Mani.

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"Fai piano Amelia, per piacere", implorai la mia tata, mentre mi aiutava ad uscire dalla doccia.
"Non capisco cos'è saltato in testa a quel lupo!", borbottò la donna, prendendo il telobagno, coprendo le macchie viole e gialle che coloravano il mio corpo, "cercarti di insegnarti il sacro segno blu: l'acqua. Per giunta loro non lo conoscono nemmeno."
"Amelia, non è stato lui, ma Aqua", risposi, attorcendo i miei capelli in un asciugamano, a modo di copricapo arabo.
Già, la bellissima principessa marina era stata chiamata per spiegarmi l'utilizzo dell'elemento di cui ne era simbolo. Dapprima, sotto le sue istruzioni, mi era stato dettato di diventare tutt'uno con le piscine dentro alla grotta magica. Sentii la brezza che mi spingeva al largo, sentii le onde, mie figlie, che s'infrangevano nella roccia. Fu solo quando il mio cuore divenne un battito di pinna di pesce che potei attingere a quel grande potere, creando uno scudo azzurro, capace di respingere qualsiasi incantesimo.
"Puoi tornare quando vuoi", disse la sirena dalla lunga coda rosa e capelli viola cobalto. Queste creature sono proprio come le immaginiamo. Mezza donna e mezzo animale, Aqua era la più bell'anima mai incontrata sino ad allora: gentile, affabile e paziente. Riusciva a mettere ognuno a suo agio.
"Cosa posso darti in cambio? Posso farti un favore?", chiesi avvicinandomi al bordo della piscina.
"No piccina, per il momento siamo pari", disse la regina, per poi salutarci,
sparendo negli abissi profondi di quella pozzanghera nera.
"Emily, mi stai ascoltando?", ribatté seccata Amelia, porgendomi la biancheria intima ed un unguento bianco dall'odore nauseabondo.
"Che puzza!", esclamai annusando la pomata che mi aveva appena dato.
"Mettilo uniformemente sulle gambe. Con questa polvere di corni di unicorno e fece di usignolo cinese il dolore e gli ematomi passeranno in giro di un'oretta", spiegò la tata, rassettando il bagno.
"Sono obbligata a mettere della cacca di uccellino sulle gambe?", rimbeccai inorridita al pensiero.
"Non sei obbligata, nessuno ti comanda, ma quando indosserai quel microscopico abito che hai preso, ti si vedranno quei bellissimi tatuaggi", rispose, con mezzo sorriso, prima di girare i tacchi per andare in camera mia.
"Uffa", esclamai prendendo un po' di quella crema. La spalmai omogeneamente su tutto il corpo, abbondando su braccia e gambe (le parti più colpite).
Seguii le direttive di Amelia: lasciare agire il prodotto per mezz'ora.
Guardai l'ora sopra l'orologio sul mio comodino. Segnava le 18:30.
Avevo mezz'ora dedicata a me.
Inutile, dire che non feci altro che pensare a quello che era successo, ritrovando a riflettere che ultimamente, era più il tempo che passavo a farmi dei film mentali piuttosto che preoccuparmi per il mio compleanno dal quale mancava ormai pochissimo.
I problemi adolescenziali erano andati in secondo piano, lasciando il posto a pensieri più grandi di me.
Senza dimenticare tutte le informazioni apprese quel giorno stesso.
Ci sono quattro elementi predominanti, come aveva spiegato Mose, più l'elemento primordiale nascosto all'interno di noi: il potere flew. Una faccia della propria esistenza difficile da trovare dentro se stessi; la materia stessa di cui siamo fatti. Nel mio caso, secondo James, il mio era il flew più potente mai visto sino ad allora. Perciò il bel ragazzo, da accordo con la sua magica conoscente, aveva creato un allenamento così duro ed arduo che vide come protagonisti incantesimi di terra, con foglie volanti ed affilate come rasoi nuovi e rami di alberi, pronti a colpirti ovunque, specialmente alle spalle.
"Ora perlomeno saprò diffendermi", sospirai.

"Come stai Emily?", chiese timidamente la voce di mia nonna.
"Nonna", chiamai, sicura di sognare.
"Ciao bambina", disse la bellissima Izabela, giovane come lo era stato molto tempo prima di essere solo polvere di ossa, "sei stata bravissima oggi".
"Grazie", mormorai timidamente, "mi sono addormentata vero?".
"Già, hai chiuso gli occhi e la stanchezza ha preso il soppravento", spiegò la donna alzandosi dal mio letto, "ti devo delle scuse Emily".
"Cosa?".
"Mi devi perdonare per quello che ti sta capitando ora. È colpa nostra, mia e di tuo nonno. La maledizione e benedizione, che scorre nel mio sangue, è esplosa in te nel momento in cui Friederich ha voluto più potere di quanto potessimo controllare. Stai diventando sempre più forte e sempre più preparata per il sedicesimo ciclo della tua vita. Poi, non ti scordare l'importanza dell'amuleto della vecchia zingara e la pietra lunare", commento' la bella rumena, ammirandosi nel grande specchio davanti al mio comò.
"Pietra lunare?", domandai stupita, "non l'ho mai sentita nominare".
"È il contenuto dello scrigno che ti ha dato la maga Ezra. Portalo al Whiteknight, lui saprà come aprirlo".
"Ecco veramente... Me l'hanno rubato nonna", proclamai la verità, sperando che Izabela l' accettasse in maniera calma e tranquilla.
La stanza divenne un'ombra perpetua colorando tutto il mobilio nero pece mentre la figura della mia antenata s'ungradiva fuori dalle misure umane.
"Cosa? Chi ha osato entrare in questa casa? Di sicura un essere crudele e spietato... Ho solo in mente una persona, ma non può essere... A meno che", cominciò la donna calmandosi, per poi tornare alla sua reale statura, "Emy posso prenderti un attimo le mani?".
"Certo", concessi abbandonando il mio rifugio, ritrovandomi difronte alla bellezza e forza di mia nonna.
"Sentirai solo una leggera scossa", disse Iza.
Nel momento stesso in cui la mia pelle entró a contatto con la sua, il braccio si addormentò, a causa dell'energia azzurrina prodotta da mia nonna stessa.
Rividi tutti i miei ricordi, come se proiettati su uno schermo grande e bianco.
Io che litigo con mia madre, la bara bianca di mio padre, gli incontri con la luna, gli occhi di Jason,...
Tutti correvano in un susseguirsi di avvenimenti personali ed in un vortice di colori.
Tra le varie immagini scorsi anche ciò che era accaduto a casa Blais, rimanendo incantata nel vedere il bacio appassionato datomi da Jason, nella bellissima serra di famiglia.
"Non ci posso credere che mi abbia tenuto nascosto questo", borbottai, pochi istanti dopo fummo sostituiti da due occhi freddi e un naso adunco.
"Grisilde", mormorò mia nonna, ritraendo le sue mani da me, "ti ha trovata!".
Le figure, ombre del mio passato, sparirono così com'erano scomparse, lasciando attonite me e la bellissima Iza, ora bianca dalla paura di quella vecchia che avevo sognato.
"Nonna era solo frutto della mia mente. Non è reale", la rasscicurai, accompagnongola nel mio letto.
"Non dire sciochezze, Emily. Sappiamo entrambe che è la pura realtà, non diciamo fesserie. Tu sei in grado di viaggiare in diverse dimensioni: l'attuale, quella a cui appartiene; il passato, legato al sangue che ti scorre nelle vene ed infine, ma non ultimo, quello legato alla sfera della tua razza. Probabilmente, quest'ultimo è la più sicura di tutti".
"La dimora del mio spirito: il templio bianco", risposi, affogando nei smeraldi, che sorridevano alla mia risposta corretta.
"Esattamente. Luogo nel quale riceverai sempre rifugio da tutto e da tutti; lì potrai incontrare chiunque vorrai, a patto abbia il cuore puro".
"Jason è riuscito a raggiungermi", osservai, rivedendo il momento in cui ero stata salvata.
"Benissimo! Vuoldire che questo Whiteknight ti vuole veramente bene. Ora Emily, il tuo compito è imparare come usare i tuoi doni. Dapprima, i segni che fanno parte di te: terra ed acqua. Il primo, in quanto lupo, ti appartiene come diritto di nascita; il secondo è dettato dal mondo in cui ti farai strada nella tua vita. All'inizio sarai solo un fiumicciattolo quasi prosciugato, ma alla fine sfocerai in un magnifico oceano. Forte e potente come me e la tua bisnonna", affermò, fiera, Izabela con lo sguardo in fiamme.
"Safira?", chiesi timorosa.
"Giusto. Lei era la superiore del nostro ordine e... Zitta Emily arriva qualcuno", esclamò la donna, guardandosi attorno.
Appoggio l'orecchio a terra in ascolto di rumori impercettibili al mio udito.
"Emily ora devo andare. Sii prudente".
Mi baciò con le lacrime agli occhi, andandosene, senza vedere, le due mani raggrinzite, aprire il tetto della mia casa come se fosse la dimora delle bambole.

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