Capitolo 5

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DANIEL'S POV:

Salii in macchina e mi diressi subito al cortile della scuola, dove mi attendeva Shawn. Sfrecciai con il mio pickup ad una velocità pari a 110 km/h per arrivare il prima possibile.

Una volta che fui lì scesi dall'auto e vidi in lontananza Matthew litigare con un ragazzo dell'ultimo anno.

Shawn corse verso di me con il viso rosso, le vene del collo gli pulsavano e la maglietta stropicciata, faticava a respirare tra una parola e l'altra.
"Finalmente sei arrivato, pensavo avessi deciso di non venire piú. Per l'ennesima volta Matthew ha accusato Jack di aver barato alla partita. Jack si é incazzato, ha iniziato a spingerlo e Matt ha reagito dandogli un pugno, adesso non riesco più a fermarli, ci ho provato, gli altri mi hanno abbandonato non appena usciti dagli spogliatoi, non ne hanno voluto sapere nulla. E tra un po' usciranno anche i ragazzi della squadra di Jack"

Matthew era uno dei miei compagni di squadra, quel giorno non potei partecipare alla partita per lo stesso motivo che mia madre mi elencò varie volte qualche ora prima. Ero l'unico che riuscivo a metter ordine in quella squadra, non per questo l'allenatore mi aveva nominato Capitano, nonché Quarterback e mi stavo giocando il ruolo se ne avrei combinate ancora una delle mie e non avrei fatto qualcosa per alzare la media.
Quel giorno avevo affidato il compito a Shawn di tenere sotto controllo la squadra, sembrava fatto apposta ma ogni qualvolta che mancavo succedevano sempre dei casini.

"Tu tieni fuori Matt e io penso a Jack."

Corremmo verso di loro, Matt era a terra con la faccia gonfia e con i denti pieni di sangue, Jack sopra che lo stava malmenando per bene.
Acchiappai Jack con rabbia portandogli negli spogliatoi della mia squadra, con ferocia lo afferrai per la maglietta e lo spinsi al muro, era più alto di me, ma non aveva tutta questa forza. Con il gomito puntato sul collo lo guardai minaccioso.

"Sappiamo tutti che per vincere faresti di tutto. Non sai giocare una cazzo di partita lealmente. Continua così e la prossima volta te la vedrai con me, non con Matt. Fossi in te farei veramente attenzione"

Non parlò, continuava a dimenarsi, decisi di lasciarlo libero, sperando che servisse questo avvertimento.
Non appena tolsi il braccio, mi assestò un pugno che mi fece perdere l'equilibrio, mi appoggiai al muro, ma lui era già scappato. Decisi di non reagire e corrergli dietro, ero solo uno stronzo e io dovevo cercare di stare calmo e non mettermi nuovamente nei guai.
Con il palmo della mano tamponai la bocca, sentivo un retrogusto di sangue nella mia lingua, infatti vidi una chiazza rossa sul palmo. Presi la fotocamera del cellulare, impostando quella interna, e lo avvicinai di più alla bocca, avevo un piccolo taglio sul lato destro, era un po' gonfio e cominciava a bruciare. Leccai la ferita, e lasciai il posto. Prima che me ne rendessi conto ero davanti il cancello di casa mia, una volta sceso decisi di saltare le presentazioni e anche la cena, non avevo voglia di parlare con nessuno.

AMANDA'S POV:

Aspettammo un bel po' il figlio di John, di cui non sapevo il nome. Rose provò a chiamarlo almeno una decina di volte, poi si scusarono per il disagio e cominciammo a cenare.
Quando finì provai a togliere i piatti e a sistemare, ma me lo negarono, così chiesi il permesso per andare di sopra a riposare. Mi sentivo distrutta per quel lungo viaggio.

Non appena mi alzai dalla sedia entrò quel ragazzo, e i nostri sguardi finirono su di lui. Aveva un taglio profondo sull'angolo delle labbra. Ma non si fermò, andò dritto di sopra. Incuriosita decisi di seguirlo, ma capendo le mie intenzioni si fermò nell'ultimo gradino, così me lo ritrovai faccia a faccia.

"É stata una giornata di merda, ti consiglio di non seguirmi, non me ne frega un cazzo di trattarti bene solo perché sei mia ospite. Ritornatene nel tuo castello principessina."

Infastidita risposi: "Sei davvero maleducato. Volevo solo aiutarti, ma evidentemente non sei abituato a certe attenzioni."

Serrò la mascelle e fece un passo avanti, costringendo me a farne due indietro. Distolsi lo sguardo un po' impaurita.

"Non ho bisogno di nessuno"

"Quella ferita che hai sulle labbra, va disinfettata subito. Quindi che tu voglia o no io ti aiuto, non sono sicura che tu sappia come si faccia" lo presi in giro smorzando l'aria. Ma non si curò di questa risposta, si voltò e se ne andò via ignorandomi. Odiavo le persone che mi ignoravano, mi faceva imbestialire.

Lo seguì fino alla sua stanza, ma la chiuse lasciandomi dietro la porta.
Andai nella mia e tirai fuori dal cassetto un piccolo contenitore verde, conteneva proprio quello che mi serviva, cotone, disinfettante e una pomata per aiutare le ferite a chiudersi. Mi alzai e ripercorsi il corridoio, adesso sapevo che la sua stanza era l'ultima a destra. Provai a bussare, ma non rispose. Tirai un sospiro e fortunatamente notai con mia sorpresa che non era chiusa a chiave. Osservai in maniera sbarazzina la stanza, il letto era vicino la porta, di fronte la finestra c'era un divano a tre posti con una sfilza di vestiti buttati a casaccio. Una piccola scrivania con una pila di fogli sparsi e un MacBook aperto ma spento. Dei poster appesi in giro dei Pink Floyd e di Tom Brady che esultava, o nella posizione assunta pronto a tirare la palla.

Piano mi appoggiai con le ginocchia a terra davanti il suo letto. Non si girò neppure per guardarmi, era assorto nei suoi pensieri, però non mi disse niente nonostante fossi lì.
Con attenzione presi il cotone che bagnai con un po' di disinfettante e glielo appoggiai sulle labbra. Sussultò un pò, ma mi lasciò fare.

"Emh.. ti va di parlare di cosa é successo?" Cercai di essere gentile.
"Credi davvero che possa raccontare le mie cose ad una sconosciuta?"
rispose acido.
"Okay, va bene, volevo solo fare conversazione o cercare di aiutarti.. sai a volte fa bene parlare" non ottenni risposta come mi aspettavo.
"Posso sapere solo come ti chiami?"
"Daniel"
"Io sono Amanda"
Il silenzio mi metteva nervoso, così continuai.
"I tuoi genitori sono davvero delle brave persone"
"Non é mia madre" disse a denti stretti.
"Chi? Rose?"
"È la compagna di mio padre, quindi evita di dire 'i tuoi genitori' come se quella troia fosse mia madre" quasi urlava, mi stava spaventando.
"Non dovresti chiamarla così, non sai quello che dici" ribattei, mettendomi in piedi, avevo appena preso la pomata in mano per mettergliela, ma non avevo più voglia.
"Fatti gli affari tuoi. Non sai niente. Sei appena arrivata e giochi a fare la psicologa, cerca di risolvere i tuoi problemi prima e poi ne parliamo" mi trafisse con uno sguardo carico di rabbia.

Avevo le lacrime agli occhi, mi morsi le guance per cercare di trattenermi.

"Ti sei trasferita per ben quattro volte, tuo padre se ne andò via da casa tua all'età di sei anni, e da allora che ti sei chiusa in te stessa.
Pensi che partendo tu possa lasciare il passato alle tue spalle e ricominciare daccapo, odi partire, ma nello stesso tempo ti da questa piccola speranza. Non so altro, ma origliando ho ascoltato questo e a giudicare dal tuo viso è tutto vero" sputò velenosamente, come se provasse piacere nel vedermi stare male.

"Sei tu che non sai nulla della mia vita, non puoi capire, non dovevi buttarmi in faccia la mia vita, non dovevi! Cercavo solo di aiutarti" incontrollabilmente buttai a terra tutti i suoi fogli della scrivania, feci cadere i suoi vestiti, con tutta la forza che avevo gettai giù la sedia e gli strappai un poster di Brady.
Mi gettai a terra in un pianto isterico, qualcuno aprì la porta, una voce femminile mi arrivò alle orecchie.
"Che catastrofe, ma che cosa sta succedendo? Dio, Amanda stai bene? Sta tremando John" urlò.

Mi alzai cercando di rimanere calma e pulendomi le lacrime dal viso.
"Ho avuto una piccola crisi, perdonatemi, domani rimetterò tutto in ordine" con gli rivolti a terra e ancora pieni di lacrime, prima che potessi nuovamente perdere la mia calma uscì velocemente e mi chiusi nella mia stanza.

Perché mia madre raccontò tutto a degli sconosciuti?
Mi buttai nel letto iniziando a singhiozzare, sempre piú forte, pensavo di aver lasciato il passato alle spalle. E invece mi perseguiterà sempre, influirà comunque sul mio futuro, non potrò mai superarlo definitivamente. Affondai nel mio cuscino, sentendo le palpebre farsi sempre più pesanti.

Niente é impossibile (IN REVISIONE)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora