Capitolo 12. Bodie

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La Trincket ha deciso che il test di Cooper ci frutterà la nostra prossima valutazione, quindi ogni lezione adesso è dedita all'allenamento. Ryss ha un'aria molto allegra.

La professoressa ci fa correre intorno al campo senza prestare troppa attenzione, il che significa che possiamo correre fianco a fianco senza sentirci rimproverare perché parliamo o perché non ci impegniamo abbastanza.

Alcuni dei nostri compagni, passandoci accanto, hanno pensato che fosse divertente urlarci cose come "Chi fa la donna?" oppure "Scommetto che tu stai sopra, Watkins", ma Ryss sembra aver capito come funziona il mio istinto. Mi ha afferrato il polso non appena ha visto che aprivo la bocca per ribattere, così li ho lasciati ridere finché, vedendo che non reagivamo, hanno smesso.

Ryss detesta correre. Lo ha già ripetuto diverse volte, sempre con meno fiato e con più rabbia. A me invece non dispiace troppo; non sono un patito dello sport, ma piuttosto che i giochi di squadra preferisco correre.

«Ti stai divertendo?» lo stuzzico dopo un po'. Stiamo gradualmente rallentando e le nostre pelli si fanno sempre più lucenti di sudore.

«Vaffanculo» risponde e poi ci scambiamo un rapido sguardo, prima di scoppiare a ridere. Mi piace quando si arriva a quel punto di un amicizia in cui cominciano gli insulti. Non so perché, ma quelle parolacce scherzose dette con tanta serietà mi fanno sempre ridere, mi mettono uno strano buon umore. Immagino sia perché in casa mia sono vietate.

«Tieni duro»

La Trincket fischia e poi grida:«Quindici minuti di pausa, ragazzi, e poi a cambiarvi!»

Ryss mi afferra per il polso mentre mi sto fermando e mi tira giù con lui all'improvviso, facendoci stramazzare entrambi a terra. Restiamo distesi fianco a fianco ad ansimare ed è quasi come se fossimo usciti da una scena di sesso di qualche film vietato in casa mia, ma molto meno divertente.

Temo che qualcuno se ne esca con qualche stronzata, invece ci lasciano in pace. Rimaniamo due minuti sdraiati sull'erba al limite del campetto, in silenzio, finché non mi alzo a sedere.

«Abbiamo ancora dieci minuti, più o meno,» dico. «Vuoi vedere una cosa?»

«Dipende, che cosa?» risponde.

«Ti faccio vedere»

Ci alziamo e aggiriamo gli spalti, nascondendoci sotto le gradinate di legno ridipinte di bianco. Ho trovato questo posto mentre scorrazzavo per la scuola il secondo anno, esattamente come ho trovato quello dietro al pianoforte. C'è un angolo buio dove è facile nascondere le cose, e dove è facile sparire dalla vista della Trincket, anche perché lei va sempre in spogliatoio a controllare che nessuno faccia troppi danni durante le pause.

«Vuoi uccidermi o stuprarmi?» chiede e quando mi volto verso di lui alza le mani. «Scusa. Black humor»

«Tranquillo, non voglio ucciderti né stuprarti. Non sei il mio tipo» gli faccio un occhiolino per scherzo, ma lui distoglie lo sguardo. Cerco tra un'asse e l'altra finché non trovo il nascondiglio di Anthony.

«Che roba è?» chiede. Mi sistemo la fascia sulla testa - mia madre ci tiene che porti la fascia durante la ginnastica - e mi siedo, lui accanto a me. «Droga?» spalanca gli occhi mentre io tiro fuori la sigaretta. Questa è la scorta segreta di Anthony, che lui non controlla mai durante le ore di ginnastica, perché sa che la Trincket lo tiene d'occhio. No, lui ci viene durante matematica. Per il resto del tempo, invece, ci vengo io e fumo le sue sigarette.

Nelle sigarette c'è un pizzico di marijuana, credo che Anthony l'abbia avuta da Liebert, un tedesco della San Christopher che la coltiva per scopi medici. Però, a parte quello, c'è solo del tabacco. Si può definire un spinello? Non credo.

All That ShinesWhere stories live. Discover now