25 novembre ✔️

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Oggi è il grande giorno: è il derby calcistico femminile delle scuole, e il preside ogni anno decide di sospendere le lezioni per fare in modo che la squadra abbia tutto il tifo e tutto il supporto possibile. Sono il capitano, giocherò da titolare. Ho deciso di indossare la mia tuta dell'Atletico, come mi è stato suggerito dal professor Garcia, per far capire alle altre chi sono e che cosa sto facendo nella mia vita. Al pomeriggio avrò degli allenamenti intensi, ma questo verrà dopo. Ora devo concentrarmi unicamente sulla porta avversaria, dovrò far gonfiare la rete come farebbe Cristiano Ronaldo o, meglio ancora, Lionel Messi.

Quest'anno non perderemo, come gli altri anni. Siamo veramente pronte a tutto dopo moltissime ore di allenamento. Ovviamente l'unica che giochi davvero a calcio della squadra scolastica sono io, perciò ho una responsabilità enorme. Devo trascinare la squadra, devo far vedere che cosa significhi avere spirito di gruppo e voglia di arrivare al trionfo.
Ho l'ansia che mi divora lo stomaco ed il pancreas, mi sembra di morire, tutto questo per la partita. Sara sa quanto io ci tenga e farà di tutto per calmarmi, ma non serve. Alvaro non può esserci nonostante gli abbia chiesto di presentarsi per chiarire e per spiegargli quello che ho in mente. Mi sa che sarò sola, a meno che quel tedesco squilibrato non decida di presentarsi all'ultimo. Spero non lo faccia.
Indosso i pantaloncini, la maglia dell'Atletico e i miei inseparabili calzettoni, che mi portano fortuna.
Scendo in campo. Ora sono davvero pronta, attendo il fischio di inizio. Mi guardo attorno: la squadra é forte, preparata e ha voglia di combattere. In platea c'è quasi tutta la scuola, ma io cerco una sola persona, nonostante io non voglia: il mio Mario. Lo vedo, é la, appoggiato allo stipite della porta della palestra, e mi guarda con un sorriso. Ricambio e vedo che mi fa il segno di un cuore con le mani, in antitesi a tutte le parole di odio che ci siamo scambiati giorni; correrei ad abbracciarlo e perdonarlo, ma non posso proprio. L'arbitro fischia, si va in scena.

***

É finito il primo tempo e stiamo perdendo 1-0, come c'era da aspettarsi. Il professore é abbastanza nervoso, si è praticamente distrutto le unghie a furia di mangiarsele. Sono qui, negli spogliatoi, da sola. Voglio segnare, voglio far vedere a tutti che la Naomi Alonso farà scintille. Gioco nell'Atletico Madrid, non in una squadretta qualunque.

-Naomi... Non ti trovavo e mi stavo preoccupando.- dice Mario. Chiude la porta e mi abbraccia. Lascio che mi coccoli un po', ne ho bisogno. Tutti gli insulti che ci siamo dati vengono sostituiti dalla protezione che mi dà. Mi accarezza i capelli teneramente, tutto quello che potrei desiderare in questo momento. Mi dà un bacio sulla fronte. Le ragazze ci abbandonano, capiscono la delicatezza del momento e mi lasciano un po' da sola con lui. Stringe le mie mani e fa intrecciare le dita. Si siede e mi attira sulle sue ginocchia. Mi bacia con dolcezza tenendomi bloccata su di lui. Gemo e assaporo ancora una volta le sue labbra alla fragola. Quanto vorrei non potermi fermare al semplice bacio con lui. In un'altra occasione, lo priverei di tutto quello che indossa.

-Sei forte, farai un figurone dopo. Non deluderai mai le mie aspettative. Scusa per tutto quello che è successo qualche giorno fa. Hai esagerato un po', è vero, ma lo hai fatto per causa mia. Adesso ti prometto che proverò a farti vedere un'altra parte di me, cosa che mi chiedi da una vita. Devo smettere di fare di testa mia. Sei tu che sai sempre cosa fare e come fare.- sussurra teneramente, accarezzandomi la guancia. Lo adoro quando fa così con me. Sentire queste sue parole al miele mi fa sciogliere come burro al sole. So che da parte mia non c'è solo voglia di sesso, ma molto di più.

-Lo spero... Però io non capisco una cosa.- gli rispondo.

-Dimmi.- dice. Mi bacia sul collo, ma lo faccio smettere. Devo essere lucida, ho una partita da giocare e da vincere.

All'ombra della quercia [Mario Götze]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora