morsi le mie.
"Sarà meglio che ti vesti"
Eccolo lì che rovina tutte le situazioni più belle.
Era serio.
Mi staccai e mi abbassai per prendere l'asciugamano.
Sentivo che mi guardava. Lo sentivo bruciarmi.
"Se vuoi aspetto fuori"
Mi venne da ridere.
"No, resta"

A tavola Andrea era strano.
Rigirava il cibo con la forchetta senza mangiarlo ed era strano. Avrebbe già dovuto finirlo dato che era il suo cibo preferito.
"Tesoro, perché non mangi?" disse la mamma di fronte a lui.
Guardò il cibo in un modo strano.
Studiavo tutte le sue mosse.
"Ho mangiato un panino enorme fuori e ora non ho tanta fame"
Era pallido in viso e iniziò a grattarsi sull'avambracci davvero violentemente.
Era agitato.
Speravo davvero di sbagliarmi.
E doveva essere così.
Ma i suoi gesti li facevo anch'io quando mi drogavo e volevo farlo.
"Quante volte te lo devo dire, non devi mangiare il pomeriggio" disse la mamma.
"Che ci vuoi fare, faceva così anche da piccolo" la mia voce era cupa e il mio sguardo anche.
Lo guardai accanto a me, poi guardai il suo braccio coperto.
Poi guardai di nuovo lui.
Lui mi guardava lo stesso modo e diventò presto ancora più agitato.
"Mi sono dimenticato una cosa a casa mia, vado a prenderla e torno subito"
"Ti accompagno" dissi per poi alzarmi. Non volevo lasciarlo solo.
Lui mi guardò un tempo infinito.
"No, fa freddo"
"Ma tu quando fa freddo passi per il garage"
"No, non passo da lì"
Si alzò per poi uscire.
Pensai che dovevo aiutarlo. E per aiutarlo dovevo raccontare tutto. Io non potevo tenermi tutto dentro. Non ero brava.
"Mamma, papà. Io e Andrea un po' di tempo fa abbiamo fatto uso di sostanze stupefacenti ma per poco tempo. State tranquilli, non ho intenzione di farlo più perché.."
Non feci a tempo di finire che papà quando si alzò mi diede un forte schiaffo da farmi cadere a terra.
"Giovanni!"
Mamma venne vicino a me e mi aiutò ad alzare.
"Io non posso crederci! Io cosa vi ho detto sempre?"
La mamma mi teneva fra le sue braccia ed ero felice che lei non fosse arrabbiata.
"C'è tempo per la ramanzina. Io ho smesso ma dubito che Andrea abbia seguito la mia strada"
Non mi piaceva affatto quello che stavo facendo ma non mi piacevano nemmeno i miei sospetti.
"Cosa dici, Arianna?"
Mamma era incredula.
"Lui ha bisogno d'aiuto. Gli mancano i genitori.." disse ancora lei.
Forse era questa la ragione.
Però io sentivo che qualcosa doveva succedere. Sentivo che dovevo andare da lui.
"Ora vado da lui. Ha bisogno di me"
Stavo per staccarmi ma papà sembrava arrabbiarsi ancora di più.
"Tu non andrai da nessuna parte! Ci vado io e lo porto qui a suon di schiaffi!" disse.
No. Non servivano botte. A lui non servivano queste cose.
"Giovanni lasciala andare, sai che ascolta solo Arianna, lei è l'unica che può aiutarlo"
Papà si fermò guardandomi. Aveva uno sguardo cattivo e sapevo che non ci avrebbe perdonati facilmente.
"Portalo qui immediatamente"
Annuii ed uscii correndo.
Rischiai di cadere dalle scale e rompendomi l'osso del collo ma non mi importava.
Lui aveva bisogno di me. Ora più che mai.
Uscii dal condominio e mi immersi nell'aria fredda.
Aprii la porta e mi feci ancora una bella manciata di scale correndo.
Mi stava venendo un infarto ma non potevo permettere di fermarmi.
Il terrore mi salì in corpo quando vidi la porta di casa sua aperta.
Poi sentii un tonfo. Un qualcosa che cadeva.
Non potevo stare lì immobile.
Entrai e fu come morire.
Era blu. Dio. La sua faccia stava diventando blu.
Mi precipitai addosso a lui. I suoi occhi erano ancora aperti e cercava di dirmi qualcosa.
"Andrea! Cazzo no!"
Uscii fuori dal balcone e con tutte le mie forze urlai a più non posso.
Urlai forte fin quando non vidi mamma affacciarsi dal balcone.
"Aiuto! Andrea è in overdose!"

Il suono della tua voceWhere stories live. Discover now