∁ᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 21

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Canzone: Photograph di Ed Sheeran
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Taylor

Quella notte Taylor venne tenuta sveglia dai pensieri.
Si era alzata almeno una decina di volte e solo due era riuscita a rimettersi a letto.
Poi verso le sei del mattino si alzò definitivamente, tanto non sarebbe più riuscita ad addormentarsi.
Aveva tanti problemi e nessuna soluzione.

Non chiuderò più occhio per il resto della vita! si disperò.

Poi si disse che doveva reagire, come aveva sempre fatto e smetterla di lagnarsi.
Così prese il cellulare e partì con il risolvere il primo problema.

Mandò un messaggio in risposta allo sconosciuto e scrisse: Ho usato i cinque dollari per pulirmici il culo. Smettila di scrivermi o il prossimo a leggere i tuoi messaggi sarà la polizia.

Fu orgogliosa delle parole che scrisse.
Premette invio e passò subito al secondo problema sulla lista: Jamie e il sogno che lo riguardava.
Dopo la chiacchierata che avevano fatto al covo, Taylor aveva un pensiero fisso nella mente.
Jamie non aveva detto tutta la verità.
Anche a lui scrisse un messaggio. Semplice e conciso.

Devo parlarti, vediamoci al covo il prima possibile.

Si trovarono li dopo la scuola, Jamie aveva insistito tutta la mattina per farsi dire di cosa doveva parlarle, ma Taylor aveva preferito cucirsi le labbra e mantenere il segreto per paura che poi lui si rifiutasse di affrontare l'argomento.

«Ora vuoi dirmi di che si tratta?» urlò Jamie per sovrastare il rumore delle rotelle dello skateboard che scorrevano sul cemento.

Taylor si mise seduta sul suo skate guardando il ragazzo che si impegnava a fare un kick-flip. Gli riuscì alla perfezione.

«Si tratta di un sogno che ho fatto.» farfugliò lei con le parole che uscivano dalla bocca ogni quattro-cinque secondi.

Seguì raccontando il sogno nei minimi - per quanti pochi fossero - dettagli.
Non si sentì sollevata neanche dopo averlo fatto.

«E quindi?» fece Jamie alla fine. «Cosa dovrebbe significare un abbraccio?» urlò, la voce che rimbombava come in un tunnel. «Abbraccio tanti miei amici.» aggiunse con tono distaccato.

«Non era un abbraccio amichevole,» cercò di spiegarsi la ragazza. «ma qualcosa di più forte.»

«Stai forse cercando di chiedermi se sono gay?Perché sai che non lo sono.» Jamie aveva tolto un piede dallo skate e lo aveva appoggiato a terra per frenarsi. La guardò malizioso e le fece l'occhiolino.

Taylor si alzò in piedi squassandosi i pantaloni con le mani per togliere la polvere. «Cosa?» disse stridula. «No, idiota, intendevo che sembrava più un... abbraccio... fraterno!?» la voce piegata dall'incertezza. «Hai parlato di un fratello settimane fa.»

«Ho detto che non ho un fratello.» si affrettò a ribattere lui, il tono distaccato.

Poi raccolse lo skate e andò a sedersi sulla parte superiore di una delle rampe e li aspettò che Taylor facesse lo stesso.

«Si, me lo ricordo,» disse lei mentre lo raggiungeva. «ma forse ce l'hai avuto, il che significa che è...» Accortasi della sua indelicatezza, Taylor si morse la lingua come per mettere un freno alle parole.

Ma ormai il danno era fatto, e Jamie continuò con un: «Morto?»
Si sfilò il cappello degli New York Yankees e tenendolo per la visiera, lo guardò assorto.

La ragazza annuì suo malgrado.

«Potrebbe essere così.» svelò cauto, forse non voleva darle soddisfazione, o più probabilmente, non voleva ancora crederci.

Baby, you are my troubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora