58 - A cosa pensi?

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JESS

Quanto cazzo si può essere fottutamente felici nella vita?

E quanto diavolo sono stato stupido a pensare che certe sensazioni per me sarebbero state impossibili da riprovare?

Copro la mano di Grace, appoggiata sul mio petto, con la mia, sistemandomi il cuscino dietro la testa. I lunghi capelli biondi sono distesi disordinatamente tra le lenzuola bianche, stropicciate dalla nottata passata insieme. Una notte di cui sentivo il bisogno da tempo, una notte che avrei voluto non finisse mai, in cui le ho vietato qualsiasi altra distrazione che non fossi stato io.

Riprendermela sulla scrivania del suo ufficio è stata una necessità volta a spezzare quel filo di tensioni e provocazioni che era riuscita a creare, ma che anche lei avrebbe voluto rompere. E per farlo ho dovuto chiedere aiuto ad un insolito alleato. Il lecca-lecca.

Ma poi il bisogno di lei si è fatto ancora più potente, così come la sua voglia di donarmi se stessa. Senza lasciare mai la mano dalla sua coscia, quasi per paura che potesse scapparmi un'altra volta, ho guidato fino a qui, ricoprendola di baci e di carezze, di ogni tipo di sicurezza di cui potesse avere bisogno.

E Grace ha fatto lo stesso, facendomi capire ancora una volta che il mio posto giusto è qui, con lei.

Ed è sempre stato per lei che negli ultimi cinque anni sono riuscito a non ricadere in un buco nero.

Per lei, e per suo fratello.

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«Jess?» Quando vedo comparire Robert nel cortile faccio uscire il fumo dalle labbra, per poi spegnere il mozzicone del posacenere di pietra.

Non riesco a guardarlo in faccia, ad incrociare quegli occhi così simili ai suoi.

Non oggi, non dopo che lei, di nascosto, è partita senza avvertire nessuno, regalandomi il peggior risveglio della mia vita.

Rob si avvicina al sacco da box, quello che usiamo entrambi per scaricarci. «Facciamo due tiri?»

Mi alzo scrollandomi un po' di sabbia dai pantaloncini.

Non può farmi che bene.

Tiene fermo con entrambe le mani il sacco, ricordandomi di tenere le spalle allineate. E il primo pugno colpisce il centro, lasciando una lieve impronta delle mie nocche sulla pelle nera.

Cerco di concentrarmi il più possibile, ma un jab si alterna all'altro senza riuscire più a seguire il ritmo e la combinazione giusta.

Il mio cervello è in panne e il caldo sta peggiorando la situazione. Più vedo nero, più i pugni diventano disordinati ed esplosivi.

«Concentrati» la voce di Rob tuona nel cortile e nella mia mente, distraendola. Grondante di sudore appoggio le mani alle ginocchia, riprendendo fiato.

«Non riesco» ammetto poi, asciugandomi le gocce di sudore con il braccio.

«Hai imparato a farlo, sei in grado» s'impunta, e io alzo lo sguardo per poi distoglierlo un secondo dopo. Quando l'azzurro è lo stesso che guardavo ieri notte.

«Non adesso»

«È adesso il momento in cui devi metterti alla prova, quando smetti di ragionare». Prendo un respiro profondo; non può sapere che, quando si tratta di sua sorella, non riesco a gestirmi. Che quando si tratta di lei perdo la testa, perché è l'unica in grado di ricordarmi chi sono davvero.

«Forza»

Mi passo una mano sulla fronte, per poi rimettermi in posizione.

Guardo il sacco davanti a me, lo fisso come se lo odiassi.

ImprevedibileWhere stories live. Discover now