∁ᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 11

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«Sei riuscita a farti odiare da me, brava.»

***

Psicopatologa (/psicologa) - Professoressa C. Daniels

Taylor fissò, seccata, la bacheca della scuola riflettendo sull'esistenza della parola "psicopatologa".
Chi poteva aver inventato una parola del genere? pensò tra se, non sarebbe stato più facile dire "psicologa" o "analista" o ancora "strizzacervelli"?
In ogni caso andare da una psicopatologa, non rientrava nella sua punizione, così decise di passare oltre.
Le bastò scorrere il dito una riga più in basso per trovare il suo girone dell'inferno personale, la sua cosiddetta punizione per aver "causato danno alla scuola" come aveva precisato la preside.

Gruppo per il controllo e la gestione della rabbia (GCGR) - Professor. R. Raymond Biblioteca, ore16:30 (Lunedì e Venerdì)

Sbuffò rumorosamente.
Taylor si sentì incompresa, la madre aveva pensato che la bravata della notte scorsa - non aveva spifferato niente su Aaron e Jamie, per quanto quest'ultimo se lo meritasse - fosse dovuta a un eccesso di rabbia, ma ancora una volta la dottoressa aveva sbagliato la diagnosi. Lei non si sentiva affatto arrabbiata, ciò che voleva era attenzione e trovava ingiusto il fatto di dover prendere parte a un gruppo di ragazzi pazzi e accecati dalla rabbia che non avevano nulla a che fare con lei.
Malgrado tutto questo le sembrasse una colossale ingiustizia, non era nella posizione di contestare.

Sulla porta della biblioteca c'era l'elenco dei partecipanti all'incontro, lesse qualche cognome tra cui.
Carlton
Davidson
Monroe
...
Non conosceva nessuno di quei cognomi.
Quando decise di entrare, la porta le si aprì davanti e un ragazzino con occhiali e camicia a quadri ne uscì con una pila di libri sotto ognuna delle due braccia.

«Ne hai lasciati un po' oppure la biblioteca si trasferisce a casa tua?» scherzò lei aspettando che lui si voltasse per ridere o per lanciarle un'occhiataccia, ma non fece nessuna delle due cose.

Allora Taylor si precipitò dentro, pronta al peggio. Aveva trascorso tanto di quel tempo in quel luogo il primo anno, da sapere per certo che quei tipi di incontri si svolgevano sul lato ovest della biblioteca, uno spazio libero dove gli studenti potevano incontrarsi per studiare. I tavoli erano stati spostati ai lati, sotto i due finestroni, mentre le sedie erano servite a creare un cerchio in mezzo allo spazio libero.

La ragazza entrò nel cerchio andando a sedersi accanto a l'unica persona presente, un ragazzo con le spalle ricurve e i capelli che sembravano il nido di un uccello. Si promise di non ridere, non sapeva quale sarebbe stata la reazione dello sconosciuto.

Taylor fece scivolare lo zaino a tracolla dalle gambe al pavimento. Tamburellò con le dita sul jeans chiaro, all'altezza del ginocchio. «Siamo solo noi?» chiese cauta.

«Non parlarmi!» le intimò il ragazzo, gli occhi neri strabuzzati la fissarono insistentemente per qualche istante.

Presto Taylor si rese conto che parlare con quel ragazzo, o con uno qualsiasi di quei pazzi, era come camminare su un campo minato. Potevi dire la cosa giusta e salvarti, oppure potevi dire quella sbagliata e saltare in aria come un petardo.
Prese in considerazione l'idea di andarsene poco prima di perdersi in un pensiero.
"R. Raymond" Chi poteva essere?
Non ne aveva mai sentito parlare prima d'ora, il che era plausibile vista la sua assenza negli ultimi due anni.
Cloe era sempre stata i suoi occhi e le sue orecchie in quei due anni, sapeva sempre chi arrivava, chi andava e chi tornava nella scuola e non ricordava che le avesse mai parlato di un professore di nome Raymond.
Certo, se fosse stata li con lei e avesse potuto parlarle, avrebbe potuto chiederglielo. Ma purtroppo Cloe non c'era, ne le parlava.
Quando si incrociavano nei corridoi della scuola, Taylor si sentiva dividere in due dal dolore per lo sguardo astioso con cui l'ex migliore amica la guardava e sapeva che quello era l'unico dolore a cui non si sarebbe mai abituata.
Aaron, invece, le teneva compagnia di tanto in tanto. La aggiornava sugli stati d'animo di Jamie parecchie volte in un solo pomeriggio, malgrado il livello del suo interessamento fosse rasente lo zero. Le aveva detto che era dispiaciuto, che la ringraziava per non aver raccontato alla preside la verità e che era stato «Testuali parole» aveva detto Aaron. «un emerito coglione!».
Taylor aveva concordato a pieno su quest'ultimo punto aggiungendo anche «testa di cazzo» all'elenco.
E così, la stessa conversazione si era ripetuta per i seguenti due giorni.

Un altro paio di studenti raggiunse il proprio posto a sedere e Taylor, ben in guardia, non osò rivolgere la parola a nessuno di quegli psicopatici. Scelse di non guardarli nemmeno per evitare di far scattare in modalità ON l'interruttore - chiaramente guasto - della rabbia.
Stirò le gambe al centro del piccolo cerchio di sedie facendo attenzione a non farci inciampare nessuno.
Le mancò il fiato, non le piaceva stare sull'attenti così a lungo. Si sentiva come se da un momento all'altro qualcuno avesse potuto accoltellarla.
Lanciò un occhio all'orologio che aveva al polso. Erano le 4:25 pm.
Cinque minuti, pensò e inizia la tortura.
Raccolse le gambe tornando nella sua precedente posizione. Allontanò i pensieri negativi e per i minuti successivi, si impegnò a creare nella mente, l'identikit perfetto del professor Raymond, la persona con cui avrebbe dovuto discutere dei suoi problemi - inesistenti - legati alla rabbia, due volte la settimana. Il risultato fu un uomo sulla quarantina con una fronte così spaziosa da poter essere utilizzata come pista di atterraggio, un naso aquilino che faceva un baffo a quello di Dante Alighieri e qualche capello sparuto sulla capoccia mezza calva.
Taylor si ritrovò a ridere come una forsennata a quell'immagine, senza preoccuparsi delle sedie ormai tutte occupate da aspiranti killer di ragazze-bionde-punite-ingiustamente.

«Buongiorno a tutti ragazzi e ben ritrovati!» esclamò un ragazzo ed entrò nel cerchio, era girato di spalle, perciò Taylor non riuscì a vederlo in faccia.

La sua voce, però, le era vagamente familiare, cercò di collegarla a un nome o a un volto, ma non vi riuscì. Rimase a fissare la sua nuca ripetendo nella mente la stessa parola "girati girati girati" come fosse una formula magica.
Si protese in avanti sul bordo della sedia.
Alla fine il ragazzo si girò, i loro sguardi si incontrarono e per poco Taylor non perse l'equilibrio finendo faccia a terra.

Spalancò la bocca per lo sconcerto e le uniche parole che le uscirono dalla bocca furono «Oh cazzo!»

Il ragazzo figo che lei aveva scambiato per un bidello giorni fa, rise dopo che Taylor si tappò la bocca con le mani. L'identikit pazientemente elaborato poco prima, non poté risultare più sbagliato di così.
Ora si spiegava perché non lo si incontrava così spesso per i corridoi, lui era alla California High School solo per due giorni la settimana.
Aveva sbagliato tutto, ma proprio tutto.

«Tu sei la ragazza dello sgabuzzino.» disse a un tratto il professor Raymond.

A Taylor risultava difficile chiamare un ragazzo così giovane "professore", era strano e lo era ancor di più per il fatto che fosse di una bellezza folgorante. Non si era mai sentita attratta da nessuno dei suoi insegnanti, ma cavolo, con lui era diverso.

Combatté con il desiderio di darsela a gambe per la figuraccia e tolse le mani dalla bocca. «È una domanda?» chiese avvolta dall'imbarazzo come fosse carta stagnola.

«No.» rispose secco, le mostrò un sorriso obliquo. «Come ti chiami?» il tono gentile.

Taylor si lasciò incantare dal colore intenso dei suoi occhi e prima ancora che potesse pensare a cosa dire, le parole erano già sulla lingua.

«Prima tu.» osò col rischio di sembrare impertinente.

Lui ridacchiò in un modo che lei trovò dolce, il resto del gruppo rimase in un silenzio agghiacciante. Taylor aveva ancora la tremenda sensazione di poter essere attaccata da un momento all'altro.

«Io sono il professor Raymond,» disse, la sua voce era ancora sexy come la ricordava. «ma puoi chiamarmi River.»

Oh, i suoi occhi, pensò. Marroni e blu, come la terra e il mare che si incontrano, che si fondono e si legano indissolubilmente.

«Okay... professor River.» scherzò e si sentì immediatamente meglio. «Io sono Taylor.»

Il ragazzo rise insieme a lei, Taylor cercò di ricordare quando esattamente avevano iniziato a flirtare.

...

Baby, you are my troubleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora