Capitolo 22

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Nell'istante in cui respiro e l'aria riempie i miei polmoni, vomito un fiotto d'acqua. Qualcuno mi fa girare su un fianco per evitare che soffochi. L'acqua salata mi esce dal naso e dalla bocca contemporaneamente, e brucia nel farlo. Gemo, strizzando gli occhi per il fastidio. Stringo i pugni, e sento la sabbia contro le mie dita, intrappolata nei palmi.
- Sei qui, ce l'hai fatta – questa è la voce sollevata di Johanna, e sua deve essere anche la mano che mi accarezza la schiena.
Tossisco, strizzando gli occhi. – Jo... Johanna? – balbetto in direzione della sua voce.
- Razza di idiota! Ho dovuto recuperarti in acqua e farti persino la rianimazione! Avevi tutte le intenzioni di morire, eh? E a quel poveraccio del tuo fidanzato non pensi? – adesso non c'è più alcuna traccia di sollievo nella sua voce, anche se non smette di accarezzarmi schiena e spalle.
Mi ha salvato la vita?
- Proprio tu... - dico, voltandomi verso di lei.
Johanna inarca un sopracciglio. – Già, proprio io – ribatte. Ha capito cosa le volevo dire: tra tutti, a salvarmi la vita è stata lei. Proprio lei, che sembra volermi vedere morta con tutte le sue forze.
Le sono di nuovo debitrice, e non mi piace per niente.
- Riesci a metterti seduta? – chiede, cercando di sostenermi mentre mi muovo. – Come va la botta?
Botta? Quale botta? Non faccio in tempo a dirlo ad alta voce che le sue mani sono già sulla parte lesa, all'altezza delle costole. Fa male, ma non così tanto. Glielo dico, sperando che questo possa bastare per far sì che smetta di torturarmi con le sue dita, ma lei continua, inarrestabile. Forse si diverte.
- Te la caverai, non sembrano rotte – dice.
Nel giro di poco più di ventiquattr'ore ho già collezionato tutta una serie di infortuni: sono svenuta, ho vomitato, mi sono beccata le ustioni da acido grazie alla nebbia, un morso di scimmia, un trauma alle costole e un annegamento... e sono ancora viva per poterlo raccontare. Quest'arena sta dimostrando con tutta sé stessa le sue intenzioni di farmi fuori, ma io resisto ancora. Cos'altro mi attende?
- Katniss! – Peeta urla il mio nome mentre corre verso me e Johanna, seguito dal resto del gruppo che comprende anche Beetee e Finnick. Wiress è morta, ricordo con amara rassegnazione. L'ha uccisa Gloss... ma Gloss è morto a sua volta per mano mia.
Questo risolleva un po' il mio morale.
- Katniss! – ripete Peeta, gettandosi sulla sabbia accanto a me. Mi prende per le spalle e mi osserva, scuotendomi leggermente. – Stai bene?
- Ehi, non la scuotere! L'ho appena resuscitata, vacci piano – esclama Johanna.
- Che cosa? – urla, allarmato.
- Sta scherzando, Peeta! Sto bene – dico, prendendo una delle sue mani e portandomela alle labbra. Ci deposito sopra un bacio. – Sto bene, davvero.
Johanna emette un verso che è una via di mezzo tra lo scocciato ed il disgustato. – Mi fate venire il voltastomaco, voi due.
- Perché non li hai visti prima! – esclama Finnick, sogghignando. – Ci mancava poco che scopassero sulla spiaggia...
- Ew! Ma insomma!
- La volete piantare? – urlo. La nostra vita privata è affare nostro, non loro. Nostro, e di nessun altro. – A voi che importa?
- Se ci costringete a diventare dei guardoni diventa una questione di tutti – dice Johanna, piccata. – Non ci tengo a vedere il piccolo Peeta.
- O la piccola Katniss – aggiunge Finnick. – Anche se non dovrebbe essere così male. Pensaci, Johanna-
- Basta! – urlo di nuovo. – Perché tu non dici niente? – abbaio contro Peeta.
- Perché ti stanno solo prendendo in giro. Non dicono sul serio! – si giustifica, baciandomi la fronte. Si stacca subito, però, a causa di ciò che continuano a dire i nostri compagni e delle mie occhiatacce, tutte indirizzate a lui. Da come mi comporto capisce che gli ho detto la verità, che sto effettivamente bene, perché aggiunge: – Vieni, alziamoci...
Barcollo un poco, e le costole ammaccate si fanno sentire, ma tutto il resto sembra essere a posto. Anche respirare non fa più male, adesso che non ho più acqua da sputare. Beetee, che è rimasto in silenzio fino ad ora, allunga le braccia per porgermi l'arco e una faretra straripante di frecce. Non sono le mie armi, noto: quelle devo averle perse quando sono caduta in acqua. Lo ringrazio lo stesso, sentendomi un po' più al sicuro grazie alle armi.
- Dov'è che andiamo adesso? Qual è la zona più sicura della spiaggia? – chiede Finnick.
- Non lo sappiamo più, grazie a quel giochetto della cornucopia rotante! – sbraita Johanna. – Ci hanno fatto perdere l'orientamento.
- Non avrei mai dovuto parlare ad alta voce dell'orologio – dico amareggiata. – Adesso ci hanno portato via anche quel vantaggio.
- Solo per il momento – ribatte Beetee. – Alle dieci vedremo ancora l'onda e ci potremo orientare di nuovo.
- Sì, non possono cambiare tutta l'arena – dice Peeta.
- Non ha importanza – interviene impaziente Johanna. – Ce lo dovevi dire per forza, razza di idiota, altrimenti non avremmo mai spostato l'accampamento. – Curiosamente la sua risposta logica, per quanto condita da un insulto, è l'unica che mi conforta. Sì, dovevo dirglielo, per farli spostare.

- Raggiungiamo la spiaggia e una volta lì vediamo dove andare – propone Finnick, alla fine. – Magari riusciremo anche a capire in che direzione sono fuggiti quelli del 2.
- Che saggio che sei, Finnick! – lo sfotte Johanna. Lui la spintona via.
Procediamo in fila indiana, con Finnick ad aprire la fila e Johanna a chiuderla; io sono ancora una volta nel mezzo, proprio come ieri, solo che stavolta ho accanto Peeta, protettivo, con un braccio a cingermi la schiena. Sembra quasi che gli altri abbiano stretto un patto tra di loro, un patto per cercare di proteggere il più possibile la ragazza incinta nell'arena. Ce la stanno mettendo tutta, a quanto pare... ma io non glielo sto rendendo un compito facile. Sono molto propensa agli infortuni, come hanno potuto notare anche da soli.
Fossi in loro avrei gettato la spugna ore fa.
Sulla spiaggia non ci sono tracce del passaggio di Brutus ed Enobaria: niente orme. Il vento, o l'acqua, le hanno spazzate via prima che potessimo arrivare per vederle. Oltre al problema Favoriti, c'è anche quello del nostro orientamento a complicare la situazione. La spiaggia e la giungla sembrano identiche, da qualsiasi posizione le si voglia guardare: stessa sabbia bianca, stesse piante verdi... persino gli stessi alberi alti. Il fatto che uno di quelli venga colpito dal fulmine a mezzanotte e a mezzogiorno potrebbe tornarci utile, ma ce ne sono dodici, tutti uguali, posizionati nello stesso punto per ogni sezione dell'orologio. Finché non arriva il fulmine non sapremo mai qual è quello giusto. Beetee ha ragione sull'onda: alle dieci, sapremo di nuovo in che punto dell'arena ci troviamo.
Decidiamo temporaneamente di fermarci in una zona della spiaggia riparata dal sole, che in questo momento picchia forte sopra alle nostre teste; l'ultima cosa di cui ognuno di noi ha bisogno, ora, è un colpo di sole. Ma se sono fortunata me lo becco di sicuro, in barba ad ogni statistica. Morirò di insolazione, me lo sento. Fa di nuovo molto caldo.
- Hai ancora tu la spillatrice, vero, Katniss? – mi chiede Finnick. Al mio cenno affermativo, mi fa un cenno con la testa di seguirlo. – Andiamo a prendere dell'acqua.
- Posso venire io al posto suo – propone Peeta.
- No, vado con lui – dico, rialzandomi. Devo tenermi all'albero con una mano e con l'altra sostenere la pancia. – Non riesco a stare seduta, mi fa male la schiena. Camminare un po' mi farà bene.
- Tranquillo, Peeta, te la tratto bene. Non è il mio tipo, ora come ora.
- Cosa vorresti dire?
- Che sei la persona meno sexy dell'intero pianeta, mammina! – risponde Johanna al posto suo.
- Piantatela!

Nel silenzio della notte (In The Still Of The Night)Where stories live. Discover now