Incontro con il destino.

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" Oggi il cielo è lievemente nuvoloso e il freddo sta aprendo le danze. Non dimentichiamo che oggi è il primo giorno di scuola. Svegliatevi dormiglioni!", ordinò la voce stridula e fatale proveniente dalla radio che fungeva anche da sveglia.

Erano le 6.30 di un lunedì qualsiasi sotto gli occhi di molti, ma per me non era così. Stavo per iniziare una nuova avventura scolastica.

Feci una doccia lunga e, coccolata dal calore dell'acqua calda, ripassai a mente come sarebbe andata la mia giornata.
"Prendo l'autobus con Marina. Non lo perderemo perché non lo permetterò, non cadrò ... niente figure di merda!".
Il vestito a fiori per il quale avevo optato la sera prima, sembrava cosi sciocco e infantile.
"Non posso andare con quell'abito, sembrerò una bimbetta. Che cavolo mi metto adesso..mpfff".
Alla fine scelsi, un paio di jeans e un maglioncino bianco in cotone con il collo alto, grazie al quale non si sarebbe vista la voglia che avevo sulla schiena proprio sotto la nuca.
La odiavo tantissimo. Negli ultimi anni con mia madre avevo girato mille e uno studio di dermatologi in cerca di capire cosa fosse quell'odiosa macchia rossa. Non mi faceva male, non era nemmeno grande. L'unico difetto era che una volta al mese il colore s'intensificava in maniera quasi mostruosa.
Prima di uscire dalla stanza mi contemplai allo specchio.

Mi venne da sorridere.

Ormai non ero più la piccola della casa Mann. Avevo degli occhi profondi e verdi, i capelli ormai erano abbastanza lunghi da arrivarmi all'altezza del sedere, per non dimenticare il seno ormai sbocciato. Nell'insieme non ero male.
Misi un filo di eye-liner nero e un po' di mascara, ma cosa più importante il pendente di papà.

Era stato il suo dono per il mio nono compleanno, l'ultimo passato assieme. Il ciondolo non aveva un valore in sé, era di ferro battuto e raffigurava una luna piena e una mezza luna. Me l'aveva regalto dicendomi che ogni volta in cui avrei avuto bisogno di protezione o quando mi sarei sentita sola, mi avrebbe aiutato. So che sembra una sciocchezza, ma io ci credevo.

Presi la cartella e andai in cucina, dove c'era una colazione per un intero reggimento.
Naturalmente, non era stata mia madre a preparare tutto quel ben di Dio, ma la mia tata: Amelia. Per me lei era più di una domestica. Giocava con me quando mia madre era occupata, mi ha tirato su il morale quando in quarta classe Billy Chang mi aveva rotto gli occhiali per sbaglio, mi aiutava a fare i compiti. Era una presenza costante nella mia vita, seguendomi più lei che mia madre stessa. Da Amelia avevo ereditato anche l'amore per la cucina.
Adoravo vederla ai fornelli.
Quella mattina aveva tutti i fuochi occupati. La casa profumava di sugo e verdura, stava preparando il suo cavallo di battaglia: riso con crema di fagioli.

Mi dava le spalle, ma non era un problema perché anche se non mi guardava direttamente riusciva sempre a vedere quello che facevo. Ho sempre sospettato che avesse un occhio nascosto sotto la folta chioma di capelli neri e ricci.

Mi appollaiai su uno sgabello e addentai un bellissimo muffin alla cioccolata fondente ricoperta di granella.
"Amelia ti adoro. Sono ottimi questi muffin.." farfugliai, pulendomi il viso con la mano.
"Ci sono le salviette Emily, per pulire la bocca. Sai cosa direbbe tua madre? Che le brave ragazze di buona famiglia..." cominciò Amelia.
"..seguono il bon ton!", terminai, "e che gli uomini non si sposano con delle donne che sembrano animalidivoratori. Lo so, me lo dice sempre. La mamma ha paura che mi ritrovi a cinquant'anni a ingozzarmi con un intero tacchino per la festa del ringraziamento da sola!
Ecco il suo obbiettivo: farmi studiare per accalappiarmi un giovane facoltoso e magari intelligente di qualche grande città...."
"Tua madre vuole solo il meglio per te " , la giustificò la donna, "Comunque, fuori c'è l'autista nuovo, Louise, che ti sta aspettando. Emily bambina mia dove sono gli occhiali?".
Amelia si era voltata e aveva visto la novità del giorno .
"Ho le lenti a contatto giornaliere non sono male. Comunque mi porto via due muffin per oggi. Grazie", presi i dolci, li misi in un sacchettino e le diedi un bacio.
"A proposito, non vado a scuola con il nuovo autista, prendo il bus scolastico con Mary, non dirlo a mia madre. Grazie, ti voglio bene", chiusi la porta secondaria della cucina, lasciandola a bocca aperta e con uno sguardo torvo.

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