∁ᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 27

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Jamie

Quando Jamie lesse il messaggio sul cellulare, non rimase affatto sorpreso di ciò che scoprì.
Il sospetto che Harvey avesse ucciso Benji era sempre stato un fatto inconfutabile per lui. 
Ricordava ancora le sere in cui il fratello tornava a casa incazzato con il viso e le nocche coperte di sangue. A Jamie, che allora aveva solo undici anni, diceva di aver aveva litigato con il suo migliore amico, un certo Harvey, e che non gli era concesso sapere altro perché era troppo piccolo.
Il motivo che li spingeva a picchiarsi ogni notte, pensò Jamie, doveva essere lo stesso motivo che aveva spinto Harvey a far fuori Benji. 
Non era mai riuscito a capire quale fosse quel motivo, era il suo cruccio da anni.

«Buongiorno Robert.» salutò Jamie entrando in cucina.

Il signor Walker lanciò a Jamie una breve occhiata mentre infilava la giacca del suo completo da lavoro, poi disse con tono piatto: «Ciao Jamie. Vi ho lasciato i soldi per quattro o cinque giorni sul tavolo del salotto, riuscite tu ed Aaron a non distruggere la casa mentre sono in viaggio?»

Jamie aveva dimenticato la partenza del signor Walker. Di tanto in tanto, capitava che l'ufficio legale presso cui lavorava, lo mandasse a lavorare in altre città. La durata media solitamente era di uno o due giorni, infatti, questo sarebbe stato il viaggio più lungo mai fatto.

«Certo che no.» scherzò lui, ma rimanendo serio. «Organizzeremo feste ogni sera con ragazzi ubriachi che vomitano sui tappeti, si strusciano sui divani e giocano a football con i vasi di terracotta.»

«Molto divertente.» commentò l'uomo, ma non c'era nulla nella sua espressione che facesse capire quanto fosse divertito.

Zero senso dell'umorismo.

L'anta della credenza sopra al lavello cigolò quando Jamie la aprì per prendere la sua tazza di Grisù il draghetto che riempì con il latte e i cereali. «Buona fortuna con la sua causa!» fece in tempo a gridare prima che il signor Walker lo salutasse e uscisse di casa.

Mentre faceva colazione, ripensò a quella notte.
Lui e Taylor avevano dormito insieme e Jamie si era sentito soddisfatto anche senza il bisogno di toccarla. Era una sensazione strana per lui, non era mai stato nel letto con una ragazza senza farci niente.
Eppure era successo, con Taylor.

Taylor

«Taylor!»
Diana urlava il suo nome dal salotto da almeno dieci minuti.
Decise di farla continuare ancora per un po'. Prese il telefono, mise le cuffie alle orecchie e fece partire The Reason degli Hoobastank.
Poi si disse che era meglio scrivere ad Aaron per dirle di Cloe, così entrò nei messaggi, lo selezionò e scrisse:

Io e Cloe abbiamo litigato. È scappata via.

Rispose subito.

Penso io a lei.

Taylor si ritrovò a ripetere quelle parole nella mente.
Aspettò per qualche minuto che la sensazione di gelosia le attanagliasse lo stomaco per le attenzioni che Aaron rivolgeva a Cloe.
Trattenne il respiro. Niente.
Taylor non capiva come potesse essere possibile.

Scrisse anche a Torrence. Sentiva il bisogno di sfogarsi e lei era un'ottima ascoltatrice.

Tu credi che sia possibile amare due persone contemporaneamente?

Taylor sospirò guardandosi un po' intorno. La musica copriva ogni rumore, bastava chiudere gli occhi per trovarsi in un universo parallelo.
Il telefono vibrò tra le sue mani.

Stiamo parlando di te?

Rispondi alla domanda. Insisté sbuffando.

Le arrivò subito la risposta: Prima tu.

Baby, you are my troubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora