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Punizione?
Sono veramente fortunata se nell'arco di un solo anno scolastico ero arrivata a superare il mio record di punizioni cioè zero.
Marlene passò tutto il pomeriggio in infermeria, Alice, Mary, Emillien erano perse nei loro pensieri frizzolosi.
Dorcas si sedette accanto a me.
Aveva gli occhi rossi ormai socchiusi per cercare di trattenere quelle che sembravano lacrime.
Molto spesso si strofinava leggermente gli occhi per far scomparire le tracce di quel pianto silenzioso.

-tutto bene Dorcas?- chiesi.

-Ho paura Lily- la sua voce era tremolante, quasi un lamento trattenuto dai gemiti.

Non comprendevo il motivo per cui dovesse temere.
Non era finita in punizione ed era purosangue se pur di una famiglia non ricchissima ma normale.

-Remus non è purosangue e potrebbe...-ricominciò a piangere.

La abbracciai dandogli delle dolci pacche sulla spalla.

-vedrai si sistemerá tutto-.

Poteva veramente sistemarsi tutto?
Dopotutto forse anche James temeva questo...
Lei rimase in silenzio per qualche minuto.
I suoi gemiti rallentavano fin quando lei si tolse dal mio abbraccio.

-Silente non potrà più essere il preside di Hogwarts, lo hanno licenziato e se non si dimette sarà spedito ad Azkaban...-.

Quindi i serpeverde avevano ragione.
Non mi sentii più le ginocchia e caddì a terra.
Ora avevo attirato l'attenzione dei grifondoro su di me.
Senza aspettare alcun intervento uscii dal dormitorio percorrendo le scale più velocemente possibile.
Sentivo alcuni passi che mi seguirono ma alle spalle vedevo solo alcuni gruppetti sorridenti parlucchiare.

Un posto tranquillo per piangere.
Questo era il posto che speravo di trovare.
Cercavo di sopprimere le lacrime strizzando gli occhi e, attraverso la mia voce interiore, rassicurandomi.

Una porta si aprì alla mia destra.
All'interno c'era una stanza ambigua.
Feci qualche passo verso la porta ma mi fermai.
Avevo percorso quella strada almeno centinaia di volte e mai avevo visto quella porta.
Il portone era di ferro battuto lavorato.
La curiosi mi vinse ed entrai.
Mi sposi per chiudere la porta.
Nel corridoio non c'era anima viva.
Forse era l'alloggio di qualche professore.
Le pareti erano ricoperte quasi totalmente di libri.
Al centro della stanza c'era un divano di color rosso rubino con davanti un tavolino intarsiato.
Il soffitto si estendeva ad arcate.
Una finestra di intravedeva attraverso una tenda ricamata.
Presi un libro dalla libreria.
L'odore di inchiostro che si univa alla carta.
Mi sdraiai sul divano leggermente rincuorata ma con il terrore che qualcuno potesse entrare dalla porta.

Decisi di prendere una boccata d'aria.
Spostati le tende ma dietro non c'era una finestra.
C'era uno specchio con una cornice in oro.
Era alquanto vecchio.
Sulla sua estremità era scritto:

《 Emarb eutel amosi vout linon ortsom》.

Toccai la superficie dello specchio, era fredda e liscia.
Mi sedetti davanti ad esso osservando il terrore nei miei occhi.
Le mie labbra era quasi bianche.
Le lacrime che mi rigavano le guance.
Un paio di occhiali.
James era accanto a me.
Il mio cuore incominciò a battere.
Non volevo che mi vedesse in queste condizioni.
Mi raggomintolai abbracciando le mie gambe e nascondendo la mia testa fra le braccia.

Non successe nulla.

Mi aspettavo una parola, un'abbraccio, una carezza, persino uno schiaffo sarebbe stato meglio che quel silenzio logorante.
Aspettai una schiarita nella voce.
Dopo il silenzio di alcuni minuti mi alzai lentamente girandomi.
Non c'era nessuno.
Forse mi ero solo immaginata che fosse arrivato.
Mi rigirai verso lo specchio ma lui era ancora lì che mi guardava sorridendo.
Tra la mia immagine e quella di James c'era un bambino alquanto somigliante a James.
Mi toccai la pancia.
La mia figura aveva un pancione quasi prominente.
Ero incinta?
Mi guardai la mia pancia piatta e poi guardai a destra della mia immagine.
Io tenevo la mano a Tunia che mi sorrideva come hai vecchi tempi.
Mi guardai la mia mano, era vuota.
Sopra la spalla della mia proiezione c'era una mano.
Sev mi sorrideva da sopra la mia testa.
Era curato e sembrava felice.
Sorrisi a quel tocco.
Sull'altra spalla invece Remus sorrideva anch'esso nonostante i suoi graffi sul viso.
Non osservai le mie spalle tanto la visione era frutto solo della mia fantasia.
Non riuscii più a guardare.
Mi venne un nodo alla gola e cominciai a piangere.
Un pianto liberatore.
Come potevano essere così felici?
Come poteva lo specchio leggermi l'anima.
Mi costrinse a riguardare lo specchio.
Tutti loro mi guardavano preoccupati anche se c'era una nota di comprensione nel loro sguardo.
Persino il bambino dietro ai suoi occhiali rotondi mi guardava come se mi comprendesse.

Corsi verso il divano coprendo lo specchio con una tenda.

Cercai di fermare il cuore che mi tamburellava dentro insieme con il pianto.

Feci qualche respiro profondo e poi pensai al libro di storia della magia.
Secondo quello che avevo studiato, ero nella stanza delle necessità e quello doveva essere lo specchio delle brame.

Mi prepara a dover affrontare la prima vera punizione a cui ero soggetta.
Uscii dalla stanza e subito si celò alle mie spalle la porta.
Provai nostalgia di quel posto così tranquillo in cui nascondermi.

Mi presentai davanti all'aula di difesa contro le arti oscure.
L'orologio puntò sulle sette.
Ero in ritardo di un'ora.
Entrai senza bussare e salii nell'ufficio del professore.
Bussai garbatamente la porta e subito la porta si aprì.
Il professore stava scribacchiando su una pergamena.
Quando entrai i suoi occhi si puntarono per qualche secondo su di me per poi tornare sulla pergamena.

-sei in ritardo. Siediti lì-.

Alluse alla sedia di fronte a lui.
Volevo scusarmi per il ritardo ma ebbi paura della sua reazione.

-scriva la parola mezzosangue fino a domani mattina-.

Mi porse un rotolo di pergamena e una penna.
Ignara del potenziale della penna io incominciai a scrivere.

Mezzosangue
Mezzosangue
Mezzosangue

Ad ogni parola la mano sinistra mi bruciava maggiormente.
Continuai a scrivere senza dimostrare la mia stanchezza e il mio dolore.
Chiesi un paio di volte l'orario ma lui fece finta si non unirmi e io continuai a scrivere.
Fu solo quando finii la prima pergamena che lui mi comunicò che mancavano dieci minuti a mezzanotte.
Mi chiesi se qualcuno sentì la mia mancanza in quella notte.
Mentre scrivevo pensavo a Tunia, a Sev, a Remus ma soprattutto a James!

Verso le due di notte il professore chiuse il giornale e mi guardò a lungo.

-probabilmente in futuro potrai usare la tua bellezza per sopravvivere-.

Io feci finta di non ascoltare e prestai attenzione a scrivere.

Mezzosangue
Mezzosangue
Mezzosangue

Lui mi guardava con distacco.
Poi mi rivolse un sorriso incoraggiante.

-se solo tu sapessi cosa accadrà a voi mezzosangue tra poco!-.

-allora illuminatemi- feci in tono di sfida ma lui non ci fece caso.
Non riuscivo più a scrivere a causa del dolore.
L'inchiostro rosso stava quando strinsi la mano maggiormente.
Era sangue.
Ecco perché il dolore...
Aveva capito che io avevo compreso infatti egli sorrise beffardo.

-da domani in comincerà una nuova scuola. Silente si è dimesso stasera stessa per evitare altri danni. La scuola ormai è del ministero-.

Queste parole mi rimbombarono nella testa fino all'alba.

L'era dei malandriniWhere stories live. Discover now