Capitolo 8

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- Cosa diavolo è successo, là fuori? – sbraita Haymitch.
Siamo all'interno della cupola del Palazzo di Giustizia, nel Distretto 11; Haymitch ci ha trascinati qui subito dopo la fine del nostro intervento.
È stato un disastro.
Consapevoli dei doveri a cui dobbiamo sottostare come vincitori, io e Peeta abbiamo preso parte al corteo di benvenuto che si è tenuto di fronte al Palazzo di Giustizia. Il sindaco dell'11 ci ha accolti e presentati alla folla che, riunitasi di fronte a noi, aveva riempito tutta la piazza. Già sul treno, e poi durante il tragitto dalla stazione alla piazza, ci eravamo resi conto di quanto vasto fosse questo Distretto rispetto al nostro, che al confronto sembrava solo una macchia sulla cartina geografica. Anche la popolazione doveva essere molto più numerosa rispetto a quella che ci osservava da sotto il palco.
I nostri interventi non sono stati molto lunghi e sono stati riuniti in una serie di cartoncini blu che Effie, scrupolosamente, aveva preparato per noi. Per una volta il suo perfezionismo maniacale ci era davvero di grande aiuto: a casa ho cercato di preparare qualcosa da dire per gli abitanti dell'11, che hanno perso Thresh e Rue, ma non sono mai riuscita a tirare fuori nulla di decente. Sebbene mi sforzassi con tutta me stessa, il foglio che avrei dovuto e voluto riempire di parole è sempre rimasto bianco. Sono in enorme debito con loro, mi hanno mandato la pagnottina ricoperta di cereali che era destinata alla bambina, se non fosse stata uccisa prima dalla lancia che il ragazzo dell'1 le ha piantato nella pancia. Inoltre, dopo l'avvertimento da parte del presidente, sono sollevata di avere una sorta di copione già pronto da recitare. È impossibile sbagliare grazie ad Effie e al suo perfezionismo maniacale.
Sul palco, il mio sguardo è stato subito attratto dai piccoli palchi che ospitavano le famiglie dei tributi morti. Per Thresh, alla mia sinistra, c'erano una donna anziana e una giovane ragazza; a destra, invece, i genitori di Rue e, tutti stretti attorno alle loro gambe, cinque bambini piccoli. I suoi fratellini. Un qualcosa che stringe il mio cuore come in una morsa mi fa provare dolore. Gli occhi bruciavano per le lacrime che ho cercato disperatamente di non versare.
Quella che doveva essere la mia parte di discorso è stata completata da Peeta, perché io non sono stata in grado di dire nulla. Mi sono limitata a stringere forte la sua mano e a guardare la famiglia della ragazzina che è stata mia alleata, anche se solo per pochi giorni. Avrei voluto conoscerla meglio. Avrei voluto salvarla dalla morte.
La cerimonia si stava avviando alla conclusione e il sindaco ci stava invitando a seguirlo all'interno del Palazzo di Giustizia quando ho deciso di prendere la parola. Non sono le parole di Effie, ma le parole che escono dal mio cuore, quelle che ho rivolto alla nonna e alla sorella di Thresh, che ha risparmiato la mia vita durante il festino alla cornucopia quando avrebbe potuto benissimo finirmi con quel sasso insieme a Clove. Sono le parole che escono dal mio cuore quelle che ho rivolto ai genitori di Rue e ai loro bambini, che le somigliano così tanto: dico loro che le volevo bene, che era straordinaria, che la sua perdita è la più insopportabile da affrontare. Che la rivedo sempre nei fiori gialli vicino casa e nel canto della ghiandaia imitatrice, come mi aveva mostrato nell'arena.
Ed è allora che succede.
Un motivetto, lo stesso che Rue mi ha insegnato durante i giochi, ha preso vita tra il pubblico; l'ho individuato nella figura di un uomo anziano, che ha portato le tre dita centrali della mano sinistra alle labbra prima di sollevarle in alto. È lo stesso gesto che ho fatto a Rue quando è morta, il gesto che da noi, a casa, significa rispetto e affetto per la persona che ci ha lasciato. È l'ultimo saluto che riserviamo ai nostri cari.
Dopo il vecchio, tutti gli spettatori hanno compiuto lo stesso gesto. Non è un gesto fatto per caso, si vede che è stato orchestrato per essere eseguito in un preciso momento. È un gesto che mi ha pietrificata, letteralmente, sul palco, mentre la mia mente rievocava le parole del presidente.
Che cosa ho fatto?
È accaduto tutto velocemente: i Pacificatori hanno scortato me e Peeta verso il Palazzo di Giustizia mentre altri si sono diretti, minacciosi, verso la folla. Due di questi hanno preso in custodia l'uomo anziano e l'hanno scortato di peso sul palco che noi avevamo appena lasciato libero.
A nulla sono serviti i miei tentativi di liberarmi, le mie urla, le me suppliche. A nulla sono servite le parole e le braccia di Peeta che cercavano di rassicurarmi. A nulla è servita la sua figura, posizionata di fronte alla mia, che cercava di coprirmi la visuale. Non sono servite a nulla contro il colpo di pistola che ha fatto cessare la vita di quell'uomo innocente.
Che cosa ho fatto?
Sono seduta su un vecchio divano scassato e impolverato, con le mani premute sul viso per cercare di arginare le lacrime che escono dai miei occhi. I singhiozzi mi squassano il petto. Un basso lamento riempie l'aria ed impiego diverso tempo a capire che sono io ad emetterlo. Una mano, quella di Peeta, accarezza la mia schiena con movimenti circolari nel tentativo di farmi calmare.
Peeta prova a spiegare ad Haymitch quello che è accaduto poco fa. – Non è per quello che ha detto alle loro famiglie. Anzi, Effie ci aveva consigliato di aggiungere qualche buona parola per loro se volevamo...
- È... stato il gesto – sospiro, riuscendo a riprendermi abbastanza da parlare. Mostro ad Haymitch le tre dita sollevate. - È il gesto che ho rivolto a Rue prima che l'hovercraft la portasse via. Un vecchio... lo ha fatto prima, e tutti gli altri... lo hanno imitato...
E adesso quel vecchio è morto. I suoi ultimi istanti di vita tornano ad affacciarsi prepotentemente davanti ai miei occhi.
- Cazzo! – l'urlo di Haymitch mi fa sobbalzare. – Non dovevi evitare di scatenare sommosse, ragazzina? E guarda un po': una sommossa è proprio quello che ci ritroviamo adesso in mezzo ai piedi!
- Non volevo che accadesse! – urlo, alzandomi in piedi. Le lacrime continuano a rigarmi le guance. – Non volevo nulla di tutto questo! Come potevo... - mi blocco, colta da un'altra crisi di pianto. Mi circondo la vita con le braccia, tentando allo stesso tempo di placare il pianto e la sensazione di freddo che mi ha avvolta da quando è partito quel colpo di pistola.
Haymitch mi abbraccia, posando il mento sulla mia testa. – Hai ragione, dolcezza. Non potevi prevederlo – ammette.
Seppellisco il viso nella sua camicia e continuo a piangere, fregandomene del fatto che potrei lasciare tracce di muco e trucco sciolto sulla sua camicia immacolata. Al piano di sotto c'è un'intera stanza piena di abiti che è stata adibita a nostro camerino temporaneo. Troverà sicuramente qualcosa di pulito con cui sostituirla.
- Cosa possiamo fare? – mormora Peeta alle mie spalle.
Haymitch gli risponde da sopra la mia testa. – Per recuperare questo macello? Non potete fare più nulla, per questo. Per i prossimi incontri, invece, attenetevi al programma: siate gentili, comportatevi da bravi ragazzi innamorati, non dite nulla che possa scatenare altri episodi come quello di oggi... e seguite passo passo i cartoncini che vi da Effie. Cristo santo, ragazza! Guarda cosa hai fatto alla mia camicia!
Non me ne importa un accidente della sua maledetta camicia.

Nel silenzio della notte (In The Still Of The Night)Where stories live. Discover now