68 - Baron Street

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GRACE 

«Parcheggio qui» Jasper fa nervosamente manovra, infilandosi tra due macchine sul ciglio della strada «non mi sembra il caso di lasciare questo bestione lì davanti»

Dopo essermi infilata la felpa con il cappuccio di Jess, do un'occhiata fuori dal finestrino. Siamo in una zona completamente diversa da quella dove vivo, in una Londra che non sembra neanche più lei, buia nonostante non sia ancora tarda notte, quasi deserta. Non riesco più a riconoscere quella città che tanto sento appartenermi.

«Non c'è nessuno in giro...»

«Te l'ho detto, non è una zona in cui la gente passa volentieri» rigira la chiave nel cruscotto e l'auto si spegne. E nel silenzio riesco a percepire un rumore di ferraglia o forse di porte di ferro che vengono sbattute non molto lontano da dove ci troviamo.

Jasper e io rimaniamo in silenzio per qualche istante, nonostante la paura, forte in entrambi, che Jess possa trovarsi qui da qualche parte, questa stessa ipotesi ci spaventa talmente tanto da immobilizzarci.

«Sai dove dobbiamo andare? Ci sei mai stato?» Baron Street è la strada che si apre davanti a noi, all'angolo, con un piccolo locale che però sembra chiuso da anni, data l'insegna trascurata.

«Sì» si schiarisce la voce, togliendosi lentamente la cintura «ci sono stato una volta.» Il tono cupo che utilizza e il buio davanti a noi, provoca dei piccoli brividi sulla mia pelle.

Per tutto il tragitto non ho fatto altro che ripensare alle parole di Melanie, al fatto che Jess aveva fatto del male a se stesso e agli altri. Mi sono fatta un'idea più o meno chiara di che cosa mi troverò di fronte, una volta arrivata.

E non mi ci è voluta poi così tanta immaginazione, mi è bastato ripensare al modo in cui Jess, quel pomeriggio, avesse preso a calci e pugni il fotografo che si era intrufolato in casa mia e a come sembrasse non riuscire a fermarsi.

«Tu venivi qui per -»

«No» Jasper mi blocca immediatamente e nel suo sguardo vedo qualcosa di diverso, un Jasper capace anche lui di perdersi in ricordi forse troppo duri da riportare alla mente «sono venuto solo una volta, per aiutare Jess»

Annuisco, promettendomi per il momento di non fargli altre domande. Potrebbe cambiare idea, rimettere in moto il suv e ritornare a Kensington in un batter d'occhio. E io non posso permetterglielo, perché se Jess si trova qui, per colpa mia, devo saperlo.

«Andiamo» gli dico poi iniziando ad uscire.

«Aspetta» richiude velocemente la portiera. «Dovresti...» si avvicina, prendendo il cappuccio della felpa da dietro il collo e portandomelo sulla testa «ecco, dovresti cercare di mimetizzarti, per quanto sia possibile»

Ha ragione, non so se entrerò in un luogo dove saranno presenti altre donne, o comunque ho la sfortuna di avere un viso conosciuto, il che sono sicura porterebbe problemi.

Esco tirandomi ancora un po' di più il cappuccio grigio sulla fronte, per poi infilarmi le mani nelle tasche della felpa. Jasper mette le chiavi del suv in tasca e s'incammina dall'altro lato del marciapiede, facendomi cenno di seguirlo.

«JJ...» sento la mia voce tremare, più ci avviciniamo al rumore che sentivo dall'auto. Lui mi guarda, avvicinandosi. «Spero che non sia qui»

«Lo spero anch'io» ammette dopo qualche secondo. Ma la sua voce non è più così convinta come lo era sotto casa mia e questo perché durante il tragitto ho sentito il bisogno di raccontargli tutto e di come l'incontro di Jess con sua madre lo abbia destabilizzato.

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Più ci incamminiamo, più una luce giallastra al fondo della strada sembra farsi più forte. Il rumore non viene da lì, ma da qualche altra parte, forse qualcosa oltre quella zona luminosa.

ImprevedibileWhere stories live. Discover now