Capitolo 36

34 1 0
                                    

Nell'ultimo mese, da quando i medici mi hanno dato il via libera, ho preso finalmente parte a quell'addestramento che ho ignorato così tante volte. Ogni giorno, tutti i giorni, mi sono costretta ad alzarmi dal letto all'alba e ho trascinato con me anche Johanna. L'ho costretta anche dopo che le crisi per l'assenza della morfamina nel suo organismo sono diventate più forti. Hanno smesso di dargliela così come hanno smesso di darla a me: al 13 non possono permettersi di avere dei soldati drogati. Ma Johanna è riuscita a sopportare i tremori alle mani e a riversare l'enorme strato di rabbia che ha in corpo nella corsa, negli esercizi per aumentare la resistenza fisica e nei tiri al poligono. Dopo due settimane, la morfamina cominciava ad essere un lontano ricordo, per lei.
Le mie costole fanno ancora male, ma è un male sopportabile anche senza gli antidolorifici. Lo sforzo fisico si fa sentire ed in questo purtroppo non posso farci molto, devo solo venirne a patti. Miglioro di gran lunga se l'addestramento si sposta sul versante riservato alle armi. Ci insegnano ad assemblare i fucili d'assalto nel minor tempo possibile e ad usarli, a mirare ad un bersaglio mobile e lontano centinaia di metri. Non è come tirare con l'arco, dato che il fucile in dotazione è venti volte più pesante, ma ho solo bisogno di pratica. La pratica è ciò che mi serve, ed i risultati si vedono in poco tempo. Avrò ancora problemi con le costole, col respiro e col sollevamento pesi, ma al poligono non mi batte nessuno: la mia è una mira perfetta, e totalizzo il punteggio migliore del mio corso.
Ci alleniamo tutti, persino Peeta, ma lo facciamo seguendo corsi ed esercitazioni diverse; durante il giorno, in pratica, non siamo mai insieme, e riusciamo a vederci e a parlare solo durante i pasti. La situazione cambia quando arriva la sera, quando arriva il momento di ritirarci nelle nostre unità abitative per la doccia di rito e per il coprifuoco. L'unità abitativa di Peeta è proprio di fronte a quella che divido con la mia famiglia... che dividevo, mi correggo.
Haymitch ci aveva visto giusto, con quella battutina. Non appena mi hanno dimessa del tutto dall'ospedale, ho fatto i bagagli e mi sono trasferita da Peeta. La mamma ha storto il naso ma ha lasciato correre, così come aveva lasciato correre un mucchio delle cose che facevo quando vivevamo ancora al Distretto 12. Quando avevano annunciato l'Edizione della Memoria, e sapeva che avrebbe dovuto lasciarmi andare per sempre. Allora, le conseguenze delle nostre azioni avevano portato ad una gravidanza imprevista. Stavolta, anche se ci tiene d'occhio, non accadrà nulla del genere. Non ho nessuna intenzione di rimanere di nuovo incinta.
Il pensiero dei bambini non sembra essere presente nemmeno nella mente di Peeta. Siamo entrambi talmente stanchi dall'addestramento quando ci sdraiamo insieme sotto le coperte che riusciamo a dire giusto poche parole prima di crollare come sassi. La mamma può solo che essere fiera di noi: sembriamo aver messo giudizio. O forse no. Chi lo sa.
L'unica cosa che so è che le nostre notti non sono cambiate solo perché evitiamo di tornare sull'argomento che tanto ci ha fatto e ci fa ancora soffrire, o perché evitiamo di cercare un contatto più intimo tra i nostri corpi. Non sono cambiate perché scegliamo di recuperare le energie smaltite con l'addestramento dormendo. In realtà, non sono cambiate per niente.
Gli incubi ci svegliano ogni notte. Siamo ancora i ragazzini spaventati di un tempo, e forse lo saremo per tutto il resto della nostra vita. La mia mente urla di terrore ogni notte, ma dalla mia gola non esce nessun suono. Mi agito nel sonno, mi sveglio di soprassalto, ma non urlo più. È Peeta quello che ha cominciato ad urlare, e piange di disperazione ogni singola volta che si risveglia. Ogni volta che un incubo finisce, ogni volta che capisce di non essere in reale pericolo, ed ogni volta che si rende conto di non essere da solo, nel letto in cui riposa. Ogni volta che mi abbraccia, ogni volta che mi bacia. Piange, e singhiozza.
Le ferite del corpo sono quasi guarite, ma quelle della mente... quelle non lo sono affatto. Quelle persistono, e non sbiadiscono. Non penso che lo lasceranno andare mai del tutto.
L'angoscia con cui Peeta si risveglia ogni notte contagia anche me. A volte sono già sveglia e pronta a prendermi cura di lui quando succede, altre volte invece mi desta all'improvviso, e devo cercare di capire cos'è che sta accadendo prima di ricordare e di muovermi verso di lui. Stringerlo a me, parlargli, fargli capire che non potrà mai, mai più accadergli nulla che possa fargli del male non serve a niente, quando l'incubo che lo ha risvegliato è più brutto dei precedenti. Io stessa scopro di essere impotente, di non essere in grado di fare nulla per placare la sua disperazione. Posso solo abbracciarlo, stringerlo forte contro il mio petto, e sperare che tutto passi. Che passi il prima possibile.
Quando riesce di nuovo ad addormentarsi, non lo lascio andare. Lo lascio dormire contro di me, con la testa poggiata contro il mio sterno. Il suo peso mi schiaccia e dà fastidio alle mie costole in via di guarigione, ma non ne me importa niente. Respiro contro la sua fronte e mi beo del calore del suo corpo, dell'odore dei suoi capelli. Ed è questo, di solito, il momento in cui comincio a piangere io. È questo il momento in cui capisco che mi è rimasta solo una cosa da fare, per poter mettere fine a tutto questo. Per scrivere davvero la parola "fine" alla sofferenza che hanno causato a me, alla mia famiglia, a tutti coloro a cui voglio bene. A mio marito.
È questo il momento in cui acquisto sempre più consapevolezza delle mie intenzioni, intenzioni che cercherò di attuare il prima possibile. Le mie intenzioni mi spronano a dare sempre di più durante l'addestramento, perché è tramite esso che posso acquisire il punteggio e la garanzia che i miei piani possano giungere alla loro realizzazione. I buoni risultati che riuscirò ad avere nell'addestramento mi porteranno dritta a Capitol City: mi porteranno, finalmente, sul vero campo di battaglia.

Nel silenzio della notte (In The Still Of The Night)Where stories live. Discover now