Zeus.

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Il cancello si aprì e ci condusse ad un sentiero delineato da meravigliosi aceri spogli che delimitavano un bellissimo giardino.
Alla fine del sentiero, quando arrivammo davanti alla Maison Wood rimasi letteralmente a bocca aperta.
La vista di Maison Wood mi fece tornare bambina. Mi trovavo davanti alla versione moderna di un classico castello da fiaba e, con un po' di immaginazione, i due pilastri portanti che arrivavano al secondo piano ne ricordavano quasi le torri. Il tetto affusolato riprendeva il verde del massiccio portone, e i giochi di luce della fondana al centro della piazza in cui ci trovavamo rendevano tutto ancora più magico.

"Wow" esclamai, senza di distogliere lo sguardo dal getto d'acqua che fuoriusciva da un'antica anfora dorata. Riuscì a distrarmi solo un lampo rosso sul pelo dell'acqua, ma quando mi voltai la carpa Koi si era già rituffata tra le ninfee.

«Io mi lamento di avere una casa grande, ma tu Jason hai una reggia!» Tutto era curato nei minimi particolari: le tessere nel lastricato che riproducevano l'emblema del suo casato, le siepi dalle forme geometriche impossibili, e neppure i mucchi di foglie secche accatastate sembravano poterne contaminare la bellezza.

«In effetti, Maison Wood è stata costruita su modello del nostro castello francese nella valle Louise» disse invitandomi con un gesto a entrare.

«Nella valle Louise?» chiesi mentre lo seguivo attraverso l'atrio, guardandomi intorno con occhi spalanca. L'arredamento era moderno ed elegante, eppure si sposava perfettamente con lo stile classico esterno.

Al centro della stanza rettangolare c'era un tavolo nero con la superficie in cristallo dove troneggiava uno splendido vaso bianco colmo di rose rosse. Alle spalle, due grandi scalinate dividevano l'atrio in tre parti uguali segnate da tre linee rosse postate sul pavimento con particolare attenzione.
"Buongiorno Signorino"- esclamò un uomo sulla sessantina, venedoci incontro con passo veloce, attraversando un arco che dava su un'altra stanza.
Indossava uno splendido smoking nero che contrastava con la pelle chiara e la folta chioma bianca.
"Ciao Edward"- disse Jason appoggiando sul tavolo le chiavi di casa -" Prendi pure il cappotto alla Signorina Mann, Ed."
"Mann?"-ripete' l'uomo prendendo in mano il giaccone che mi ero appena tolto.
"Molto piacere"-ribattei a mia volta facendo un sorriso a quel simpatico vacchietto che mi guardava come fossi un'animale raro.
"Mann... Quanto tempo che non ne incontravo uno"- affermò l'uomo per poi mettersi sull'attenti -" Piacere, Signorina. Io sono Edward Smith, maggiordomo della famiglia Blais da trent'anni. Mio padre prima di me ha seguito questa casata importante ed io ho seguito le sue orme con grande orgoglio e le segue tutt'ora".
"Sono molto onorata"-risposi facendo a mia volta un'inchino come quello appena fatto dal signor Smith.
"Bene ora che Ed ti ha descritto il suo albero genealogico e la sua carriera direi che possiamo andare nella biblioteca"- erruppe Jason prendendo il mio braccio e tirandomi verso la rampa di scale che saliva a destra.
"Signorino, vi preparo qualcosa?"
"Mmm... Hai fame, Emy?"-chiese Jason posando il suo sguardo nei miei occhi.
Il mio cervello si scollegò di nuovo, facendo prendere il soppravento all'emozioni che stavano nascendo dal mio cuore. Era più forte di me, non potevo fare altro che affogare nel mare di ghiaccio che riuscivo a scorgere in Jason.
"Sì, no..."-cominciai stringendo al petto la cartella, come uno scudo capace a difendermi da qualsiasi effetto provocavato in me da quello sguardo-" non ho fame. Magari qualcosa da bere?".
"Ed, portaci della limonata fresca ... E dei sandwich al salmone"- proclamò Jason senza interrompere il nostro contatto visivo, con tono caldo e sexy-"ho molta fame".
"Da accordo, vado a preparare tutto, con il vostro permesso"- disse il signor Smith congendadosi per poi sparire da dove era entrato.
"Seguimi Emy"- esordi' Jason vedendo la mia andatura calma e salda.
Da bambina mi avevano insegnato a fare le piccole cose con criterio. Non correvo mai per le scale, le facevo con calma tenendo saldo lo scorrimano. Specialmente, in quella dimora sentivo il dovere di comportarmi in maniera impeccabile usando gli insegnamenti di bon ton appresi durante le caldi estate passate a studiare il modo in cui ,parlare, mangiare e persino sbadigliare in mezzo a un gruppo di persone di un certo ceto.
"Dai muoviti, ...ho capito ti porto io".
Non feci nemmeno in tempo a elaborare le parole appena dette da Jason che mi ritovai sulla sua spalla destra come un sacco di patate.
"Mettimi giù"-pregai con voce acuta mentre cercavo di scendere da quella montagna di muscoli scalciando e dibattendomi-" Jason ho capito, camminerò anzi correrò. Meglio ancora proverò a volare , basta che mi fai scendere!".
A quell'affermazione ci fermammo di colpo e fui posata per terra guardando il ragazzo che mi aveva trasportato per una rampa di scale sino ad un corridoio adornato da sculture classiche.
Jason aveva un'espressione indecifrabile sul viso osservando un'ombra dietro di me. Senza perdere tempo mi fece girare per mostrarmi cosa si celava.
"Salve, professore"-salutai il padre del mio compagno sistemandomi la felpa e i capelli.
"Ciao Emy, chiamami pure Steve"- esclamò l'insegnante-" Immagino che debba chiederti il perché tu sia qui e il perché fossi in braccio, o meglio sulle spalle di mio figlio!?!".
"Posso spiegare.."-balbettai immaginando il colore rossastro assunto dal mio viso.
"Noi dobbiamo fare una ricerca, padre"-disse Jason con voce piatta assumendo un atteggiamento di sottomissione al genitore.
"Una ricerca sulla forza delle spalle di un atleta?"- domandò il docente facendo un sorriso malizioso e spostando lo sguardo da me e Jason.
" Veramente su Tristano e Isotta"-risposi con la voce che usavo solitamente con mia madre o con Amelia quando combinavo qualche pasticcio o prendevo un brutto voto su una materia scientifica.
"Interessante"- commento' Mister Blais-" È per la materia di Brown vero? Chi ha scelto un libro così romantico ed allo stesso tempo sensibile?"
"Il professore stesso"- disse Jason seccato e continuò-" Ora se puoi scusarci!".
"Certo, mi dispiace di avervi interrotto"- borbottò Steve superandoci per poi girarsi su se stesso aggiungendo -"Emy, sei la benvenuta. Fai come se fossi a casa tua".
"Grazie, signor Blaise".
"E Jason?".
"Sì, padre?"
"Fai vedere ad Emy la bellissima Maison Wood quando avrete finito".
"Certo"- ribatte' il ragazzo con le braccia lungo il corpo, e mani strette in due pugni forti.
"Arrivederci ragazzi"- ci salutò il professore per poi scomparire alla nostra vista lasciandomi da sola con il figlio taciturno e con sguardo assente.
" Tutto bene?"- domandai avvicinandomi a Jason che se ne stava in silenzio-" Jason?"
"Ho sentito Emy"- rispose con un filo di voce calma, come la brezza marina capace di far rinvenire qualsiasi essere durante un'estate torrida.
" Quindi?"
"Quindi ora andiamo nella biblioteca!"-ruggi' ferocemente Jason rubandomi lo zaino dalla mano destra e mettendolo sulle spalle-"Riesci a camminare giusto?"- sbottò asciutto avanzando in mezzo alle statue di Zeus, Diana ed Afrodite.
"Sì, certo che ci riesco!"-esclamai seguendolo a mia volta osservando la bellissima riproduzione del capo degli deii.
Non potei fare a meno di paragonare il bellissimo Zeus al meraviglioso ragazzo che mi precedeva.
Jason come il dio sembrava in conflitto aperto con il padre pronto a cibarsi del figlio stesso.
Chissà, se anche lui avrebbe avuto coraggio di uccidere il padre come aveva fatto il potente Zeus.
"Siamo arrivati!"- proclamò fermandosi davanti ad un portone massiccio in legno nero ebano.

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